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Giulio Arletti - foto Martina Sofo
Giulio Arletti - foto Martina Sofo

«Stiamo lavorando perché fra tre anni Viadana possa ambire alla finale scudetto. È un obiettivo che abbiamo stimato non dall'integrazione di grandi giocatori, ma dalla continua formazione dei migliori prospetti in ottica futura».

IL VIADANA - Queste parole, pronunciate dal presidente del Viadana Giulio Arletti l'11 settembre in un'intervista ad Alessandro Soragna della "Gazzetta di Mantova", potevano sembra eccessivamente ottimistiche, per qualcuno addirittura avventate. Invece si stanno già dimostrando profetiche. Segno che Arletti conosceva meglio di tutti, probabilmente insieme al suo ds factotum Ulysses Gamboa e all'allenatore Gilberto Pavan, il potenziale della squadra. Il Viadana a una giornata dalla fine del girone d'andata di Serie A Elite è secondo in classifica a 24 punti a pari merito con l'HBS Colorno, a -1 dalla capolista Petrarca e +1 dai campione d'Italia del Rovigo. Ha la difesa meno battuta del torneo (109 punti subiti). È l'unica con Petrarca e Rovigo ad aver perso una sola gara. All'ultimo turno il 22-23-24 dicembre nell'incrocio degli scontri diretti Petrarca-Rovigo e Viadana-Colorno si giocherà il titolo di campione d'inverno.

LA FINALE - Se queste sono le premesse, c'è da credere davvero ad Arletti. Entro tre anni il Viadana può ambire a tornare in finale al campionato, come non succede dal 2010 (sconfitta 16-12 dal Benetton), e a bissare l'unico storico scudetto conquistato nel 2002 (vittoria in finale 19-12 su Calvisano).

IL MOVIMENTO - A questo punto è giusto sottolineare un altro passaggio di quell'intervista, sul futuro del movimento rugby in Italia e lo sviluppo dell'alto livello voluto dalla Federazione, perché potrebbe rivelarsi anch'esso profetico: «La nazionale è giusto che catalizzi l'attenzione, ma se si vuole garantire il futuro del movimento bisogna adottare accorgimenti rispetto al passato, perchè L'Aquila, Calvisano e San Donà devono suonare come un campanello d'allarme, perchè oggi gli investimenti sono ingenti, ma i ritorni in termini di visibilità sono troppo lontani dall'essere a sostegno dell'attività. Non bisogna dare per scontato il lavoro dei club, ma va valorizzato per tutelare il domani del rugby».