x

x

Manfredi Albanese-Ginammi - Foto All Rugby
Manfredi Albanese-Ginammi - Foto All Rugby

“Sono cresciuto con il sogno di fare il giocatore di rugby - racconta Manfredi Albanese-Ginammi, mediano di mischia del Benetton, tre presenze in Nazionale, otto con la U20 -. Fin da bambino volevo fare quello, quando mi chiedevano cosa avrei fatto da grande, rispondevo: il rugbista. Il che spaventava i miei genitori, nonostante mio padre fosse un appassionato, sia stato consigliere della Lazio per parecchi anni, insomma a casa il rugby era benvenuto, eccome. Tuttavia, anche per una famiglia di rugbisti, i miei traguardi sembravano un po’ esagerati. Io per il rugby ho fatto sacrifici e rinunciato a tante cose. Volevo fare il professioni- sta, vedere da vicino come era stare in una squadra che ti permette di vivere il rugby ai massimi livelli di organizzazione, di competenza tecnica, di ambizione. L’ho fatto. Poi un giorno nella mia te- sta si è insinuato un tarlo: ho cominciato a pensare che la vita vera era altrove. E ho deciso che dovevo fare un passo in quella direzione”.

Esordiente in Top10 con la maglia della Lazio a diciassette anni, all’inizio “Manfro”, come lo hanno sempre chiamato i compagni, piccolo di statura, dimostrava anche meno della sua età.

“Mi chiamavano microbo - scherza - ma la stazza non è mai stata un problema per me, ho sempre dimostrato di sapermela cavare anche con il mio metro e 70 di altezza. Anzi, per me affrontare avversari più grandi è una molla, un motivo di orgoglio, una spinta a fare di più”.

Di Albanese-Ginammi si è cominciato presto a parlare come del mediano di mischia dell’Italia del futuro. E lui non ha mai lesinato gli sforzi né l’impegno per raggiungere gli obiettivi.

A sedici anni, il centro di formazione, nella caserma della Polizia a Ponte Galeria, le sveglie alle 5 di mattina, un’ora e mezza di treno all’alba per tornare a casa, poi la scuola al liceo scientifico Righi. fino alle 14, il rientro in accademia verso le 15.30, il pranzo, lo studio, gli allenamenti dalle 17 in poi. “A Natale – ricorda – ebbi una pagella a dir poco disastrosa. I miei genitori sono sempre stati severi con lo studio. Andarono da Cesare Marrucci, che era il tecnico responsabile di quel progetto sportvo e gli dissero che non sarei tornato ad allenarmi finché non avessi recuperato nella maggior parte delle materie. L’anno dopo, l’accademia si spostò all’Acquacetosa, che era un po’ più vicina a casa, e quindi le cose diventarono più facili. Avevo anche cambiato scuola, dal Righi all’Azzarita, poi al Pio IX, alla fine sono arrivato al diploma. Ma pensavo solo al rugby. I miei erano preoccupati e, di fatto, mi hanno obbligato a iscrivermi all’università. Che io non avrei voluto frequentare. Oggi li ringrazio, per fortuna”.

L’estate del 2020, a 19 anni, la prima svolta impor- tante: il trasferimento a Calvisano.
“Una scelta di cui sono tuttora molto orgoglioso: mi ha permesso di uscire di casa, cominciare ad affrontare problemi veri – racconta -. Fino a quel momento il mio mondo era stato una specie di “bolla”, il rugby, la famiglia, una vita distante dalle cose reali. Mi sono trovato di colpo in un picco- lo paese della Bassa bresciana, prima esperienza di vita indipendente, da solo. Lì ho cominciato a conoscere gente più grande, per la quale il rugby oltre che divertimento era anche lavoro, opportunità per mantenere la famiglia, una dimensione diversa da quella in cui ero stato immerso fino ad allora. Giocavo, studiavo, ma per me è stato anche un periodo di formazione decisivo. Una presa di coscienza con una vita diversa da quella che facevo prima”.

L’esordio in maglia giallonera, a novembre 2020 contro le FFOO, ma il ricordo più importante di quel periodo è datato un paio di settimane più tardi, e fa riferimento alla classica sfida tra i gialloneri e il Rovigo.

“Aveva piovuto a dirotto per giorni, il campo era un pantano. Gianluca Guidi disse che quelle non erano condizioni per me e, all’inizio, mi mise in panchina. Entrai a 25 minuti dalla fine e commisi due errori abbastanza gravi: il primo facendomi sfuggire il pallone su un calcetto degli avversari. Un giocatore del Rovigo si avventò sull’ovale, lo portò avanti con i piedi e andò a schiacciare sotto i pali. Il secondo, alla fine quando, sotto di quattro punti, decisi di aprire il pallone al largo, dopo una serie di percussioni dei nostri avanti a un metro dalla loro area di meta. Gianluca Guidi dopo la partita mi fece una lavata di capo”.

“Manfro tirò fuori un pallone della ruck che se fos- se stato lasciato agli avanti avrebbe sicuramente procurato, alla fine, la meta della vittoria – racconta Guidi – Negli spogliatoi gli dissi: non mi serve uno che fa il fenomeno quando stiamo sopra di 50 punti, mi serve uno che ci faccia vincere le partite quando sono testa a testa”.

“Fu una sfuriata dura, me la porto ancora con me - ricorda Albanese -. Ma era stato Guidi a volermi a Calvisano e ha fatto molto per la mia crescita e la mia formazione. Quei rimproveri mi sono serviti”. Arriviamo a questa stagione, non è che nella tua scelta di fare un passo indietro c’è anche il fatto di aver giocato poco sia al Benetton che in Nazionale?

“Assolutamente no. Sapevo che questo sarebbe stato, diciamo così, un anno interlocutorio. Quando ho detto a Marco Bortolami e a Antonio Pavanello della mia decisione, sono rimasti molto dispiaciuti. Mi hanno confermato che avevano un progetto su di me e che ci credevano. Questo era il mio primo anno in franchigia, sapevo che i minuti non sarebbero stati tanti”.

Quindi qual è stata la molla che ti ha spinto a fare un passo indietro?
“Avevo cominciato a pensarci già quando ero a Calvisano. Però giocare in una squadra professionistica, ai livelli massimi, era un’esperienza che vo- levo fare. Per questo ho deciso di andare a Treviso. Ma l’idea che quella del giocatore di rugby non fosse la mia vita, non fosse il mio futuro, aveva già cominciato a ronzarmi in testa da un po’. Capivo che le mie motivazioni erano diverse da tanti con cui giocavo. Ho amore e passione per il rugby, una passione smisurata, ma non sarà mai tutta la mia vita. Il rugby per me resta un divertimento… Prosegue su www.allrugby.it

 

 

Approfondimenti e molto altro ancora nel prossimo numero di ALL RUGBY!! Abbonati subito!

 

Allrugby è disponibile in edicola e in digitale - abbonati su www.allrugby.it