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Alessandro Zanni ha lasciato ufficialmente il rugby giocato, dopo l’addio alla Nazionale è arrivato nella serata di venerdì l’addio in silenzio, come nel suo stile, un silenzio però causato dell’assenza di pubblico a causa delle restrizioni imposte dal covid.

Nell’ultima partita giocata al Monigo di Treviso, quello che è stato il suo stadio per 11 stagioni, Ale “Robocop” Zanni (1,93 m x 106 kg) è partito titolare in seconda linea con la maglia numero 4 (ruolo in cui si è spostato negli ultimi anni) giocando 50 minuti, alla sua uscita l’applauso generale di un Monigo deserto ma pieno di compagni, amici e avversari con cui ha vissuto le ultime emozioni.

Le parole a fine partita del recordman di presente consecutive in Nazionale Maggiore (58).

“E’ difficile descrivere l’emozione perché ci sono sentimenti contrastanti dentro di me, è difficile da spiegare a parole. Non è facile quando si arriva alla fine, capire che questa è stata la tua ultima partita. Non è facile abbandonare uno sport che è stato tuo negli ultimi 25 anni di vita.”

“E’ stata un’emozione incredibile, dispiace però non aver raggiunto un risultato positivo con la squadra che era l’obiettivo più importante”.

“Dentro di me rimarranno le emozioni di una lunga carriera, nelle ultime settimane con l’avvicinarsi alla partita mi sono passati davanti tutti i ricordi, la maniera in cui è volato il tempo”.

“Difficile dire addio al rugby ma purtroppo la vita di mette davanti a delle scelte, bisogna accettarle”.

 

In conferenza stampa viene chiesto al 36enne di Udine quali potranno essere i suoi eredi:

“Difficile dirlo, perché alcuni giocatori hanno caratteristiche per certi aspetti simili alle tue, per altri diverse. Il gruppo che si sta costruendo qui a Treviso è molto valido, ci sono ottimi giocatori, soprattutto nel mio ruolo. Se posso fare il nome di un giocatore che a livello internazionale può diventare uno dei migliori è Federico Ruzza. Negli ultimi 3 anni ha avuto una crescita importante. Un giocatore che è già di alto livello, ma ha margini di crescita ancora elevati. Poi metterei Marco Lazzaroni, mio conterraneo, il quale da quando è arrivato a Treviso ha avuto una continua crescita e una maturazione incredibile. Non dimenticherei Nicolò Cannone, ha già fatto bene da permit player e ha doti atletiche importanti. Deve continuare a lavorare ma sono certo che lui, come del resto Ruzza e Lazzaroni, potranno diventare giocatori fondamentali per Treviso”.

 

Che rimpianti hai della tua carriera? “Leggevo alcuni giorni fa l'intervista di un vecchio atleta che affermava di non aver avuto rimpianti della sua carriera, in realtà se un atleta non ha rimpianti, significa che ha analizzato troppo poco la sua storia o ha preteso poco da sé stesso. Rimpianti ne ho, sia in Benetton che in nazionale, ad esempio partite che potevamo vincere e che invece abbiamo perso”.

 

Ale Zanni con l’Italia ha giocato 119 partite tra il 2005 e il 2020, 4 le mete. Al secondo azzurro con più presenze nella storia dietro a Sergio Parisse e a fianco di Martin Castrogiovanni viene chiesto del ricordo più bello in azzurro.

“Sicuramente la partita d'esordio, contro Tonga, anche perché non me l'aspettavo. Poi le due vittorie contro la Francia, nel 2011 e nel 2013, partite che per quel gruppo di giocatori sono state fondamentali perla crescita, soprattutto a livello mentale. Oltretutto quella del 2011 nessuna se l'aspettava. Poi, metterei il cap numero 100, arrivato dopo una serie di infortuni. Fu una partita non felice per il risultato, giocavamo contro l'Inghilterra, tuttavia entrare da solo e l'ovazione del pubblico dell'Olimpico mi hanno fatto capire quanto importante sia stata quella maglia”.

 

Appende le scarpe al chiodo un atleta vero, un rugbista instancabile, tanto dedito al lavoro quanto silenzioso. Al Monigo a fine partita il corridoio e l’applauso di compagni di squadra e avversari mentre nel maxi schermo scorrevano le sue migliori azioni con Benetton. Ci auguriamo di vedere presto altri come lui rappresentare con tanto orgoglio e abnegazione i colori dell’Italia del rugby.

 

 

Foto Alfio Guarise