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"È difficile mettere in parole la cruda emozione che tutti sentivano quando abbiamo vinto la Coppa del Mondo. Tali emozioni sono ancora forti quando ci penso. Suppongo che quel giorno abbia cambiato tutte le nostre vite." (Will Greenwood)

 

Considerato uno dei migliori trequarti centro ad avere giocato per la nazionale inglese, Will Greenwood è stato una pedina fondamentale nella vittoria alla Coppa del Mondo del 2003. Shaggy era una presenza estremamente pericolosa in qualsiasi centrocampo, con una capacità sconcertante nell’attraversare la linea bianca. Veloce e affascinante, questo giocatore riusciva a percepire con un sesto senso lo spazio che si forma nella difesa, spesso sfruttandolo lui stesso per scappare verso la linea di meta oppure per lanciare un compagno di squadra.

 

Figlio di Dick Greenwood, flanker e allenatore della nazionale inglese, che nella metà degli anni ’70 ha giocato qualche stagione per la Rugby Roma, William John Heaton Greenwood è nato il 20 ottobre 1972 a Blackburn, nel Lancashire, ed è stato educato presso la St Mary's Hall, vicino a Clitheroe, dove suo padre lavorava come assistente economo, la madre insegnava matematica ed il professore di educazione fisica era un certo Bryan Ashton. In seguito, ha studiato alla Sedbergh School, in Cumbria.

 

In quel periodo Will era un giocatore di cricket di talento e ha fatto parte della rappresentativa scolastica del Lancashire prima di decidere di concentrarsi sul rugby. Nel 1988 è entrato a far parte del Preston Grasshoppers RFC, dove ha giocato assieme a Paul Grayson, e due anni più tardi si è trasferito al Waterloo FC, altro club del Lancashire dove aveva militato anche suo padre.

 

Nel 1994 il ragazzo ha conseguito la laurea in Economia presso l'Università di Hatfield e con il rugby che ancora doveva diventare professionista, si è trasferito a Londra per lavorare come commerciante in una banca. Lì, Shaggy si è unito agli Harlequins. Dopo due stagioni il trequarti centro ha lasciato il club per accasarsi ai Leicester Tigers, perché la presenza del centro inglese Will Carling gli precludeva la possibilità di giocare costantemente in prima squadra.

 

Il 18 maggio 1996 Will è stato invitato a giocare per i Barbarians un incontro contro l’Irlanda. I Baa-baas hanno asfaltato i verdi con il punteggio di 70 a 38 ed il centro dei Tigers ha oltrepassato la linea proibita.

 

Il 10 gennaio 1997 I Tigers sono arrivati a giocarsi la finale di Heineken Cup contro il Brive, persa per 28 a 9 sull’erba del Cardiff Arms Park.

La squadra allenata da Bob Dwyer si è parzialmente rifatta della delusione il 10 maggio seguente con la conquista della Pilkington Cup, l’ex Coppa Anglo-Gallese, battendo il Sale 9 a 3 grazie a tre piazzati di Joel Stransky. In quei giorni Greenwood formava la coppia di centrali con Stuart Potter.

 

Nella stagione 1998-99 il club di Leicester, ora guidato da Dean Richards, ha centrato la vittoria in English Premiership, terminando il campionato con sole quattro sconfitte e sei punti avanti dei Northampton Saints, secondi classificati.

 

L’11 giugno dello stesso anno Will ha preso parte alla partita che i Barbarians hanno disputato in Italia: l’ultima del club ad inviti nel nostro Paese. Si è giocato al Flaminio di Roma, stadio che il trequarti conosceva bene per avere assistito a numerose partite della Rugby Roma quando vi militava il padre. Di fronte c’era un’altra selezione ad inviti tutta nostrana: i Lupi. Questi ultimi, tra i quali erano schierati, tanto per citare alcuni nomi, Ciccio De Carli, Orazio Arancio, Stefano Saviozzi, Carlo Caione, Matteo Mazzantini, Gianluca Guidi e Javier Pertile, hanno vinto con l’ampio margine di 37 a 5.

 

Proprio nel 1997, dopo essere stato trascurato dall'allenatore dell'Inghilterra Jack Rowell, Greenwood ha ricevuto la convocazione da parte di Ian McGeechan per il tour dei British & Irish Lions in Sudafrica. Ad oggi rimane lui l’ultimo giocatore ad avere preso parte ad un tour dei Leoni senza avere prima conseguito caps con la propria nazionale.

Shaggy ha disputato sei incontri non ufficiali, in coppia con il gallese Allan Bateman, realizzando una meta a Eastern Province. Purtroppo, durante la sfida con Free State, a seguito di una collisione, il ragazzo ha ingerito la propria lingua e ha smesso di respirare per alcuni minuti. A salvarlo è stato l’intervento del compagno di squadra Austin Healey e poi del dottor James Robson. Per questo motivo Greenwood è stato costretto a saltare il resto del tour e non è sceso in campo in nessuno dei test match. Questo è stato uno dei pochi incontri in cui Greenwood, contrariamente alla sua superstizione, indossava una maglia numero 12.

 

Il 15 novembre, sempre del 1997, grazie all’arrivo sulla panchina della nazionale inglese di Clive Woodward, Will ha esordito in maglia bianca a Twickenham contro l’Australia, giocando in coppia al centro con Phil De Glanville. La sfida è terminata con un pareggio 15 a 15.

Una settimana più tardi il ragazzo era in campo anche a Manchester contro gli All Blacks di Justin Marshall, i quali hanno battuto i padroni di casa 25 a 8. Il trittico contro le superpotenze dell’Emisfero Sud è proseguito il 29 novembre con la sconfitta per 11 a 29 patita dal Sudafrica.

Il 6 dicembre il XV della Rosa ha affrontato ancora la Nuova Zelanda, stavolta a Twickenham, pareggiando 26 a 26.

 

Nel 1998 Will ha preso parte al suo primo Sei Nazioni, un torneo terminato con la Francia a festeggiare il Grande Slam e gli inglese a godersi la loro terza Triple Crown consecutiva. Durante il torneo il trequarti centro ha realizzato la sua prima meta internazionale nella sfida con il Galles.

 

A novembre il ragazzo ha realizzato altre due marcature, una all’Olanda e una all’Italia, entrambe in quel di Huddersfield; due sfide valide per la qualificazione alla Coppa del Mondo dell’anno successivo.

 

Nel 1999 Grenwood non preso parte all’ultimo Cinque Nazioni prima dell’ingresso degli Azzurri, ma, dopo avere realizzato una doppietta al Canada durante un’amichevole ad agosto, in autunno è stato tra i protagonisti alla Cymru ‘99.

 

Will ha giocato quattro dei cinque incontri nei quali è stata impegnata la nazionale inglese al mondiale (ha mancato solo la sfida con gli All Blacks nella fase a gironi) schierato al centro in coppia con Jeremy Guscott, Mike Catt e due volte con Phil De Glanville.

Il XV della Rosa ha iniziato il proprio torneo il 2 ottobre asfaltando l’Italia di Massimo Mascioletti 67 a 7, con otto mete realizzate e cinque piazzati di Jonny Wilkinson. Una settimana più tardi non è andata altrettanto bene per gli uomini allenati da Clive Woodward, usciti da Twickenham battuti dagli All Blacks 16 a 30. L’ultima sfida del girone ha visto i bianchi propinare una grande prova di forza nei confronti di Tonga: 101 a 3 il risultato, grazie ai punti al piede di Paul Grayson e ben tredici mete, due delle quali di Greenwood.

Gli inglesi hanno quindi sconfitto 45 a 24 le Fiji nello spareggio tra le seconde classificate per accedere ai quarti, ma poi sono crollati sotto la pioggia di drop calciati da Jannie De Beer, ben cinque, che hanno regalato agli Springboks il passaggio in semifinale e costretto i sudditi di Sua Maestà a dire addio ai sogni di gloria.

 

A causa di un infortunio, Greenwood non preso partecipato alla prima edizione del Sei Nazioni nel 2000, vinto dalla nazionale inglese, ma è rientrato nella line-up ad ottobre, giocando due dei tre test match autunnali con ’Argentina ed il Sudafrica, entrambe ospitate a Twickenham. La partita contro i Pumas è terminata con un netto 19 a 0, dopo che la squadra albi-celeste aveva minacciato di non scendere in campo per protesta contro i premi non pagati dalla loro federazione. La prova di forza con gli Springboks, invece, ha visto prevalere i padroni di casa con il punteggio di 25 a 17, grazie anche all’ottava meta internazionale di Shaggy.

 

A livello di club, il 2000 ha visto il ritorno di Will ai 'Quins, dopo che aveva sofferto un periodo di forma scadente e si era visto soffiare il posto dall’australiano Pat Howard, neo arrivato tra le Tigri.

Già nella stagione del suo arrivo a Londra, il centro ha conquistato con la squadra la Tetley's Bitter Cup e poi a seguire anche l’European Challenge Cup, grazie alla vittoria del 20 maggio 2001 al Madejski Stadium di Reading contro il Narbonne. Il risultato finale è stato di 42 a 33 dopo i tempi supplementari. Greenwood ha realizzato una meta di pregevole fattura al 3° minuto dell’extra time, che con i due punti aggiunti dalla trasformazione di Matt Burke ha portato la sua squadra avanti 33 a 26.

Il trequarti aveva realizzato una splendida marcatura anche il 27 gennaio 2001, nei quarti di finale contro il Brive, grazie alla quale i londinesi hanno vinto la gara per 20 a 13.  Questa meta è stata votata "Meta dell'anno" a livello di club.

 

Lo stesso anno gli Harlequins hanno raggiunto anche la finale della RFU Cup (l’ex Coppa Anglo-Gallese) ma sono stati sconfitti 27 a 30 dai Newcastle Falcons di Jonny Wilkinson.

 

Nel 2001 Shaggy ha disputato tutte le sfide del Sei Nazioni, sempre in coppia con Mike Catt, aiutando non poco la propria squadra a vincere il torneo, anche se, ancora una volta, è stata costretta a rinunciare al Grande Slam, e alla Triple Crown, a causa della sconfitta subita a Dublino. Il trequarti ha realizzato ben sei mete, tra cui una hat trick al Galles la prima giornata.

 

In estate il trequarti centro è partito con i British & Irish Lions in direzione Australia, agli ordini di Graham Henry. Anche in questo caso, però, come accaduto nel tour precedente, Greenwood è stato fermato da un infortunio, stavolta alla caviglia, e ancora non è riuscito a disputare i test match. In tutto il ragazzo ha giocato solamente quattro incontri non ufficiali, valicando la linea bianca del XV di Western Australia all’esordio.

 

Il ragazzo di Blackburn è rientrato da titolare tra i ranghi della nazionale a novembre, quando ha affrontato nell’ordine Australia, Romania e Sudafrica; tre partite che hanno visto il XV della Rosa sempre vincente.

 

L’anno successivo Will ha disputato ancora tutti i match del Sei Nazioni, realizzando la bellezza di cinque mete; una al Galles e due doppiette a Italia e Irlanda. L’Inghilterra ha portato in bacheca la Triple Crown, ma è stata costretta a cedere lo scettro alla Francia.

 

Il loro Grande Slam gli uomini di Clive Woodward lo hanno ottenuto a novembre, durante i tour down-under, quando sono riusciti nell’impresa di sconfiggere a Twickenham tutte e tre le superpotenze arrivate dall’Emisfero Sud. I primi a cadere sono stati gli All Blacks. Nonostante avessero segnato quattro mete, tra cui le ultime due in carriera di Jonah Lomu, i neri si sono schiantati contro un impressionante Jonny Wilkinson, autore di una gara strepitosa condita da una meta, due trasformazioni, tre penalties e un drop. Il risultati finale è stato di 31 a 28.

Una settimana più tardi è stata l’Australia ad uscire sconfitta dal tempio del rugby londinese. A fine gara un solo punto ha diviso le due squadre, 32 a 31, con i padroni di casa che sono andati oltre la linea proibita due volte con Ben Cohen.

Infine, è arrivata anche la vittoria sugli Springboks, sconfitti con un pesante 53 a 3. Questa volta a realizzare una doppietta ci ha pensato Will Greenwood, che aveva trovato in Mike Tindall il partner ideale al centro della backline.

 

La forma strepitosa dei sudditi dei Windsor è proseguita anche nel 2003: l’Anno Domini del rugby inglese.

 

La stagione è cominciata con un favoloso Grande Slam al Sei Nazioni. Lo strapotere dei bianchi non è mai stato messo in discussione, tant’è che alla fine il tabellino parlava di 173 punti fatti e 46 concessi. Will ha contribuito realizzando una meta al Galles e un’altra doppietta all’Irlanda a Lansdowne Road, dov’è stato celebrato lo Slam con la vittoria per 42 a 6.

 

In estate la nazionale in maglia bianca si è recata in visita in Nuova Zelanda e Australia. Il primo incontro della serie è stato disputato contro i New Zealand Maori, squadra che schierava cinque All Blacks e che gli uomini di Woodward hanno battuto 23 a 9.

Il 14 giugno a Wellington è andato in scena il primo test match contro la Nuova Zelanda, pronta a vendicare la débâcle dell’autunno precedente. Nel primo tempo le due squadre hanno pareggiato i conti con due piazzati a testa: di Jonny Wilkinson da una parte e Carlos Spencer dall’altra. Nella ripresa ancora Wilko, con due penalties e un drop, ha spinto i suoi sul 15 a 6, prima che la meta di Doug Howlett, trasformata da Spencer, riportasse gli All Blacks a distanza di due lunghezze. La fisicità degli inglesi, però, ha avuto la meglio sugli avversari e il risultato è rimasto fermo sul 15 a 13 sino al fischio finale.

Una settimana più tardi a Melbourne gli scatenati ragazzi capitanati da Martin Johnson hanno ripetuto l’impresa anche con i Wallabies. Due mete arrivate grazie ai due centri, Will Greenwood e Mike Tindall, contro un solo piazzato di Joe Roff, ha fatto sì che le compagini andassero a riposare sul 12 a 3 per gli ospiti. Nella ripresa l’Inghilterra ha superato di nuovo la linea bianca con Ben Cohen, una marcatura che ha definitivamente tagliato le gambe agli avversari. L’Australia ha schiacciato l’ovale soltanto a due minuti dal termine grazie a Wendell Sailor: una meta inutile. I bianchi arrivati dal nord hanno vinto 25 a 14, conquistando in quel modo la loro prima vittoria in assoluto nella terra dei canguri.

 

A ottobre, proprio in Australia, si è disputata la Coppa del Mondo.

Il XV della Rosa ha esordito a Perth con un eclatante 84 a 6 ai danni della Georgia. Alla scorpacciata di mete, ben dodici, ha partecipato anche Greenwood con una doppietta. L’incontro seguente è stato di maggiore impegno, perché di fronte c’era il Sudafrica. Martin Johnson e i suoi ragazzi, però, sono riusciti a vincere con il punteggio di 25 a 6 grazie a Jonny Wilkinson, che ha messo sul tabellone 20 punti, e a Will Greenwood, autore dell’unica meta della partita. A metà ripresa il flanker Lewis Moody ha stoppato un drop del numero 10 sudafricano Louis Koen; la palla è rimbalzata di fronte al trequarti degli Harlequins, il quale con un calcio l’ha spedita al di là della linea bianca e vi si è tuffato sopra.

Con la qualificazione in tasca, gli inglesi hanno sconfitto senza patemi Samoa, con Will rimasto a riposo, e l’Uruguay, asfaltato 111 a 13, una gara in cui Greenwood, entrato dalla panchina per sostituire Stuart Abbott, è andato di nuovo a schiacciare al di là della linea proibita.

 

Ai quarti di finale i sudditi dei Windsor sono stati messi di fronte al Galles. I Dragoni hanno marcato tre mete, contro una sola degli inglesi, ancora di Greenwood, ma ci ha pensato Jonny Wilkinson a toglierli dall’impaccio realizzando ben 23 punti, per un 28 a 17 che ha spinto i suoi in semifinale.

A quel punto ad attendere i bianchi c’era la Francia. Sotto il diluvio Wilko ha realizzato ancora una volta l’intero score, con cinque piazzati e tre drop, per un totale di 24 punti, contro i 15 dei galletti. Per la seconda volta nella sua gloriosa storia, l’Inghilterra è arrivata a giocare l’ultimo atto di una Coppa del Mondo.

A quel punto, però, Will ha scelto di volare a Londra per essere vicino alla moglie, la quale ha avuto seri problemi nella gravidanza. Il dilemma del giocatore è stato ben documentato sulla stampa, con la sua volontà di rinunciare alla gloria per la famiglia. Fortunatamente, tutto è finito bene tanto per la moglie che per il figlio e lui è tornato in Australia giusto in tempo per la finale.

 

Il 22 novembre, al Telstra Stadium di Sydney, gli uomini di Woodward hanno incontrato i Wallabies padroni di casa, i quali si erano sbarazzati degli All Blacks in semifinale. Si è trattato di un incontro combattuto e durissimo, che si è trascinato sino ai tempi supplementari in perfetta parità. Gli 80 minuti regolamentari sono terminati 14 a 14, grazie alle mete di Lote Tuqiri e Jason Robinson e a due calci a testa di Elton Flatley e Jonny Wilkinson. Nell'extra time i cecchini hanno realizzato ancora un piazzati ciascuno, con il tabellone a segnalare 17 a 17. Mentre il cronometro registrava 99' e 34” di gioco, a poco meno di 30 secondi dalla lotteria dei calci, dopo un imponente lavoro degli avanti inglesi, Wilkinson ha raccolto la palla a circa 30 metri dai pali avversari e ha sparato un drop perfetto con il piede destro: la palla ha centrato l’acca e l’Inghilterra, con quel 20 a 17, ha conquistato il Webb Ellis Trophy, prima e finora unica squadra dell’Emisfero Nord ad arrivare a tanto.

 

Greenwood ha giocato il torneo in coppia con Mike Tindall, e un paio di volte con Mike Catt, indossando il numero 13 anche se giocava primo centro. Grazie alle sue cinque mete, il trequarti degli Harlequins ha terminato il torneo tra i migliori top scorer, alle spalle della coppia neozelandese Doug Howlett e Mils Muliaina. Le immagini di Will che salta di gioia dopo il drop di Jonny Wilkinson sono state trasmesse in tutto il mondo; una fine gloriosa per quella che avrebbe potuto essere una personale storia tragica.

 

Tornata in patria, la squadra inglese ha sfilato per le vie di Londra tra ali di una folla entusiasta. È stato un tripudio di bandiere, sciarpe, magliette, con l’ininterrotto sottofondo di Sweet Low, Sweet Chariot, l’inno della nazionale inglese di rugby. I giocatori, sistemati su tre autobus a due piani, hanno attraversato la città partendo da Marble Arch per arrivare lentamente a Trafalgar Square. Non molto tempo dopo la regina Elisabetta li ha insigniti dell’Ordine dell’Impero Britannico.

 

In vista del Sei Nazioni 2004 il ragazzo di Blackburn è stato nominato vice capitano di Lawrence Dallaglio, il quale, a sua volta, aveva ereditato il titolo dal dimissionario Martin Johnson. Will ha giocato in tutte le partite di un brutto torneo, ha raggiunto i 50 caps nel match contro l'Irlanda, ma, dopo essere stato il miglior marcatore dei due campionati precedenti, non è riuscito a superare la linea proibita neppure una volta.

 

La gioia di schiacciare l’ovale Greenwood l’ha ottenuta il 13 novembre dello stesso anno, in una sfida contro il Canada a Twickenham. Una settimana più tardi l’Inghilterra ha sconfitto gli Springboks, mentre il 27 novembre ha perso la rivincita contro l’Australia. È stata questa l’ultima sfida di Will Greenwood con la Rosa de Lancaster sul petto. Con i Wallabies aveva esordito, con loro ha raggiunto l’apice grazie alla vittoria in Coppa del Mondo e sempre con loro ha chiuso la carriera con la nazionale inglese.

 

Nel 2005, infatti, Greenwood si è infortunato e non ha potuto prendere parte al Sei Nazioni. Nonostante questo, Clive Woodward l’ha voluto con se per il tour dei Lions in Nuova Zelanda. Finalmente, dopo essere sceso in campo per soli due minuti nel secondo test match per sostituire Brian O'Driscoll, il trequarti centro degli Harlequins è stato schierato titolare nella terza prova contro gli All Blacks, in coppia col capitano Gareth Thomas. Oltre a questa sfida, Will ha giocato anche tre incontri di metà settimana, affrontando le squadre di Taranaki, Otago, alla quale ha marcato una meta, e Auckland.

 

A quel punto, con 55 match disputati per la nazionale inglese e 31 mete realizzate, che fanno di lui il secondo top scorer inglese di tutti i tempi alle spalle di Rory Underwood, e tre tour con i Lions, Will ha annunciato il suo ritiro dalle scene internazionali: “Dopo sei operazioni, ossa rotte, un'esperienza di quasi-morte, legamenti strappati, dislocazioni e tendini più tesi delle corde della chitarra, ho pensato che il mio corpo stava cadendo a pezzi." (Will Greenwood)

 

Quando nella stagione 2004-05 gli Harlequins hanno chiuso il campionato all’ultimo posto e sono retrocessi nella National League One, Shaggy aveva deciso comunque di estendere il suo contratto con il club. Il ragazzo si è ritirato definitivamente alla fine della stagione 2005/06, dopo avere riportato gli Arlecchini nella massima serie.

 

L’addio ufficiale di questo campione è arrivato il 31 maggio 2006, quando è sceso in campo per i Barbarians contro la Scozia, indossando i gradi di capitano. Per la cronaca, i Baa-baas hanno perso 19 a 66.

 

Dopo il ritiro Greenwood ha lavorato in qualità di analista per Sky Sports e si è presentato regolarmente in The Rugby Club per commentare le partite del campionato inglese. Assieme al gallese Scott Quinnell, poi, Will è stato co-presentatore della serie School of Hard Knocks, su Sky TV.

Durante la Coppa del Mondo del 2007, Greenwood è stato impiegato da ITV nel ruolo di analista per le partite dal vivo. Inoltre, scrive tutt’ora una colonna sul Daily Telegraph dove discute della nazionale.

 

Will è sposato con Caro eha tre figli, ma avendo perso un figlio nel 2002, nato di 22 settimane e vissuto solamente 45 minuti, Greenwood è un sostenitore del Child Bereavement UK, un ente di carità che supporta i genitori che hanno avuto la sua stessa sfortuna.

 

Nell’estate 2006, l’ex trequarti centro ha ricevuto un Dottorato Honoris Causa di diritto civile dalla Durham University. Nell'agosto 2014, invece, è stato una delle 200 figure pubbliche ha firmatare una lettera al Guardian che si opponeva all'indipendenza scozzese.

 

Il 5 novembre del 2016 Will è stato coach dei Barbarians, assieme al neozelandese Robbie Deans, nella sfida di Wembley contro gli Springboks.

 

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