Il punto sulle Accademie Zonali con Matteo Mazzantini, responsabile tecnico dell'Accademia di Torino

Nel proseguio del percorso di interviste con i responsabili delle Accademie zonali questa volta abbiamo fatto una chiacchierata con Matteo Mazzantini responsabile tecnico dell’Accademia di Torino. Mazzantini, livornese doc ex mediano di mischia della nazionale con cui ha totalizzato 9 caps sparsi in tre 6 Nazioni e una Rugby World Cup, in carriera ha girato tutta l’Italia indossando la maglia della Benetton Treviso, L’Aquila, Rovigo, Viadana, Gran Parma e Livorno dove è tornato a chiudere la sua carriera da giocatore e a cominciare quella da allenatore: Livorno, Bassano e ora l'Accademia zonale di Torino. Matteo ci parla dell’esperienza di quest’anno di Accademia in una regione come il Piemonte dove il Rugby è ancora poco seguito, interessante infine il discorso Rugby a 7 dove Matteo ha da dire la sua.
Alla fine del percorso di quest’anno delle Accademie come valuti la tua esperienza, cosa ci puoi dire, come sta andando?
"Esperienza molto positiva perché ho visto grossi miglioramenti nei ragazzi che abbiamo allenato qui a Torino, i ragazzi sono stati moralmente molto motivati, ho lavorato con persone decise e volenterose quindi questo è stato molto positivo per tutto lo staff. Devo dire che questo dell’Accademia è un bel progetto, è un’ottima opportunità per diffondere il nostro sport in zone come il Piemonte dove il Rugby si mastica poco."
Cosa pensi possa dare questo tipo di lavoro continuativo con i ragazzi?
"Ogni anno escono dall’Accademia circa una quindicina di ragazzi, di questi la maggior parte torneranno nel proprio club. Soprattutto nelle zone dove il rugby è meno sviluppato l’Accademia è per i ragazzi un grande stimolo e per i Club è un bel ritorno. Io penso che sia un lavoro molto importante e che sia molto positivo a livello fisico, morale, a livello di conoscenza del rugby e di tutte queste cose che fanno parte del nostro sport."
Secondo te come sarebbe migliorabile il format delle Accademie?
"Le proposte sono tante. Abbiamo fatto una riunione proprio poche settimane fa. I problemi sono legati sempre ai budget che la Federazione può “mettere in campo”. Sicuramente con i mezzi attuali l’anno prossimo qualche modifica verrà fatta. Credo che sia migliorabile in tanti aspetti, uno su tutti la comunicazione che dovrà essere maggiore tra le Accademie e i Club per la diffusione dei metodi di allenamento e delle idee generali. Quindi il confronto tra le Accademie ma soprattutto il confrontarsi tra gli allenatori territoriali e i tecnici delle società. Sarebbe interessante quindi invitarli a vivere sul campo i nostri metodi di allenamento in Accademia. Qui a Torino il nostro obbiettivo per l’anno prossimo sarà coinvolgere maggiormente le società del territorio perché il nostro lavoro è fatto per loro."
Un’ultima domanda...l’attività Seven, sappiamo già che è propedeutica ed è già contemplata nell’attività dell’Accademia. Secondo te cosa può dare in più a dei giocatori di rugby che si stanno “sviluppando”, che importanza può avere?
"Questa è una domanda che mi piace molto e a cui tengo particolarmente.
Il rugby a 7 di base non è il rugby a 15. A differenza del 15 nel seven non si trova questa caratteristica della “guerra”, del combattimento, della battaglia che nel 15 è esasperata (e a me piace da morire se ti ricordi che tipo di giocatore ero. Queste cose per me sono il succo del rugby).
Nel rugby a 7 si possono sviluppare abilità che nei ¾ sono fondamentali e io aggiungo una considerazione mia personale: dal momento in cui in Italia abbiamo smesso di giocare il rugby a 7 abbiamo fatto tantissima fatica nei ¾ nel sapersi muovere in campo. Il rugby a 7 è molto provante a livello fisico, ti stimola nel duello 1 contro 1, ti stimola a crescere a livello di tecnica individuale (passaggio, calcio, placcaggio). Una cosa che è molto molto importante è che anche i nostri giocatori di alto livello fanno fatica a fare è la gestione degli spazi. Nello spazio aperto c’è molta difficoltà nel gestire gli spazi, il seven in questo è ottimo. Inoltre il rugby a 7 è anche un’ottima prova per testare i giocatori quando vanno fatte delle selezioni, è un ottimo modo per vedere se un ragazzo ha qualità fisiche, tecniche e se ha voglia di sfidare l’avversario.
Come sappiamo il seven è uno sport che è diventato Olimpico e mi sembra assurdo che in Italia non si investa di più in questa attività, non parlo di Nazionale ma di Club. E’ necessario che i Club investano di più nei tornei a 7. Oggi ho l’impressione che l’idea e l’atteggiamento generale stia un po’ cambiando, ma c’è da far di più. Ho visto le partite della nazionale seven, i ragazzi non hanno fatto una bella figura perché per molti di loro era la prima esperienza. Negli anni novanta si giocava molto a rugby a 7 in estate, mi ricordo che quando ero giovane c’erano molti tornei estivi ma poco alla volta sono scomparsi, ora ci stiamo riprovando ma è un po’ come ripartire da capo. Obbiettivamente ora siamo peggio del Portogallo."
Foto Francesca Battilani