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Franco Smith, sudafricano di 47 anni, ex mediano di apertura di Cheetahs e Griquas in Sudafrica, di Newport in Galles alla sua prima esperienza in Europa. In Italia arriva prima a Bologna, nel 2001, nel 2002 viene ingaggiato dal Benetton Rugby con cui gioca per tre stagioni segnando 55 punti in 60 partite. Con gli Springboks vanta 9 caps e 23 punti marcati. Da allenatore ha guidato i Cheetahs e il Benetton Rugby (2007-2013) oltre alla nazionale Sudafricana per 18 mesi da assistant coach.

Il nuovo Capo Allenatore dell’Italia si racconta ai microfoni di Fir a poco più di una settimana dall'inizio del Sei Nazioni. I suoi progetti, la visione del gioco, gli obiettivi, la questione Sergio Parisse. Una intervista dove Franco Smith parla anche della sua fede in Dio.

“E’ un gran piacere per me essere tornato in Italia. Per noi dello staff tecnico e per i giocatori sarà molto importante creare un nostro DNA rugbistico. Uno stile di gioco che dovrà essere seguito da tutti gli allenatori in Italia, anche nei settori giovanili. Dovremo essere più imprevedibili, avere un grande work rate, una etica di lavoro molto alta. Uno degli obbiettivi principali è essere una squadra fisicamente molto presente in campo.”

 

Come è stato ricevere la proposta di allenare la Nazionale italiana?

“Quando Conor O’Shea mi ha chiesto di venire in Italia per dare una mano nel lavoro in campo, a livello tecnico, non avrei pensato di diventare capo allenatore. All’inizio l’idea era un pò diversa. Quando mi hanno chiesto di diventare head coach la cosa mi ha fatto molto piacere. Già quando al tempo ero allenatore del Benetton avevo pensato di poter contribuire a livello tecnico allo sviluppo del rugby in Italia. Sono stato 18 mesi nello staff tecnico del Sudafrica, ho allenato i Cheetahs in Super Rugby e in PRO14, penso di poter dare il mio contributo.”

 

Una delle tue prime mansioni è stato scegliere i convocati della tua nuovo Italia.

“Abbiamo seguito un processo per scegliere i 36 convocati per il 6 Nazioni. Molte nazionali dopo la coppa del mondo iniziano un nuovo ciclo chiamando in causa tanti giovani, intraprendono un percorso di crescita verso la prossima coppa del mondo. Per me invece è importante mantenere una base di giocatori esperti, anche se questi non arriveranno alla prossima Coppa del mondo possono sempre trasmettere qualcosa ai nuovi ragazzi.”

 

Obbiettivi?

“Per il presente essere il più competitivi possibile, costruire una cultura di squadra e continuare a crescere nelle buone cose che sono state fatte. Vogliamo giocare sempre al ivello di un test match. Il rugby sta cambiando, i giocatori stanno diventando sempre più veloci e abili e io credo che su questo aspetto dovremo iniziare il prima possibile per essere competitivi nei prossimi anni”.

 

Sergio Parisse non è più il capitano, non è tra i primi convocati ma vuole chiudere la carriera in nazionale con una o altre due partite.

“Io e Sergio abbiamo giocato insieme al Benetton, io ero il numero 10, uno degli stranieri in squadra, Sergio era giovanissimo, aveva 19 anni….. Fargli concludere la carriera in nazionale con una o altre due partite è importante per lui, è importante per tutti i giocatori avere l’opportunità di indossare la maglia azzurra fino alla fine. Penso che Sergio sia una figura molto importante per il rugby italiano e lo sarà anche in futuro, poca gente al mondo riesce a giocare cinque Coppe del Mondo. E’ un esempio di professionismo, merita un’altra partita. Penso inoltre che a livello tecnico, per come vorremo giocare, lui potrà ancora contribuire.”

 

Questa nuova Italia ha bisogno di un nuovo Leader, è stato scelto Luca Bigi, ma non sarà solo lui a guidare la nazionale…

“Abbiamo indentificato un gruppo di sette giocatori leader su cui ci affideremo per far crescere la nostra cultura attorno alla squadra, per iniziare un nuovo percorso dopo Sergio Parisse che è stato per 12 anni il capitano. Per questa ragione abbiamo scelto uno nuovo capitano per il 6 Nazioni, Luca Bigi avrà una grossa responsabilità su di lui e sempre per questa ragione abbiamo scelto altri sette leader che lo aiutino e lo sostengano in campo.”

 

Franco Smith crede in Dio e conclude così la sua intervista.

“Io ho fede. Mi è stata data un’opportunità con il rugby, grazie al rugby ho avuto tanti successi ma anche dei fallimenti, tutto questo per arrivare a oggi. Oggi ho l’opportunità di aiutare qualcun altro. La vita è piena di scelte, giuste o sbagliate, poche persone sanno che strada prendere. Io lo so. Dio ha dato a me tanto e per quel poco che posso fare voglio dare lui più possibile indietro. Credo in una cosa molto più grande del rugby.”

 

 

 

Il calendario delle partite del 6 Nazioni 2020

 

 

I 35 giocatori convocati dell'Italia 

 

 

 

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