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Il ritorno in Italia dal Racing 92, l’esperienza a Rovigo in Eccellenza, poi le Zebre e infine Sacramento negli States, questa è la recente carriera di Mirco Bergamasco (1,80 m x 90 kg). L’obbiettivo dichiarato del 33enne padovano era riconquistare la Nazionale dopo il grave infortunio al ginocchio nel test match contro l'Australia a Firenze del 2012, la sua carriera in maglia azzurra si è fermata quel giorno. 

Mirco Bergamasco nella pausa del Pro Rugby (il campionato USA) ha deciso di misurarsi nel Rugby League e sabato, con l’Italia, ha battuto la Serbia a Belgrado nelle qualificazioni Mondiali. Il prossimo appuntamento è per sabato quando l’Italia del rugby a 13 sfiderà il Galles per un posto che vale la Coppa del mondo del prossimo anno in Australia. 

Riportiamo alcuni stralci dell’intervista che Mirco Bergamasco ha rilasciato al Corriere dello Sport

Al rientro dopo l'infortunio sono stato trattato con poco rispetto sia da Jacques Brunel sia dalle Zebre, con cui ho giocato due anni. Mi ha fatto male, meritavo un trattamento diverso.”

A Sacramento nel suo campionato americano di Pro Rugby com’è andata? Ho ritrovato il piacere di giocare a rugby che mi avevano fatto perdere in Italia. Negli States hanno un serbatoio enorme, grandi strutture e c'è un progetto che punta a far entrare il rugby nel cuore degli americani al pari di basket e football. In streaming le partite fanno già 200 mila spettatori. In cinque mesi sono cresciuti in maniera impressionante anche a livello di gioco.”

Poi la decisione di cimentarti nel Rugby League. “Tutti mi hanno dato una mano perché il 13 è davvero un'altra cosa soprattutto in difesa. Contro la Serbia il Gps dice che abbiamo corso in media 15 km, contro i 5 che facevo nel rugby a 15.”
“La mischia? Esiste, esiste. E ho giocato anche seconda linea, da numero 4.”
“I miei compagni in Nazionale sono grandi campioni del Rugby League come Campese, professionisti che giocano solo per la maglia azzurra. Chi ha detto che sono passato al 13 per i soldi proprio non ha capito nulla.

Riguardo al nuovo CT della Nazionale Conor O’Shea e alla voglia di tornare in azzurro. Hai parlato con O'Shea? “Sì, quando la nazionale a 15 venuta in America. Mi ha fatto un'ottima impressione. E uno che parla e dà una chance a tutti, al contrario del suo predecessore si appoggerà ad una squadra e non a pochi giocatori. C'è già una bella atmosfera, non quella fatta di divieti che regnava con Brunel.”

 

Foto Zebre Rugby