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Oggi proponiamo questa interessante intervista fatta da Rugbymeet a Salvatore Costanzo, nuovo head coach del Mogliano Rugby. L’ex pilone destro “Salvo” Costanzo è nato a Catania il 9 aprile 1982. Nel 1998 è passato alla Benetton, prima alle giovanili, poi nella prima squadra dove è rimasto per 10 anni disputando 108 partite e segnando 5 mete. Nella sua carriera ha vinto 10 scudetti, 6 con la Benetton e 4 con Calvisano. Sì, dopo il lungo percorso a Treviso ha scelto di spostarsi nel bresciano dove con i giallo neri è sceso in campo 86 volte segnando 11 mete. Durante la carriera da giocatore una piccola parentesi in nazionale maggiore dove ha raccolto 4 caps.
Da allenatore ha iniziato come allenatore della mischia alla Bassa Bresciana in Serie B per poi partire per l’Argentina. Il suo inaspettato ritorno dopo solo una stagione ha fruttato bene a Mogliano, che prima l’ha inserito nello staff tecnico come allenatore della mischia, e dopo solo un anno gli ha affidato il comando della prima squadra.

 

Perché questo inaspettato ritorno?

“Io e la mia famiglia siamo andati a vivere in Argentina perché avevamo voglia di fare una nuova esperienza di vita e di stare vicino ai miei suoceri. Ne siamo usciti soddisfatti, li ho avuto anche modo di giocare qualche partita. Ho girato per vedere l’Argentina a livello rugbistico e ne sono stato molto colpito, ma poi, visto l’interesse di qualche squadra e per le condizioni di vita abbiamo scelto di tornare in Italia.”

 

La mischia del Mogliano questa stagione ha fatto la differenza, niente male per essere stata la tua prima esperienza.

“È stato un grosso motivo d’orgoglio perché insieme alla società e a Andrea Cavinato abbiamo intrapreso una strada difficile, l’obbiettivo di questa stagione era la salvezza, traguardo raggiunto prima di quanto speravamo ed in questo la mischia chiusa è stato l’elemento di spicco della nostra stagione. La cosa che mi rende più fiero è che abbiamo iniziato con pochi giocatori e alcuni di questi non avevano grande esperienza. In prima linea l’anno scorso abbiamo avuto diversi problemi visto che non eravamo ben coperti e soprattutto avevamo alcuni giocatori di poca esperienza che però hanno sposato la causa e hanno messo il 100% risultando, con l’andare della stagione, la nostra arma vincente. Un’altra piacevole scoperta è stata quella delle due seconde linee argentine Adolfo Caila e Marcos German Delorenzi, due giocatori molto affidabili. Dunque posso dire di esserne uscito davvero soddisfatto.”

 

La prossima stagione sarai capo allenatore dopo solo un anno a Mogliano, è stato difficile accettare l'incarico?

“Sì, la scelta è stata difficile perché prendermi queste responsabilità dopo solo un anno non è facile. Sono stato molto fortunato ad aver potuto apprendere da Andrea Cavinato, una persona molto importante per la mia vita sia dal punto di vista personale che da quello tecnico perché da lui ho imparato tanto. Questa stagione Cavinato è stato incredibilmente bravo a capire e a gestire momenti e giocatori per raggiungere l’obbiettivo il prima possibile. Nel Top12 ci sono molti allenatori con esperienza nell’alto livello, dunque la pressione è tanta ma ce la metterò tutta, sarà una grande avventura.”

 

Nelle ultime stagioni però abbiamo visto far bene allenatori molto giovani come te, Carlo Festuccia al Valorugby e come Andrea Marcato che ha vinto lo scudetto con il Petrarca Rugby a soli 35 anni.

“Esatto, nel nostro campionato si iniziano a vedere nomi di giovani allenatori in panchina che stanno facendo un ottimo lavoro come Andrea Marcato e Carlo Festuccia, la cosa mi incoraggia e mi sprona, è un buon segno perché vuol dire che c’è voglia di rugby e di dare vita a nuovi progetti. Inoltre è stato da poco annunciato Gonzalo Garcia ai Lyons Piacenza, gente giovane e preparata.”

 

Cosa pensi del rugby in Argentina e cosa si può migliorare in Italia?

“Ciò che ho vissuto in Argentina mi permette di dire che dobbiamo dare più importanza ai club per dare un’identità ai nostri giocatori che non riescono ad entrare nelle accademie. Un altro fattore importante è l’attaccamento alla maglia che forse qui abbiamo perso e che andrebbe rispolverato. In Argentina il rugby si vive veramente, si gioca per passione. Dunque, le accademie sono certamente una grossa risorsa ma penso ci voglia un coinvolgimento maggiore a livello di club.”

“Insisto nel dire che la base del nostro rugby sono i club e bisogna progettare e dare importanza alla base per formare allenatori che possano dare mezzi ai giocatori per crescere e allargare il bacino di utenza del nostro movimento!”.

 

Foto Alfio Guarise

 

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