x

x

La meta di Sperandio sulla bandierina di sinistra a tempo scaduto e il successivo centro di Mantelli per la conversione hanno reso (se possibile e solo un poco) meno amara la sconfitta (17-18) dell'Italia under 20 di coach Alessandro Troncon contro la Georgia, da poco ammessa nell'Olimpo del rugby giovanile e matematicamente salva con un turno d'anticipo nell'anno del debutto. Partita in linea con quanto visto in precedenza: Italia ben attrezzata davanti e discretamente efficace nelle fasi statiche (limitatamente alla conquista, dal momento che collegare la stessa all'utilizzo efficace non è nelle corde e nelle naturali potenzialità di questo simpatico gruppo di bravi ragazzi) ma desolatamente sguarnita quanto a "saper fare qualcosa di pericoloso per gli avversari con la palla  mano" e nell' imporre agli altri cadenze e tempi di gioco. Insomma: la solita Italia baby, con tanto lavoro sulle spalle ma con molto poco talento da affinare e da mettere al servizio della causa comune. Insisto, a costo di ripetermi: Troncon, Moretti e quanti con questo gruppo hanno lavorato, sono signori allenatori. Competenti, autorevoli e dotati di metodo di trasmissione dei saperi. Gli elementi adatti a trasformare conoscenze in competenze. È la materia prima che manca! La controprova, purtroppo solo teorica, ci sarebbe, c'è. E consisterebbe nel mettere sulla panchina della Nuova Zelanda o dell'Inghilterra un paio dei nostri tecnici. Scommettiamo che il risultato finale (leggasi: piazzamento a fine torneo) cambierebbe di poco. Davvero qualcuno pensa che la Nuova Zelanda allenata dalla coppia Troncon-Moretti finirebbe questo Mondiale più sotto del quinto posto?

Facciamocene una ragione. Non sono i cuochi che ci mancano, è la cambusa che va poco oltre lo sgombro in scatola e l'insalatina di stagione! A San Josè (Usa-Italia) abbiamo ammirato le doti tecniche di AJ MacGinty, apertura dublinese delle Aquile americane apparso (almeno) una decina di spanne abbondanti sopra il nostro Canna, il n.10 di scuola italiana in assoluto (relativamente al campione indigeno) migliore di cui disponiamo. Oggi è stata la volta di tale Vasil Lobzhanidze, mediano di mischia di neanche 19 anni (il più giovane della World Cup), capitano di una squadra giovanile che giovanissima non è, ma che quanto a "darci dentro fisicamente" e a coniugare i fondamentali del gioco con le variabili "determinazione e aggressività" e in grado, e purtroppo, di impartirci severe lezioni. A Salford si è dunque spenta la fiammella della speranza di chi vedeva l'Italia conquistare la permanenza nell'élite u20 , senza ricorrere (come un anno fa a Cremona) all'ultima drammatica rappresentazione del noto "vinci o muori" che in 80' dirà se, nel giro di "quelli buoni" ci staremo ancora o no.

Epilogo per alcuni versi scontato, di un Mondiale affrontato con il massimo della concentrazione e con un discreto dispendio di risorse anche economiche ma, come tocca dover una volta di più ammettere, fallimentare nei fondamentali e poco o punto indicativo di un futuro radioso o, quantomeno, dignitoso sul palcoscenico internazionale. No, non ci siamo. Nel gruppo delle 12 Nazionali giovanili più forti del pianeta continuiamo a occupare l'ultimo vagone, il penultimo quando va di lusso. L'ultimo buono per non essere sganciati al primo scambio. Poca roba, tocca ammetterlo, per un Paese di 60 e passa milioni di abitanti (multietnico come gli altri) che abita il Sei Nazioni da quasi vent'anni, gioca con due squadre il Pro 12 e ospita ad anni alterni le potenze ovali del pianeta. Lo stesso che, purtroppo, perde con al Namibia con la sua Emergenti, batte di un pelo gli Usa e rischia grosso sabato con il Canada a Toronto.

Nell'anno delle elezioni presidenziali la domanda potrebbe sorgere spontanea: è giunto il momento di istruire e di celebrare processi? Non credo. A meno che non si vogliano trascinare in veste di accusati sul banco degli imputati, tutti quei genitori che, disponendo in casa di figli dotati di talento atletico e di mentalità vincente, non li hanno obbligati o convinti che "il rugby è bello", e li hanno invece lasciati andare a giocare a calcio, a basket, a pallamano, a pallanuoto o a tennis. Quando  non a cazzeggiare al baretto sotto casa o a seppellirsi sotto una valanga di libri protetti dalle austere volte di  qualche biblioteca. Insomma: se i nostri giovani migliori del rugby se ne... o quasi, non è colpa di nessuno. Semplicemente: accade. Meglio se ne prendiamo atto da subito. Se invece lo sport nazionale è, ancora e sempre, il tiro al bersaglio sull'allenatore di turno in panchina... attenzione! Fra qualche anno ci ritroveremo a scrivere e a leggere che "quel Conor O'Shea, in fin dei conti, tanto forte e tanto bravo...".

Tornando sulla terra e alle cose concrete. Quest'anno ci giocheremo tutto contro il Giappone, che si à arreso, combattendo alla grande fino al 69' a una Francia più forte e consistente che bella a vedersi. Capace di tenere la testa a posto durante il massimo sforzo dei nipponici, e di chiudere 41-27 chiudendo un torneo discretamente deludente ma lontano dal rischio retrocessione.

Le due semifinali del penultimo turno hanno detto che saranno due squadre figlie di popoli del Sei Nazioni a giocarsi il titolo. Favorita (di chi scrive) è l'Inghilterra che ha disposto di un buon Sud Africa (39-17) e che se la vedrà con l'Irlanda che ha rifilato 30 punti di distacco all'Argentina (37-7). L'emisfero Sud si giocherà il terzo posto. La notizia non può non riempirci di soddisfazione. Lo strapotere dell'emisfero australe è dato oggettivo. Ma stavolta ha vinto la vecchia Europa.

Altri risultati: NZ – Galles 71-12, Scozia – Australia 19-35.

 

Giorgio Sbrocco per Rugbymeet

 

Foto Twitter World Rugby

 

Le finali World Rugby U20 Championship - Clicca sul match per i tabellini e le statistiche

Risultati e classifiche delle semifinali World Rugby U20 Championship - Clicca sul match per i tabellini e le statistiche

Il Calendario e i risultati di tutti i test match di giugno - Clicca sul match per i tabellini e le statistiche