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Articolo pubblicato su Allrugby numero 143

In un delicato periodo come quello attuale che attanaglia il mondo del lavoro per le difficoltà di riuscire ad ottenere un impiego, un “mestiere” tra i più ricer-cati è certamente quello del TMO. Merce rara: come per ogni professione specializzata che si rispetti, i profili devono avere caratteristiche ben specifiche. Nel caso del Television Match Official, le priorità sono: adeguata esperienza d’arbitraggio internazionale e conseguente perfetta conoscenza del regolamento, a cui va aggiunta un’impeccabile e necessaria capacità di dialogo in lingua inglese. Risultato: specializzazione assoluta e pochi candidati su cui investire.

La prova provata sta nel fatto che alla recente Coppa del Mondo disputata in terra nipponica e nel prossimo Sei Nazioni 2020 sono stati selezionati solo soggetti di madrelingua britannica.

I TMO vengono selezionati con tale parsimonia che nel prossimo Sei Nazioni, per quindici partite, sono stati scelti 13 arbitri (Gauzere e O’Keeffe gli unici con due partite a testa) e solo sei addetti alla moviola (due inglesi, un irlandese, un australiano, un sudafricano e un neozelandese).

A livello internazionale, nessun latino, francese, italiano o argentino che sia, ha ricevuto incarichi di rilievo. Eppure nel Top14 transalpino ogni settimana sono impegnati ben 7 TMO; i migliori dei quali supportano nelle Coppe Europee la folta pattuglia degli arbitri d’Oltralpe.

Le ragioni di queste discriminazioni si possono sicuramente comprendere. Una tra tutte, la difficoltà a instaurare un dialogo serrato con direttori di gara che spesso hanno uno slang celtico e ormai sono sottoposti a frequenti chiamate da parte dei loro colleghi appostati davanti alla televisione.

Con l’innalzamento del livello del rugby, le decisioni sono sempre più pesanti e difficili da prendere. Gli ufficiali di gara hanno acuito le loro prerogative in merito a velocità ed esecuzione delle azioni in campo, ma la percezione di molti addetti ai lavori è quella che ci si appoggi sempre di più al TMO, quasi a voler levarsi di dosso importanti responsabilità.

Il ruolo dell’arbitro a video inizialmente era di fatto limitato ad accordare o meno la segnatura di una meta. Nato nel 2000 grazie al Super 12 dell’emisfero Sud è stato poi adottato l’anno successivo in Europa e fino alla RWC del 2011 era sollecitato solo per risolvere le questioni delle cosiddette “mete litigiose”.

 

L’evoluzione del regolamento lo ha difatti inquadrato come un vero e proprio protagonista, sempre decisivo e in molti dei casi eclatanti addirittura più decisivo di chi sgambetta in mezzo al campo con fischietto e cartellini. Allo stato attuale deve supportare il Team degli Officials anche in merito ad azioni disciplinari e consigliare eventuali ammonizioni ed espulsioni che ovviamente hanno un peso rilevante ai fini di quanto accade durante la partita.
Oggi si parla sempre più di un lavoro disciplinare di squadra e un ottimo TMO fa indubbiamente la differenza.

La bravura del TMO sta anche nel gestire la pressio- ne e trasmettere le giuste informazioni al referee, affinché la ripresa del gioco dopo una “chiamata” sia fatta nel modo corretto ed incontestabile.

Il vantaggio rispetto ai cugini del calcio è ovviamente quello di starsene nel van della televisione par- cheggiato all’ esterno allo stadio. La VAR del pallone sta tramutandosi in un mostro che fa veramente paura. Assurdo, a mio avviso, vedere un direttore di gara, che dopo aver interrotto temporaneamente l’incontro, debba correre verso un monitor a bordo campo inseguito da giocatori, cameramen e da un corteo di improbabili figure, per decidere di un fuorigioco millimetrico o un contatto in area di rigore. Serenità zero e battiti cardiaci a mille. Domanda: ma perché non si prende il rugby come esempio? Certamente sarebbe utile l’introduzione del TMO anche nel nostro Campionato di eccellenza. Aiuterebbe il rugby italico a crescere e farebbe un gran bene ai nostri ragazzi emergenti che si impegnano a dirigere il Top12.

Per i meritevoli di crescita sarebbe un valore aggiunto per essere maggiormente considerati anche fuori confine, visto che Joel Jutge - il boss francese delle Coppe Europee - ha sottolineato come il lavo- ro di squadra sia un passaggio obbligato in termini di miglioramento della figura arbitrale. Ovviamente va implementato il sistema di trasmissione televisiva, che a oggi ha permesso l’impiego domestico solo nelle gare di semifinale e finale della nostra massima competizione nazionale.

FIR ha un passato importante e apprezzato nella professione di TMO. De Santis, Damasco, Dordolo lo hanno esercitato in tempi non così lontani, in contesti di rilevanza nazionale e internazionale (De Santis è stato il TMO della finale mondiale del 2011). In questa prima parte di stagione nel Pro14 Celtico e in EPCR solo due italiani, Falzone e Pennè hanno affiancato in match delicati Mitrea e Piardi su palcoscenici ovali di rilevanza europea. Entrambi hanno profili, carriere ed esperienze di altissimo livello, ac- quisite nell’arco di molte stagioni sportive.

Non dimentichiamo l’importanza della nostra storia, anche quella recente. Un episodio di qualche mese fa, racconta che proprio Joel Jutge in una delicatissima partita di Champions Cup giocata in Francia, ha designato Stefano Pennè in aiuto al mito Nigel Owens, preferendolo ai colleghi gallesi. Che soddisfazione!

TMO cercasi? Sì! Inviare dettagliato curriculum con foto tessera e certificato di conoscenza dell’inglese.

 

Di Maurizio Vancini

 

 

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