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Torna in dubbio la presenza degli italiani nel torneo più prestigioso e antico al mondo. Quest’anno non era ancora arrivata la frecciatina diretta a noi dai media inglesi, forse perché il 6 Nazioni è stato bruscamente interrotto dal covid, ma rieccoci a parlare di un “Italia fuori dal 6 Nazioni!” anche a palla ovale ferma.

Nonostante il torneo sia burocraticamente blindato a sei squadre fino al 2024 dal Times vengono portati all’attenzione i pessimi risultati degli azzurri fatti registrare dal 2000 ad oggi, da quando siamo entrati nel gotha del rugby europeo e mondiale.

I numeri parlano chiaro: solo 12 vittorie in 103 partite spalmate su 20 anni. Sono 5 anni che non vinciamo una partita (2015, Scozia - Italia 19-22), 7 anni senza regalare un sorriso ai nostri tifosi, l’ultima volta fu all’Olimpico nel 2013 (Italia - Irlanda 22-15), giocava ancora il Barone Lo Cicero…

Nel 2020, nonostante il cambio alla guida tecnica dopo la deludente gestione di O’Shea, con Franco Smith non è andata meglio, in particolare gli zero punti marcati nelle sconfitte con Galles e Scozia hanno fatto perdere le staffe a Stuart Barnes. L’ex numero 10 dell'Inghilterra (10 caps tra il 1984 e il 1993) è considerato tra i migliori opinionisti d’oltre Manica, un grande professionista del giornalismo e un tifoso del XV della Rosa, considerato molto vicino al Presidente di World Rugby Bill Beaumont.

 

“In 20 stagioni - si legge dal Times - l'Italia ha ottenuto 12 vittorie in 103 partite, a una media di una ogni quasi nove match. Inoltre l'Italia quest'anno non è stata capace di segnare un singolo punto contro Galles e Scozia, perdendo 42-0 a Cardiff e 17-0 a Roma: è un chiaro segnale che il torneo ha bisogno di un sostanziale ribaltone”.

Secondo Barnes l’Italia deve abbandonare il 6 Nazioni perché ha bisogno di una competizione diversa, “un torneo in cui gli azzurri siano favoriti, e non uno dove vengano sovrastati e battuti pesantemente. Romania e Georgia rappresentano il livello di competitività dei loro standard”.

Barnes ritiene che una esclusione dell’Italia - come era successo alla Francia, poi reintrodotta nel dopoguerra - farebbe bene al nostro movimento: sarebbe un bene per il torneo, per la reputazione dello sport e dell'Italia stessa”. 

 

Si prende la briga di rispondere Mauro Bergamasco, l’ex azzurro dalle colonne della Repubblica replica così: “Da un lato, è la solita manfrina. Però è anche vero che noi non abbiamo mai confermato le aspettative, e lavorato per essere bene accetti. Ci hanno sempre guardato con un po' di sospetto, ma è chiaro che si fa tutto più complicato se in 20 anni non vinci quasi mai”.

 

Provare a cambiare il format del 6 Nazioni è sicuramente sbagliato, peggiorerebbe oltremodo la già complicata situazione attuale, le partite totali passerebbero da 15 a 10 con un inevitabile pesante calo dei guadagni per ogni nazionale. La proposta di Barnes inoltre è indubbiamente fuori luogo visto il periodo di crisi in cui versano tutte le union, Inghilterra compresa. Snaturare il torneo non farebbe bene a loro e soprattutto al rugby italiano, che sugli introiti e la visibilità del 6 Nazioni sta basando la propria economia. Inutile dirlo, uscire dal Torneo sarebbe semplicemente catastrofico.

 

Ma anche se l’appello del Times venisse ascoltato, se per caso la proposta venisse presa in considerazione, l’unica via potrebbe essere quella di tornare a un vecchio 5 Nazioni. Questo perché nessuna altra nazionale europea sarebbe all’altezza dell’impegno, ne la Georgia ne tantomeno la Romania. Forse solo il Giappone reggerebbe il colpo, l’unica nazionale che meriterebbe un posto nel Tier 1 per i grandi ed evidenti progressi maturati negli ultimi anni, il meritato quarto di finale alla Rugby World Cup 2019 (dopo aver battuto Irlanda e Scozia ndr) è li a dimostrarlo. Traguardo a cui l’Italrugby ambisce da sempre e che oggi sembra inarrivabile.