Irlanda e Inghilterra conquistano l'Emisfero Sud

Primo Weekend di Test Match internazionali: Eccovi l'analisi del nostro Giornalista/Opinionista Giorgio Sbrocco
Numeri. Secondo un’antica (e superata?) scuola di pensiero: entità che nascondo o manifestano (a seconda di chi li elabora, li consulta o se ne serve) verità incontestabili, palesi, inequivoche. A un passo dal concetto di verità assoluta. A un passo da Dio.
I numeri di questo (meraviglioso) giugno ovale da poco cominciato, che vive fra le rotte Nord-Sud delle Nazionali del Continente vecchio sembrano dire cose semplici, al limite del banale, nella loro totale e, a tratti, persino imbarazzante, evidenza.
A neanche 48 ore dal “meno 6” della prima assoluta di Mister O’Shea a Santa Fé, contro i Jaguares/Pumas, sentite e lette le parole di franca e sincera soddisfazione del neo Ct, nel prendere atto che “molto c’è ancora da fare e da costruire”, ma che “costruirlo con alle spalle una prestazione come quella esibita davanti ai 30mila dello stadio Colon”, sarà, par di capire, se non più facile, sicuramente entusiasmante, detto tutto ciò, restano da compulsare alcuni numeri.
Proviamoci, operando una scelta tesa a (cercare di) mettere a confronto in maniera equilibrata le forze (attualmente) in campo nel panorama del rugby internazionale. Provando poi, con tutta la serenità di giudizio di cui saremo capaci e con l’orizzonte intellettuale sgombro dalle nuvole della pressione emotiva e dalla ricerca di alibi e armi segrete pronte a essere lanciate contro il nemico, a dire qualcosa di sensato sull’attuale situazione obiettiva del nostro rugby di vertice. Della sua competitività. Del suo peso. Di cosa attualmente sia e a cosa attualmente assomigli.
Cominciamo da un risultato che di clamoroso ha niente: la vittoria della Nuova Zelanda campione del Mondo all’Eden Park di Auckland, in versione “McCaw in tribuna”, sul Galles per 39-21 (5-2 le mete, 11 punti di Biggar, 14 di Cruden, meta di Harris all’82’). Una partita che all’80’ aveva a referto un +11 All Blacks che sta per intero nella effettiva diversità di cilindrata esistente fra (gli attuali) Dragoni e gli Invincibili in nero. Un viaggio, quello della formazione europea, fino agli antipodi (quasi antipodi, vero. Ma è per comodità), per verificare che la distanza dal vertice c’è ancora e non è minima. Ma contenuta dentro criteri di proporzionata ragionevolezza.
Secondo dato numerico su sui riflettere (senza esagerare! È domenica, giorno consacrato, se non proprio e soltanto al Signore, di norma al riposo e al cazzeggio, per chi può! L’Inghilterra che a Brisbane batte l’Australia 39 – 28 (3 mete contro le 4 dei Wallabies ma 24 punti dal piede di Farrell). E tutti a dire che la “cura” del nuovo responsabile tecnico (Super Eddie Jones), che già aveva dato segnali positivi al Sei Nazioni, sta entrando a regime, prefigurando fasti e facendo intravedere trionfi che a Londra e dintorni pensavano svaniti con l’uscita di scena di Mr. Woodward. Insomma: l’Inghilterra che “grande era” e che “grande era sempre stata” ora “grande è tornata a essere”. Probabile che sia così. Che cioè sia bastato sostituire, alla guida tecnica di un manipolo di grandi e grandissimi giocatori, un buon allenatore (Mr Lancaster, detto “il traghettatore”) con uno di classe decisamente superiore, per mandare in coppia un motore che prima, per svariate e non tutte chiarissime ragioni, tossiva e perdeva colpi. Possibile che sia così. Senza dimenticare che una squadra con un tasso medio di talento altissimo, se male condotta, può vincere meno di quanto nel suo potenziale. Ma che una squadra con un tasso di talento basso o molto basso... anche se guidata dai Fantastici quattro della Marvel...
Terza coppia di numeri, la meno prevista alla vigilia: quella di Città del Capo, dove l’Irlanda ha battuto 26-20 (2-2 le mete) gli Springboks. Giocando quasi un’ora senza CJ Stander, espulso al minuto 23 e con il piccolo (di statura, solo di statura) Paddy Jackson autore di 16 punti. Dirà qualcuno: ma questo Sud Africa che prima le prende dal Giappone al Mondiale e poi becca in casa “dall’Irlanda senza Sexton”... sarà mica in crisi? Risposta: non lo so. Ma aggiungo: proviamoci noi ad andare fino a casa loro e a tornare con un risultato del genere! Vale anche se finiamo la partita in 15.
Giorgio Sbrocco per Rugbymeet