x

x

“Il touch nasce in Australia dal rugby a 13 come una formula di allenamento. Negli anni '60 del '900 prende piede, coinvolge molte persone e negli anni '80 nasce la federazione australiana del touch, il touch quindi si identifica come una specialità a se stante. In seguito nasce la federazione internazionale che si da l'obiettivo di diffondere il Touch in giro per il mondo. Il mondo rugbystico a questo punto si accorge dell'importanza del touch soprattutto per fare reclutamento e propaganda alla palla ovale. Nasce però una diatriba tra la federazione del touch (FIT, Federation of International Touch) e l'allora IRB (International Rugby Board) e questo è andato avanti per un po' ed ha portato come conseguenza che l'IRB ha voluto sviluppare il suo Touch Rugby, mentre la FIT parla solo di “Touch”. Anche oggi la federazione italiana affiliata alla federazione internazionale di Touch si chiama semplicemente “Italia Touch”.

 

Com'è nata l'esperienza di “Italia Touch”?

In Italia c'è stato un momento in cui si è consumata la divisione tra “Italia Touch” (che è rimasta sotto la FIT) e invece la “LITR” che propone il “touch rugby” e ha sposato l'impostazione dell'IRB. Ad oggi siamo parenti abbastanza vicini che però fanno vite separate. “Italia Touch” è nata nel 2008. Io sono entrato in carica come presidente nel 2012 dopo che ero stato nominato direttore degli Europei che nel 2012 abbiamo ospitato a Treviso con 1200 atleti, 13 nazioni presenti e più di quaranta squadre.

 

Ci sono casi di accordo tra le federazioni?

Sì, ti cito l'esempio della Federazione Touch neozelandese che ha stretto un accordo con la Federazione Rugby neozelandese e sono riuscite ad incrementare l'adesione al rugby in età scolastica dell'8% in quattro anni, con un aumento del 60% tra le bambine e le ragazze. Sono dati importanti perchè è stato dimostrato da studi dei nostri dirigenti che se in età scolastica si abbandona la palla ovale a favore di una di quelle rotonde, non si torna più indietro all'ovale. In giro il Touch viene considerato assolutamente propedeutico al rugby, pur potendo rimanere qualcosa di distinto.

 

Che tipo di attività svolge “Italia Touch”?

La formula è molto simile a quella del tennis o del golf. Abbiamo un campionato e una serie di tornei che danno a tutte le nostre squadre iscritte, perlopiù del centro e nord Italia, un certo punteggio che vale per un certo periodo di tempo. A luglio ci sono poi le finali che vanno a identificare il campione d'Italia, che da due anni a questa parte sono i Brianza Toucherz. Formiamo anche la nostra classe arbitrale, che da un certo livello in su è accreditata con esami tenuti da arbitri stranieri.

 

C'è anche un'attività internazionale?

Sì, si divide in due eventi, l'Europeo di Touch che è biennale e vede confrontarsi 12-13 nazioni (il prossimo è a luglio a Nottingham dove manderemo la squadra maschile, quella femminale e l'over 40), e il Mondiale di Touch che è quadriennale e nel 2019 si svolgerà in Malesia, dove contiamo di mandare due squadre miste, cioè la mista senza limiti di età e la senior mista.

 

Fate fatica a trovare sponsor?

I nostri atleti si autofinanziano per andare a questi eventi, è una questione di grande passione e c'è un'altra componente: il mondo del touch internazionale è un mondo di social sport che vuole unire l'attività sportiva agonistica alla socializzazione e al turismo. Negli eventi internazionali si visitano luoghi nuovi, si sta insieme, le nazionali stanno tutte nello stesso campus e questo è ciò che giustifica anche il fatto di autofinanziarsi.

 

Grazie Stefano, vuoi aggiungere qualcos'altro?

Sì, che alla fine quello che conta è che la palla sia ovale e non tonda, con tutto il rispetto alla palla tonda perchè a me piacciono tutti gli sport, ma insomma vista la fatica che facciamo se stiamo uniti ne guadagniamo tutti, perché se un ragazzo comincia col touch, si diverte perché il nostro è uno sport divertente e poi vuol fare contatto comunque è un buon risultato per tutti.