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Dalle corse palla in mano nei campi del PRO14 e del 6 Nazioni alle corse a bordo di una ambulanza per le strade di Parma, l’avversario, stavolta, si chiama Coronavirus. La storia di Maxime Mbandà ha sicuramente sensibilizzato il mondo dello sport e non solo. Il giocatore delle Zebre Rugby e della Nazionale italiana si è offerto come volontario alla Croce Gialla di Parma più di una settimana fa. Nel mondo del rugby italiano hanno seguito l’esempio alcuni giocatori del Rugby Viadana, ora volontari alla Croce Verde di Mantova, e Alberto Neri, livornese ex giocatore di Rugby Colorno e Pro Recco, a breve volontario presso l’ANPS (Associazione Nazionale Polizia di Stato).

 

“Ho iniziato 10 giorni fa con turni giornalieri di 12-13 ore. Andrò avanti finché ne avrò la forza, finché dura l’emergenza io darò una mano”.

Maxime Mbandà intervistato da Federugby.
 

Max Mbandà racconta la sua esperienza:

“Siamo in una situazione di piena emergenza. Fino a qualche giorno fa la gente non aveva percepito in che situazione si trovano gli ospedali. Ci sono medici, rianimatori, infermieri che cercano di salvare vite 24 ore al giorno, a volte senza turni di riposo”.

 

“Mio padre è medico chirurgo, ha passato una vita a salvare persone, la sua esperienza è stata fondamentale in questa mia iniziativa. Sono grato ai miei genitori per avermi trasmesso l’educazione e l’istinto nell’aiutare il prossimo, sono cose che un giorno vorrò trasmettere ai miei figli.”

 

Il rugby quanto ha influito sulla tua scelta?

“Nel rugby siamo portati a reagire, quando è possibile, soprattutto nei momenti di difficoltà. Nel rugby se cadi a terra devi rialzarti, se ti infortuni devi rialzarti, questo sport ha influito sicuramente”.

 

La giornata:

“Sino ad oggi ho fatto una media di 11 ore di servizio al giorno, cerco di alleggerire il peso del lavoro a cui è sottoposto il personale dell’ospedale. Quando arrivano dalla centrale operativa gli ordini di trasferimento dei pazienti noi entriamo in azione, questi sono quasi tutti ancora positivi al Coronavirus, sono pazienti che hanno sintomi lievi e che possono continuare la quarantena a casa lasciando liberi posti letto ai più bisognosi.”

“La preparazione agli interventi è lunga e meticolosa, vestiamo tute apposite, guanti, occhiali.
Una cosa importante da fare prima di entrare in servizio è andare in bagno, perché non sai mai quando potrai avere una attimo per i tuoi bisogni fisiologici. Un giorno sono entrato in servizio alle 9.30 ed ho staccato alle 18.00, quel giorno ho pranzato alle 18.30. Questo perché una volta vestito non puoi cambiarti per una pausa altrimenti si rischia la contaminazione. Ci si cambia una sola volta al giorno.”

 

Che età hanno gli infetti?
“Non è vero che sono tutti anziani, ci sono varie differenze di età. L’altro giorno ho accompagnato a casa a Langhirano un paziente di 36 anni”.

“Bisogna seguire le regole che ci ha imposto il governo. Sarà noioso stare a casa ma bisogna assolutamente farlo. Sono regole imposte da professionisti, che sanno come affrontare la situazione”.

 

Le Zebre come hanno accolto questa tua richiesta?

“Quando ho chiesto il permesso di iniziare questo tipo di attività così a rischio rischio di contagio… All’inizio sono stato un pò preso per pazzo. Poi sia i dirigenti che lo staff tecnico mi sono stati di appoggio”.

 

Allenamenti?

“Ho il tempo anche per quelli, rigorosamente indoor, prima di andare a lavoro o dopo essere tornato a casa. Non si molla!”.

 

Il messaggio :

“Il mio messaggio non è solo per i rugbisti ma per tutti i giovani che non vivono con anziani o bambini. Se siete stanchi di stare a casa e l’unica cosa che riuscite a fare ultimamente è lamentarvi sui social. Provate a fare una ricerca, una chiamata a un numero verde, per capire se c’è qualcuno che ha bisogno di voi, perché sicuramente sarà così.”

 

E’ un periodo in cui lo sport passa assolutamente in secondo piano.

 


Foto Eugenio Pirillo