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Secondo Marcelo Loffreda, l’autore del “miracolo” Pumas, l’uomo che ha fatto grande l’Argentina, come lo chiama Massimo Calandri nella sua intervista pubblicata su La Repubblica, "Ci vuole pazienza, un passo per volta. Lavorare tanto sulla base, con i bambini: perché è in quel momento, che si costruiscono i giocatori di rugby. E con gli adulti servono poche cose. Semplici. La difesa, poi il resto. Noi abbiamo fatto così. Invece ho l'impressione che in questi anni l'Italia abbia sempre preteso qualcosa di più ambizioso rispetto alle sue reali possibilità. Peccato".

Questo è il punto focale dell’intervista che innesca quindi una riflessione importante sullo stato del rugby italiano e sulle diverse ricette portate da le anime che si affronteranno per le elezioni federali di quest’autunno. A tal proposito riproponiamo le interviste a Marzio Innocenti e Alfredo Gavazzi.

Nel suo pezzo Calandri ricorda uno degli ultimi successi italiani contro i Pumas a Piacenza nel 1998 e il percorso effettuato dai nostri cugini d’oltreoceano in contrapposizione al nostro. Voleste approfondire vi rimandiamo al suo bell’articolo.

Il punto focale a nostro avviso è il rapporto con il club, il club che è un punto di riferimento per il rugby argentino, quello di Loffreda il San Isidro Club dove ha giocato e allenato prima di diventare ct della nazionale "Perché il rugby si costruisce prima di tutto nel club. Con i più piccoli: stimolando amicizia, passione e senso di appartenenza alla squadra, alla comunità. Otto, nove, dieci anni: un momento fondamentale, in cui gli educatori devono seminare cultura ovale. E poco per volta insegnare le basi tecniche di questo sport".

Sempre secondo il “Tano” Loffreda, come lo chiama con amicizia Norberto “Cacho” Mastrocola, è un bene che ci siano tanti centri di formazione che partono dai 16 anni e le Accademie ma il lavoro decisivo arriverebbe prima, dai 16 anni in su i ragazzi dovrebbero essere già formati ma "E' la passione - soprattutto da parte di chi insegna e si mette a disposizione degli altri - il segreto del successo. In Argentina c'è una enorme base amatoriale: persone che danno e basta, senza chiedere nulla in cambio" base amatoriale che in Argentina viene preparata adeguatamente e supportata in maniera altrettanto adeguata dalla Federazione che “consiglia, supporta, si confronta".

Chiudendo il cerchio e ritornando agli anni addietro il Loffreda ricorda come avessero deciso di puntare a fare le cose semplice perchè avendo studiato e conoscendo le potenzialità dei suoi ragazzi di inizio anni 2000 avevano deciso di “fissare un obiettivo preciso e niente di più ambizioso, perché un fallimento sarebbe stato terribile"

I risultati? Citiamo solo l’eclatante terzo posto del Mondiale 2007 in Francia.

Continuando a lavorare sui giovani e facendo propri i consigli di Graham Henry che chiedeva di fare le cose semplici e farle bene, di continuare a lavorare giorno dopo giorno per trovare le mille alternative e soluzioni che propone il rugby paragonato a una partita a scacchi. Ricordando che, però tutto parte dai più piccoli che devono imparare "Il duello. L'occupazione dello spazio. Il divertimento. L'appartenenza. Il dilettantismo".

La chiusura è interlocutoria, Loffreda riconosce che Stephen Aboud è un grande professionista forse il migliore per l’Italia ma se fosse solo lui ad andare nei club per parlare con educatori, allenatori sarebbe troppo poco.

Non ci resta che aspettare, il lavoro è già iniziato anche se ci sorge un dubbio, instillatoci da un amico, un dubbio del quale parleremo probabilmente a breve, ma il materiale umano a disposizione sarà sufficientemente di qualità o ci si dovrà accontentare di seconde scelte?

 

Foto Elena Barbini