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Oltre nove milioni di spettatori hanno guardato sabato sera Inghilterra-Francia sulla BBC. In Italia, per assistere a Italia-Galles, su Dmax si sono scomodati in 600 mila.  Il rapporto è di 16:1. Viceversa, gli Azzurri hanno realizzato poco meno della metà delle mete dell’Inghilterra, la squadra che ne ha messe a segno di più: 8-18. Sarà pure un confronto senza troppi elementi di scientificità, qualunque statistico lo boccerebbe, ma dice che l’Italia, sul campo, è molto più vicina alle avversarie rispetto alla sua immagine presso il pubblico e in televisione. Il rugby piace, è vero, attira consensi e simpatia. Ma se la Nazionale la segue un Italiano su cento, dove vogliamo andare?

Certo, se a trasmettere il Sei Nazioni fossero state la Rai o La7, canali che beneficiano di una notorietà e di una posizione sul telecomando ben diverse da Dmax forse i numeri sarebbero stati diversi. Ma allora bisogna chiedersi perché né la tv pubblica né altri network siano interessati al rugby e perché per trovarne uno disposto a comprare i diritti del Six Nations si sia dovuti risalire fino al canale 52 del digitale  terrestre, oltre le colonne d’Ercole psicologiche della doppia cifra.

Colpa dei risultati? Può darsi. Ma per veder vincere il tedesco Degenkolb alla Milano-Sanremo (da nove anni non c’è un italiano vincitore), domenica si sono messi davanti alla televisione in quasi due milioni. Vogliamo paragonare la popolarità del rugby con quella del ciclismo? No, non vogliamo. Per questo chiudiamo qui il discorso dell’audience e degli spettatori.

Cosa ha detto il Sei Nazioni 2015 dal punto di vista tecnico? Che tre squadre, in questo momento, sono superiori alle altre: Irlanda, Inghilterra e Galles. Che la Francia è la solita mina vagante, capace di fare tutto il contrario di tutto, compreso segnare cinque mete a Twickenham subendone sette. E che l’Italia non è ultima, con buona pace di chi continua a chiederci cosa abbiamo portato al torneo. Bene si faccia pure il play off con la Georgia (vincitrice del Sei Nazioni B): a Tbilisi ci andrà la Scozia. Negli ultimi quattro anni, solo una volta l’Italia è arrivata ultima (nel 2014), perché proprio su di noi si accentrano le critiche più feroci?

Gli allenatori: se Brunel piange, né Cotter né Saint-Andrè ridono.

La Scozia ha perso tutte le partite, in modo particolarmente drammatico (meta a pochi secondi dalla fine) quella con l’Italia, senza alibi né attenuanti quella con l’Irlanda, l’ultima giornata, quando molti pensavano a un’occasione di redenzione totale.  Gli scozzesi hanno molto da lavorare.

Quanto alla Francia, Saint-André non si schioda da una percentuale di successi vicina al 40%: è la peggiore nella storia dell’Equipe de France.

All’Italia come in passato è mancata continuità e consistenza: una partita bene, due male. E soprattutto la squadra soffre gli infortuni: Zanni, Favaro, Campagnaro, Haimona.

Gli Azzurri sono passati dal dominio in mischia e maul contro la Scozia al crollo contro la Francia. Mentre la difesa, che contro l’Irlanda era stata efficace e puntuale fino al giallo di Ghiraldini (due mete in inferiorità numerica), nel secondo tempo col Galles ha concesso sette mete. “Inesplicabile”, ha detto Brunel. Ma se l’allenatore giudica inspiegabile il comportamento della sua squadra qualche problema di strategia evidentemente c’è.

Dal Sei Nazioni, quantomeno, il gruppo per il  Mondiale pare uscire chiaro.

In prima linea: Aguero, Rizzo, De Marchi, Castrogiovanni, Ghiraldini, Manici e Giazzon. Con Cittadini riserva non viaggiante, tanto sarà già in Inghilterra.

Seconde linee: Biagi, Furno, Bortolami e Geldenhuys

Terze linee: Parisse, Minto, Bergamasco, Vunisa, Favaro (?), Zanni (?) – alternative: Barbieri e Barbini

Totale 17 avanti

Mediani di mischia: Gori, Palazzani, Violi

Aperture: Haimona, Allan, Orquera

Centri: Bacchin, Masi, Campagnaro, Morisi (alternativa Garcia)

Ali, estremi: Mc Lean, Sarto, Venditti, Visentin

Totale: 14 trequarti

Sono gli uomini che Brunel in Inghilterra. Con che strategia di gioco? E’ questo che nei prossimi tre mesi, speriamo di imparare.

Di Gianluca Barca - Allrugby mensile

 

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Foto Elena Barbini

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