VINCENTI - quelli del rugby con le ruote: storie di sport e di vita

Grazie alle bellissime immagini di Elena Barbini e ai testi di Giorgio Sbrocco, che raccoglie in maniera mirabile le esperienze di vita e di sport di questi atleti, abbiamo un libro stupendo che ci racconta di un rugby "parallelo" ma altrettanto nobile e affascinante nel quale non mancano assolutamente il contatto fisico e la voglia di battere l'avversario in campo quasi fosse la metafora delle difficoltà che questi "ragazzi" hanno dovuto superare nella vita di tutti i giorni.
Attraverso immagini di alto pregio fotografico ed interviste individuali e di gruppo, si raccolgono testimonianze di vita e sport da atleti del rugby paralimpico nazionale, mettendo in luce gli aspetti ed i valori motivazionali, emozionali e di condivisione che la pratica di tale disciplina consente. Alcune pagine divulgative sono dedicate alla storia, agli aspetti tecnico-agonistici ed alle modalità di classificazione relative alla disciplina.
La finalità è la diffusione della pratica sportiva del rugby in carrozzina paralimpico e raccolta di fondi da destinarsi a iniziative di promozione e attività del movimento nazionale.
Inseriamo qui di seguito un estratto del bell'articolo pubblicato da Elvis Lucchese nel Veneto Blog sul Corriere del Veneto
Vincenti. Quelli del rugby con le ruote. Sport di storie e di vita (Piazza Editore, 192 pagg. con traduzioni in inglese, 20 euro) verrà presentato mercoledì 5 novembre alle 18,30 presso la sede del Petrarca Padova, alla Guizza. Per gentile concessione pubblichiamo qui un estratto del libro, il ritratto dellatleta veronese Alberto Danzi. Le foto in questo post sono di Elena Barbini.
«Rimettermi in piedi. Non so se accetterei»
La barba è di qualche giorno ma curata, capello sotto i due centimetri con un accenno di striature. Colore dominante: il nero. T-shirt, pantaloni, scarpe e carrozzina. Forse anche gli occhi, a meno che non sia leffetto perverso di un tramonto estivo. Si chiama Alberto, ha 26 anni. Lo sguardo dice: non chiedere, non sforzarti di trovare le parole. So già cosa vuoi sapere, te lo racconto.
«Lultima volta che ricordo di essere stato sui miei piedi? Avevo poco più di due anni, erano le dieci di sera. Saltellavo felice sul sedile posteriore della Bianchina di mio nonno che era alla guida. Accanto a lui la nonna. Forse canticchiavo. Eravamo in coda a un semaforo. La voce di mia nonna che mi ordina di mettermi a sedere è lultimo ricordo che ho di lei. Quando lauto ci investì era appena riuscita a prendermi in braccio ed era quasi fuori dallauto. Limpatto la uccise sul colpo. Mi trovarono a una decina di metri, di distanza che piangevo immerso fino alle spalle nelle acque fetide di un canale di scolo. Ero lunico sopravvissuto. Anche il nonno era morto schiacciato nellimpatto».
«Vuoi sapere come vivo e come ho vissuto?», chiude anticipando ancora una volta la domanda che avevo in animo di porre. «Bene. Non male. Insomma: non vorrei che la prendessi come una forzatura però ». Palpebre abbassate, reclina leggermente il capo verso destra, inspira profondamente: «Insomma: se un giorno la scienza dovesse scoprire il modo di rimettermi in piedi, non so se accetterei. Non credo che ». Un altro respiro profondo, ma stavolta gli occhi sono spalancati e trasmettono entusiasmo. «Anzi, ne sono certo; rifiuterei! Questa è la mia vita e non la cambio. Mi piace comè».
Quando? MERCOLEDI' 5 NOVEMBRE ore 18.30 presso la sede del PETRARCA PADOVA alla Guizza