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Rugby fa rima con storia. E la storia – per antonomasia - è già scritta: per ri-scriverla bisogna rivoluzionare. E questo Novembre, finora, è stato in parte un capovolgimento di equilibri preimpostati da anni, dalla storia appunto. Ecco il punto della situazione dopo le prime partite del novembre internazionale.

 

IL BUCO NELLA RETE

Un Irlanda che batte gli All Blacks apre scenari che non si vedevano dallo strabiliante Giappone, rimasto nella memoria di tifosi e non. E se i danzatori della Haka sono riusciti a imporsi nel ritorno, impedendo ai folletti di Dublino di non finalizzare neanche una meta, la debaclè di Chicago ha mostrato i punti deboli di una squadra che inizia a esporsi: una formidabile Irlanda capisce la necessità di bloccare il gioco veloce in apertura, e le guardie impreparate neozelandesi iniziano ad andare nel pallone.

 

LA CRISI

Nel pallone (ovale) non ci va solo la Nuova Zelanda, ma anche il SudAfrica. La crisi degli Springboks inizia a farsi sentire sempre di più, fino alle parole di qualche giorno fa del comitato tecnico: è il peggior momento nella nostra storia sportiva’. Senza nulla togliere a un'Italia di cui parleremo di seguito, una sconfitta contro gli Azzurri che nel ranking non sono neanche tra i primi dieci, è il piede di porco che scardina una situazione estremamente drammatica. La spirale in cui stanno cadendo gli Springboks, secondo la terza linea del Rovigo, è una perdita totale di fiducia’. La stessa che l'Italia ha accusato per diversi anni. La stessa che ha confermato il coach azzurro appena arrivato, con la famosa dichiarazione: 'vedo una grande negatività e una scarsa preparazione atletica degli azzurri'.

 

LA RINASCITA

Una preparazione che ora sembra davvero raggiunta, nonostante un'iniziale disfatta da parte dei neozelandesi, attutita dalla consapevolezza di giocare contro i maestri del gioco ovale. Un'Italia che nonostante ci avesse sempre messo il massimo, probabilmente non ci sperava più. Una rivoluzione, quella di O'Shea, che è partita dagli allenamenti. Restano le parole di Parisse, all'inizio della nuova stagione: ‘resto impressionato dal suo metodo di allenamento. Qualità altissima’. E come sempre nel rugby, la fortuna c'entra poco. La fatica e il sangue che si lascia sul campo, torna in forma di prestazioni altissime. E soprattutto, la parola magica: freschezza. Le paure di Brunel di mettere in campo giocatori ancora ‘crudi’ vengono scacciate, come il buio di fronte ad un sole di mezzogiorno, da un Conor che passa giornate intere a mostrare filmati degli avversari. Minto stesso conferma, ‘sapevamo tutto di loro. Avevamo visto ogni loro partita, e immaginavamo ogni loro cambio di direzione’.

 

C'E' SEMPRE DA MIGLIORARE

Di altissimo livello restano l'Argentina e la Scozia. Conferme di un gioco dinamico, veloce, agli standard elevati su cui viaggiano. Con la necessità però di quel quid in più per dare uno stacco decisivo: ‘non siamo abituati a giocare al piede purtroppo – ammette il capitano dei Pumas Agustín Creevy -  ma è qualcosa che dovremo sviluppare’. D'altro canto gli scozzesi necessitano di una maggiore efficacia negli offload, finalizzazioni ultime di un gioco già ben strutturato come si è visto contro i sudamericani, e in grado di racimolare importanti punti nella cornamusa. 

 

 

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Foto Elena Barbini