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Due giorni fa abbiamo pubblicato la notizia del ritorno in Italia di Luca Petillo, ex terza linea dell’Italia U20 che nel massimo campionato italiano aveva vestito le maglie di Lazio, Cavalieri Prato e Mogliano. Il romano classe ’89 dopo quattro anni all’estero si sposta a Piacenza sponda Lyons esordendo nel club neo promosso in Top12 con qualche dichiarazione tutt’altro che scontata: “Torno in Italia per inseguire un sogno, non ho mai giocato a rugby per soldi, ma perché sono malato di questo sport e non posso farne a meno.”
Noi di Rugbymeet abbiamo deciso di fare qualche domanda a Luca Petillo (1,87 m x 100 kg), un giocatore diventato famoso per i suoi placcaggi al limite del regolamento e che più di una volta gli sono costati delle concussion.

Hai passato le ultime 4 stagioni tra Inghilterra, Olanda e Francia. Che rugby si respira all’estero?
Ho giocato due anni in Inghilterra nella National One con Darlington, un rugby molto divertente con risultati sempre larghi! Li’ ho fatto il record, battuto qualche mese fa da Gray, di 38 placcaggi in una stessa partita. Ero sicuro che qualcuno prima o poi avrebbe superato il mio record… E’ stata una grande delusione, sono onesto!”

“Per quanto riguarda il rugby inglese ho capito che la grande differenza tra noi e loro è negli skills. Mai un allenamento fatto tanto per allenarsi, mai allenamenti senza toccare la palla, anche solo con esercizi semplici semplici, solo per avere più confidenza con il pallone. Da noi invece pensiamo ancora che uno é forte a giocare se fa 200 kg di squat e 150 kg di panca…"

“Poi sono andato un anno in Olanda per vivere un anno sabbatico. Faccio questa vita da quando ho 16 anni ed ero un pò stanco delle troppe delusioni. In Olanda il rugby e’ semiprofessionistico e lì ho ritrovato il gusto di giocare con gli amici, di giocare per divertirmi! Poi non sai che organizzazione di accademie hanno, una cosa incredibile considerando che e’ un paese rugbisticamente molto piccolo!

L’anno dopo sono andato in Francia, a Floirac, vicino Bordeaux, in Federal 2. Una squadra davvero forte con tanti giocatori di Super Rugby e PROD2 che, stanchi dell’alto livello, scendevano di categoria. In Francia si gioca un rugby più rude di quello inglese, più fisico, e quindi perfetto per me!”

Perché hai deciso di riavvicinarti a casa?
“Ho già 30 anni, questa è la mia occasione, ora o mai più! Mi sento bene, forte, maturo, convinto! La vita mi ha smussato molti angoli, ho avuto tempo di riflettere e di capire tante cose e ora voglio dimostrare che posso ancora farcela! Ringrazio i Lyons Piacenza per aver creduto in me e per avermi dato questa possibilità.”

In Italia eri famoso per i tuoi placcaggi “sgabello”… Hai modificato il tuo modo di placcare?
“Io non credo di avere grosse qualità, ne fisiche ne tecniche purtroppo. Ma credo di possedere una dote molto importante, qualcosa che non si può insegnare: so sacrificarmi, sono nato arrabbiato! Io gioco senza rispetto di me stesso e questo mi permette di spingermi oltre il limite. So che tutti quelli che hanno i calzini diversi dai miei devono andare giù, e ti dico calzini perché difficilmente guardo più su!”.
“In ogni caso so che per essere un giocatore di alto livello bisogna anche essere un giocatore intelligente, e i giocatori intelligenti non commettono falli. All’estero sono molto più tolleranti di noi nel gioco aggressivo, qui invece, a mio avviso, troppo spesso si confonde l’aggressivo con lo scorretto. In ogni caso é ovvio che presterò particolare attenzione a questo aspetto conscio della nomea che mi porto dietro.”


Credi che il tuo fisico, soprattutto l’altezza che nel rugby moderno è fondamentale in touche, ti abbia chiuso diverse porte nell’alto livello italiano?
Mi hanno sempre chiesto di spostarmi a tallonatore, e io, purtroppo, ho sempre risposto che avrei placcato così tanto da sopperire alla mancanza di centimetri. Di placcaggi ne ho fatti parecchi effettivamente, però non è bastato. E questo non mi da pace, andarci vicino conta solo a bocce. Il fatto è che quando hai una visione tanto forte di te stesso, in questo caso di me terza linea, non è facile adeguarsi e modificarla. Tornando indietro farei qualunque cosa per poter giocare con la maglia della mia nazione.”

Obbiettivi per il futuro? Ci è sembrato di capire che il tuo sogno è giocare per le Zebre.
“Qualche giorno fa ho fatto 30 anni e ho scritto una cosa alla quale credo molto: sono nato per questo, sono nato per giocare a rugby! E finché il mio cuore mi darà la forza di provarci io continuerò a provare, continuerò a fallire magari, a fallire meglio. Magari non arriverà lo stesso, ma d’altronde si sa, le cause perse sono le uniche per cui valga davvero la pena lottare!”

 

 

 

Foto Daniela Pasquetti