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“L’Italia ha i suoi bravissimi tecnici e credo abbiano chiaro il percorso da seguire. Io sono qui, senza voler fare ombra a chiunque, dico che se mi chiederanno un consiglio sarò orgoglioso di poterlo dare. Ma non succederà”

di Valerio Vecchiarelli

Articolo pubblicato su Allrugby di luglio 2019, numero 138

 

Continua a dispensare consigli e a disegnare strategie alle mischie avversarie, va in casa del nemico per costruire fortezze inespugnabili, spesso vince la sua sfida personale e poi torna a casa, in riva al Tirreno a Lavinio, con l’obiettivo di mettere la barca in acqua e andar per mare, perché alla fine Maus Cuttitta si è stancato di viaggiare, lui che da 20 anni è in giro per il mondo a predicare l’arte della mischia.   Un decennio in Scozia, puntello fondamentale del progetto di ricostruzione del rugby del cardo, quattro commissari tecnici in successione e lui sempre lì, a viaggiare tra Glasgow ed Edimburgo, a plasmare i giovani piloni delle accademie, a lavorare sodo in Nazionale: “Dieci anni sono tanti – racconta Maus – e come sempre accade alla fine i cerchi si chiudono e i cicli finiscono. Ma è stata una grande esperienza e in Scozia credo di aver lasciato il segno; ho visto un progetto sbocciare e ho fatto in tempo a raccoglie- re i frutti di un lavoro pazzesco. La mia soddisfazione più grande? Essere andato tre volte in Argentina con la Scozia e mai aver perso a casa dei maestri della mischia. Lì credo di aver guadagnato il rispetto che sempre mi ha concesso lo staff scozzese”.

Poi un’apparizione in Romania prima della fuga dello staff tecnico al completo, quindi l’ultima chiamata arrivata dal Canada, prossimo avversario dell’Italia in Giappone. “Avevano un’ultima possibilità di qualificarsi dopo   aver perso gli spareggi con Uruguay e Usa. Si sentiva- no vulnerabili e avevano il timore di non guadagna- re quel posto in Coppa del Mondo che il Canada ha sempre avuto. Mi hanno chiesto di dare un’identità alla mischia in vista del barrage definitivo in programma a Marsiglia contro Kenya, Germania e Hong Kong con un solo posto in palio. Ho accettato la sfida, ho raggiunto il gruppo e ho trovato tanto, tantissimo, la- voro da fare. L’ambiente è esaltante, tutti ragazzi con una enorme voglia di mettersi in gioco, ma le risorse sono limitatissime e il professionismo che si vive nei paesi rugbisticamente evoluti lì è distante anni luce. Ho visto, però, lo spirito giusto, quello di chi ha fame di apprendere, di mettersi in gioco, mi è sembrato di tornare indietro nel tempo e rivivere la mia Italia, quella di Coste, quella che doveva guadagnarsi ogni centimetro di considerazione internazionale in campo ed era disposta a tutto pur di farlo. Il particolare che più mi ha colpito era la sfiducia che i ragazzi aveva- no nei propri mezzi, continuavano a dirmi che fisica- mente non potevano giocarsela con le superpotenze mondiali e allora li ho messi sulla bilancia e gli ho fatto notare il peso del pack titolare: oltre 930 chili! Era una questione mentale e da lì siamo partiti”.   “Per accettare la sfida ho preteso garanzie: massima disponibilità a lavorare senza orari, volevo 24 giocatori a mia disposizione a qualsiasi ora del giorno, perché così si può costruire una mischia vincente. Nessuno si è tirato indietro, cominciavamo alle 6 di mattina con l’analisi video dei fondamentali di mischia, poi palestra, lavoro individuale, lavoro collettivo e pian piano si sono fatti passi avanti. Così è cresciuta l’autostima e di pari passo l’entusiasmo, la mischia è diventata il punto di forza dei Canucks e il barrage è stato vinto senza troppi problemi. E non era così scontato, perché paesi come Germania e Hong Kong stanno lavorando per scalare posizioni, i tedeschi si sono affidati all’inglese Ford, il padre dell’apertura della Nazionale, gli orientali hanno guadagnato punti nel ranking (22°, ndr) e sono molto aperti ad ascoltare il verbo portato dai profeti del Sud Pacifico. Ecco perché il risultato è stato gratificante e in poco tempo abbiamo messo insieme una squadra competitiva”.  

E adesso al Mondiale l’Italia incrocerà il Canada sulla propria strada... “Le distanze sono ancora molte, ma attenzione perché adesso i canadesi staranno insie- me tre mesi e ho visto che loro non hanno paura di lavorare e insieme migliorano moltissimo”. Con Maus Cuttitta a fare ancora una volta l’infiltrato in casa del nemico? “No, purtroppo no. Hanno provato in tutte le maniere a convincermi ad andare in ritiro con loro, ma purtroppo per una mia situazione per- sonale non posso stare lontano da casa per 3 mesi di fila. Non potendo garantire una presenza così lunga ho preferito declinare l’invito, anche se ancora oggi   Il peso delle mischie nel girone degli Azzurri   mi chiedono di dargli una mano. Vuol dire che finalmente per una volta non sarò avversario dell’Italia”. Allora guardiamo il girone da spettatori neutrali, senza coinvolgimenti emotivi: “Impossibile, perché sono italiano e per l’Italia ho dato un pezzo della mia vita. Spero che il lavoro che si è impostato possa dare i suoi frutti. Se c’è una cosa che posso osservare dopo anni di esperienza, posso dire che nell’era della super specializzazione non può più esistere la figura di un solo tecnico degli avanti. Non si può lavorare individualmente sulla mischia chiusa, collettivamente sul gioco del pack e curare la touche. Oggi è impossibile e io mai accetterei un incarico del genere, perché andrebbe a influenzare la qualità del lavoro”.

Cosa farai durante il Mondiale? “Quello che faccio da anni, insegnerò a chi vuole l’arte della mischia. D’altronde dopo 20 anni sul campo, qualcosa penso di averlo imparato”. E comunque finiamo come è finita ogni intervista a Maus Cuttitta negli ultimi anni: Nemo profeta in patria! “È andata così, ma non ho alcun rancore. L’Italia ha i suoi bravissimi tecnici e credo abbiano chiaro il percorso da seguire. Io sono qui, senza voler fare ombra a chiunque, dico che se mi chiederanno un consiglio sarò orgoglioso di poterlo dare. Ma non succederà”.     

 

 

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