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Ma sì, dai! Parliamo dell’arbitro e della sesquipedale cappellata che ha impedito alla Nuova Zelanda di prevalere sui British & Irish Lions al termine di una delle Serie più combattute e, in definitiva, più belle della storia recente delle sfide fra Nord e Sud dell’equatore.

La storia è ormai consegnata agli annali: minuto 78’ squadre sul 15-15, calcio d’invio All Blacks verso destra, duello aereo fra il n.8 di casa Kieran Read e il ricevitore incaricato in maglia rossa. Il nero vince la contesa aerea e smanaccia la palla all’indietro. Palla che finisce fra le mani di un altro rosso accorrente in evidente posizione irregolare, essendo davanti al suo compagno di squadra. Probabilmente realizzando di trovarsi in una posizione che il regolamento cataloga fra quelle non legali, da cui, tanto per intenderci, risulta vietato giocare, lo sfortunato tenta, dopo avercele messe sopra, di ritrarre le mani dall’attrezzo e ci riesce. In parte. La palla diventata, in forza di una tale azione, libera e vagante, viene raccolta da un altro “tutto nero” accorrente. La cui potenziale progressione, però, viene interrotta dal fischio del direttore di gara. Il quale, fermato il gioco, ne ordina la ripresa con un calcio di punizione a favore della Nuova Zelanda.

Fin qui tutto bene. Tranne due particolari:

-          Il n. 8 NZ, sull’azione generata dal calcio d’invio, si trova in posizione (molto) dubbia rispetto al  suo calciatore e, al momento in cui il piede di questi impatta l’ovale, pare (pare! Non ero lì, l’ho vista da casa) trovarsi davanti alla stessa.

-          Suscita qualche dubbio (non sospetto, sia chiaro), la tempistica del fischio sul rilevato fuori gioco Lions successivo alla messa in libertà del pallone al suolo operata da rosso in fuori gioco. Perché tanta fretta? Una sola la risposta plausibile: perché l’illegalità Lions era di tale evidenza che, a meno di 2’ dalla fine di una Serie a tutti gli effetti storica, era parso atto dovuto l’intervento sanzionatorio immediato.

A questo punto non resta che da annotare quella che, probabilmente, sarà la decisione che costerà al fischietto francese Poite, carriera e considerazione internazionale, e non solo fuori dai confini dell’Europa: la (scellerata per chi scrive) decisione di ricorrere al Tmo. Per chiedere, non già lumi sulla posizione di partenza del n.8 neozelandese (la cui irregolarità, se confermata, avrebbe fatto riprendere il gioco con una mischia sui 50 metri a favore degli rossi e, soprattutto, avrebbe messo a tacere qualsiasi polemica), quanto sulle effettive intenzioni del n.16 Ken Owens una volta venuto a contatto col pallone.

 

Da archiviare alla voce “momenti celebri” il briefing del direttore di gara con i due capitani. “Stiamo cercando di capire (we have a dial) se il n.16 ha commesso fuorigioco volontario o accidentale” riferisce Poite. A quel punto il capitano dei B&I Sam Warburton (laurea honoris causa in mediazione internazionale, altro che H. Kissinger!), in versione fratelli Marx ha il coraggio di domandare: “16 nero o 16 rosso?”. Sentendosi rispondere: “Rosso” senza alcun commento accessorio. Neanche un vaffa appena accennato.

 

La storia ci dice che l’arcano è stato risolto riconoscendo al 16 (rosso!) il beneficio del dubbio. Che, come è noto, almeno nei tribunali, lavora a favore del colpevole.

In sede di primi commenti, qualcuno è andato subito con la memoria alla porcata perpetrata ai danni della Scozia (contro l’Australia) all’ultimo Mondiale. Precedente non significativo. In quel caso lo scozzese NON era in fuori gioco. La differenza non è di poco conto.

Concludendo, ed è la parte non solo meno nobile ma decisamente “torbida” (nel senso di poco chiara, non trasparente) dell’intera vicenda, rimangono alcune note a margine che non possono essere taciute:

La più (tristemente) significativa riguarda il sacro e inviolabile comandamento secondo cui (fino a oggi) “le decisioni arbitrali sul campo non si contestano ma si rispettano”, che è andato a p**** (beato lui, dirà qualcuno. Come dargli torto?). Infatti, i B&I tornano dagli antipodi con la verginità conservata e la Serie chiusa in parità, solo perché un paio di loro ha messo in discussione la decisione presa dall’uomo con il fischietto. Non l’avessero fatto e avessero applicato alla lettera il sacro dogma dell’infallibilità dello zufolatore, saremmo qui a raccontare un’altra storia. Aspettiamoci emuli di ogni livello e colore (la gamma è quella della della vergogna).

Ancora: la vittoria dei Rossi a Wellington (gara 2) e il pareggio decisivo di Auckland (gara 3) sono avvenuti con arbitri francesi a dirigere le operazioni. E questo dato non potrà non avere un peso sulla gestione “politica” del fatto.

 

Per concludere: visto che sul campo è finita in pareggio, ci assumiamo l’onere di indicare noi il vero vincitore del Tour. Esso è il gruppo dei 20 mila (20 mila!) supporter dei B&I che hanno partecipato al viaggio. Davvero riduttivo includerli nella categoria dei semplici tifosi al seguito. Anche perché, come ha recentemente spiegato Vittorio Munari, che di Nuova Zelanda (e di strutture ricettive) se ne intende: “In tutta la Nuova Zelanda 20 mila letti da affittare, semplicemente non ci sono”. Chissà dove avranno dormito, quindi. Dal momento che per quanto riguarda birra e spirits, problemi non dovrebbero averne avuti. 

Davvero leonini! Complimenti.

 

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Foto Twitter @AllBlacks