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Giuseppe “Beppe” Artuso ha condotto l’under 18 del Petrarca alla conquista del titolo italiano di categoria, riportando nella bacheca del centro sportivo intitolato a Memo Geremia un trofeo che mancava da molte stagioni. Al suo fianco Rocco Nardo, ex compagno di squadra e indimenticato estremo del Petrarca degli scudetti firmati Vittorio Munari.

  • Contento?
    Molto. Del successo e di come è stato costruito e vissuto dai ragazzi. Mi riferisco all’intero anno di lavoro.
  • Un titolo arrivato al termine di una finale tiratissima ed estremamente equilibrata (8-5 sulla Capitolina Roma sul neutro di Prato), forse non bellissima…
    Contro una formazione che arrivava per la terza volta consecutiva alla sfida decisiva della stagione forte di ottime individualità e di una collaudata organizzazione di gioco. Abbiamo vinto meritatamente, risultando superiori per possesso e occupazione, difendendo molto bene e placcando con una continuità e una regolarità che raramente si vedono a questi livelli di età. Purtroppo abbiamo sprecato almeno tre occasioni limpide oltre la difesa, buttando letteralmente via la palla e consentendo ai nostri avversari di salvarsi. Una meta, mi dicono i ragazzi, l’avevamo anche segnata ma l’arbitro non ce l’ha concessa. Arbitro, tengo a sottolineare, che ha diretto in maniera perfetta la gara e sull’operato del quale non mi sento di avanzare alcuna riserva. 
  • Partita corretta ma molto nervosa…
    Come era lecito e scontato prevedere. Noi abbiamo sicuramente pagato l’impatto psicologico dell’evento, l’importanza della partita, i titoli di merito e il rango dei nostri avversari. Non ci siamo espressi sui nostri abituali livelli di rendimento. Se l’avessimo fatto avremmo chiuso i conti molto prima, già nel prima parte della gara. Abbiamo commesso errori che nel corso dell’intero campionato avrò visto commettere non più di due o tre volte, ma che nella partita più importante dell’anno sono stati in numero davvero troppo elevato. Penso a tutte quelle rimesse laterali pasticciate o perse. Giocare anche contro le proprie paure non è facile. Aver vinto anche senza brillare è un titolo di merito. Una lezione salutare in tema di maturità da acquisire.
  • A proposito di annata, che campionato è stato?
    Direi di un livello complessivamente molto buono. Nella prima fase abbiamo incontrato squadre come Rovigo, Benetton e Mogliano che ci hanno dato battaglia e che si sono espresse su ottimi livelli per qualità di gioco e intensità. Nel raggruppamento finale ho visto un Asr Milano molto dotato e ben disposto al gioco, contro cui abbiamo perso l’ultima partita.
  • È favorevole o contrario all’istituzione di un campionato u20 di club?
    Al 100 per cento favorevole, lo sostengo da anni. I ragazzi che escono da Centri di formazione e che non prendono la strada dell’Accademia dovrebbero avere un campionato loro dedicato dove poter completare percorso di formazione.
  • Un campionato u20  con quale formula?
    Penso a un campionato dell’obbligo che imponga alle formazioni di Eccellenza di avere una loro rappresentativa u20 che giochi con i pari età delle altre partecipanti al campionato. In pratica un’Eccellenza parallela riservata ai giovani prospetti, a 10 o 12 squadre, stessa formula, stesso calendario. Si gioca in orari diversi rispetto alla prima squadra, le prime 4 della stagione regolare accedono ai play off, doppie semifinali  e finale in casa della meglio classificata.
  • E se un club non fosse in grado di schierare una sua u20?
    Si da da fare per allestirla. Altrimenti non fa l’Eccellenza.
  • Del gruppo del Petrarca u18 campione d’Italia, quanti passeranno in prima squadra nella stagione 2017-2018?
    In base a quanto ho visto, direi che un paio sono già pronti per l’Eccellenza. Dietro a loro c’è un gruppetto di 12 elementi che troveranno spazio nella squadra Cadetta in serie A. La serie A potrebbe diventare il vero campionato di formazione per il rugby di club.

 

Foto Elena Barbini