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Ricordate le tanto osannate 40 e passa fasi irlandesi finalizzate dal drop di Jonny Sexton che regalarono ai Verdi la vittoria a Parigi nella prima giornata? Ecco la sensazione è che proprio su quella incredibile capacità di reggere le bordate dei percussori avversari, la Francia abbia costruito le fondamenta dello splendido ed esaltante successo sugli inglesi.

Contro l'Irlanda l'intensità difensiva mostrata dagli uomini di Brunel non appena gli avversari superarono la metà campo obbligò Sexton ad inventarsi un drop da oltre 40 metri a tempo scaduto. Chapeu alla stella del Leinster ma 10 e lode all'organizzazione difensiva transalpina. 

Contro l'Inghilterra la stessa intensità ha prevenuto la capitolazione nel primo, massacrante, quarto di gara nel quale Itoje, Lawes, Vunipola, Launchbury  e compagni hanno provato senza sosta ad imporre il proprio sigillo sul match. Senza riuscirci.

 

Come si può spiegare altrimenti il successo di una squadra che ha perso, a livello statistico, tanto in termini di possesso quanto di territorio, senza riferimenti sulle fasi statiche (solo il 66% di successo in mischia ordinata e addirittura il 54% in rimessa laterale) e con una sola maul, peraltro persa, in 80 minuti di rugby giocato, contro le 7 (100% di successo) avversarie?

 

Semplice: con un incredibile 95% di efficacia al placcaggio su una base di 150 interventi (soli sette gli errori in totale), una ruck praticamente perfetta (98% di efficacia sulle 106 giocate), sfruttando l'imprecisione, la prevedibilità e soprattutto l'indisciplina inglese (15 i calci di punizione regalati da Farrell e compagni contro gli 11 francesi). 

Il resto lo ha fatto il vecchio, sagace, Jacques Brunel, bravo (e fortunato) ad attendere pazientemente che Slimani lavorasse i suoi minuti di campo, nonostante la chiara sofferenza in mischia ordinata contro Vunipola, intelligente nella semplicità del tappare la gigantesca falla apertasi in rimessa laterale a metà e fondo schieramento (i primi tre lanci del match rubati dagli inglesi) con le solide mani di Tauleigne sul primo blocco.

L'ultimo, fondamentale, ingrediente del cocktail letale offerto dai francesi ai campioni in carica si chiama spirito di sacrificio. Quello che Guirado e soci, semplicemente encomiabili per attenzione difensiva e intensità, hanno dispensato per oltre ottanta minuti di buon rugby (incredibile il carico di lavoro di Gabrillagues e Tauleigne) agli 80mila dello Stade de France. Perchè alla fine l'Inghilterra i suoi mismatch in giro per il campo li ha generati come sempre, solo che, questa volta, i difensori francesi non hanno mai perso la sfida nell'uno contro uno.

Quattro le azioni che, su tutte, riassumono al meglio la partita dello Stade de France:

 

  1. al 29' Grosso "pulisce" Lawes spedendolo lontano 2 metri dal pallone. E' un chiaro messaggio a tutti gli inglesi: altro che passeggiata, sarà una dura e lunga serata,
  2. non passano cinque minuti e Machenaud sbaglia una liberazione, May raccoglie al volo e corre la verticale puntando diritto la linea di meta francese a tutta velocità, salvo trovarsi ancora il mediano di mischia del Racing pronto ad un grande intervento individuale,
  3. la prima azione del secondo tempo è un macigno che frana sulle sicurezze inglesi: al secondo minuto di gioco Simmonds conquista un calcio di punizione che Farrell spedisce a 15 metri dalla linea di meta francese. Launchbury a due mani innesta la solita logorante maul che è però ben contenuta dagli avanti transalpini. La palla quindi trova aria al largo ma i percussori inglesi, puntualmente raddoppiati, non avanzano e così, dopo due minuti di martellamento, la Francia si assicura con Bastareaud un calcio di punizione per tenuto di Vunipola che allevia la pressione e porta l'inerzia del match definitivamente dalla parte francese,
  4. a dieci minuti dalla fine, con gli inglesi alla disperata ricerca della meta, un doppio intervento decisivo di Doumayrou a ridosso dei 22mt francesi prima su May e poi su Lawes, nel giro di 10 secondi previene una marcatura che pare scontata. La meta arriverà tre minuti più tardi ma proprio quei tre minuti di "ritardo" risulteranno, a conti fatti, decisivi.

 

I SINGOLI

I MIGLIORI

Grosso: semplicemente elettrizzante. La Francia Champagne ri-vista a sorpresa per brevi tratti a Saint Denis nasce soprattutto dalle sue giocate, dalla sua astuzia, dalle sue accelerazioni e dalla innata voglia di cercare sempre e in qualunque modo la linea del vantaggio.

L'asse Doumayrou-Bastareaud: la Francia non crolla nei primi 40 minuti di gara e cresce nel secondo tempo spinta dal suo centrocampo che non si limita solo a contenere (alla grande) le percussioni verticali inglesi, ma riesce anche a creare numerose superiorità numeriche al largo costringendo Teo'o e Farrell prima, e Joseph poi, alla guardia sullo stretto. Bastareaud è una presenza silenziosa ma costante e determinante nell'equilibrio della manovra. Tanto in attacco quanto, soprattutto, in copertura. 

Trinh-Duc: un dieci d'ordine che è anche un difensore superbo. Zero numeri da circo in attacco e nessuna sbavatura. Fa sorridere ma lui e Bastareaud, oggi due umili anti-eroi ben diversi dai giorni della loro gioventù, per maturità e determinazione sono i protagonisti della ritrovata serenità della linea arretrata francese. 

Menzione (positiva) speciale per Farrell: capitano di giornata. Non sbaglia niente. Ma proprio niente. Anche nei momenti di maggiore difficoltà fa quello che deve. Al piede è semplicemente meraviglioso, tanto dalla piazzola quanto (soprattutto) trovando rimesse impossibili da distanze siderali. Un giocatore pazzesco.

I PEGGIORI

Eddie Jones: vittima della sua voglia di "farsi vedere", sempre e comunque. Con il ritorno di Daly, pur di tenere in campo May, sposta Watson a estremo e la scelta di rinunciare a Brown per la visita a Saint Denis non si rileva una mossa vincente. Anzi. Il disastro però il tecnico australiano lo firma con i cambi: inopportuni per timing (Joseph al 59', Wigglesworth e Brown addirittura al 67'), inadeguati per selezione. E la vecchia volpe Brunel ringrazia.  

Danny Care: giornataccia per il mediano degli Harlequins, tanto in attacco quanto in difesa. Machenaud è un ombra che non gli fa vedere un pallone che è uno e il martellare delle terze francesi lo costringono agli straordinari. E' chiaro che le scelte alle quale è costretto dal pieno di gioco inglese non sono nelle "sue corde" ma l'incapacità di adattarsi alle difficoltà offerte dal match ne mettono a nudo i limiti.

Menzione (negativa) speciale per Beauxis: quella liberazione che non trova l'out a tempo scaduto rischia di costare carissimo alla Francia. Una montagna di talento, fragile come un bicchiere di cristallo.

 

Di Enrico Borra