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Verrebbe da dire “non è tutto oro quello che luccica”, già perché questa volta a fare il passo falso non è, o meglio..non solo, la Federazione Italiana Rugby bensì i blasonati della Rugby Football Union.

Dalle pagine del The Guardian infatti possiamo leggere uno stralcio di quello che è il movimento britannico non appena "girato l’angolo" della Premiership.

Ben Hooper pilone inglese, fratello del più famoso Stuart Hooper capitano del Bath Rugby ritiratosi quest'anno per infortunio, ha sollevato il coperchio sui problemi del Championship, seconda divisione inglese. Possiamo tranquillamente affermare che la Premiership sta al nostro Pro12 come il Championship sta alla nostra Eccellenza.

Dalle parole del prima linea inglese scopriamo quello che molto comunemente accade ai nostri ragazzi di Eccellenza. Contratti ambigui con mensilità arretrate, contratti a 11 mesi perché nel mese di giugno non si gioca, copertura sanitaria pressoché assente o addirittura a carico del giocatore, e questi sono solo alcuni degli esempi citati da Hooper.

Qualcuno potrebbe dire niente di nuovo, sopratutto dalle nostre parti, dove molti, moltissimi ragazzi investono il loro tempo come dei professionisti senza avere la benchè minima garanzia verso il proprio futuro.

Le associazioni di categoria, in Inghilterra la RPA, qui in Italia i nostri amici di G.I.R.A. confessano e ribadiscono più volte le difficoltà nel sostenere una categoria, quella dei giocatori e soprattutto quelli fuori dal giro della Nazionale, a cui viene richiesto un impegno da professionismo senza però ricambiare con contratti e coperture adeguati.

Un Club di Championship percepisce dalla RFU circa 530.000 sterline/anno (circa 685.000 euro al cambio attuale) e con questo budget non riesce a sostenere un campionato professionistico come avviene invece in Premiership. I giocatori ovviamente non vogliono avere i pari diritti dei cugini della Premiership, ovviamente maggiormente stipendiati e tutelati per via della loro maggior caratura tecnica, ma chiedono un contratto base coperto da fondi federali e tutela sanitaria base che permetta loro di uscire dal tunnel dello sfruttamento della persona.

Da turista a volte si compie l’errore, sopratutto nelle grandi città con affascinanti skyliner, di guardare per troppo tempo in alto, poi ad un certo punto eccolo li, il nostro porta fortuna sotto al piede, quello che a fatica riesci a toglierlo... Ecco proprio quello è il futuro del rugby nostrano e non credo sia il caso di schiacciarlo.