Fir e altre 7 federazioni all’attacco dell’R360: "Chi gioca perde le nazionali"
Prima dura risposta ufficiale alla lega dei ribelli

«Ciascuna delle federazioni nazionali, pertanto, informerà i giocatori e le giocatrici che la partecipazione a R360 li renderebbe ineleggibili per la selezione nelle rispettive squadre nazionali». Il veleno è sempre nella coda. Questa è la coda del comunicato congiunto emesso dalle Federazioni nazionali di Nuova Zelanda, Australia, Sudafrica, Irlanda, Inghilterra, Scozia, Francia e Italia (FIR).
La Rebel League all'angolo, le federazioni reagiscono con fermezza
È la prima reazione ufficiale al progetto della cosiddetta Rebel League (R360) che minaccia gli assetti mondiali del rugby, con il progetto di 8 franchigie maschili e 4 femminili che si sfidano in giro per il mondo stile Gran Premio di Formula 1. In giornata già l’Irpa, il sindacato giocatori, aveva emesso un comunicato nel quale si diceva che «la competizione e i relativi contratti con i giocatori non sono approvati dall’Irpa o dai suoi membri e che i riferimenti all’Irpa all’interno di qualsiasi contratto non sono autorizzati».
Ora l’intervento di 8 delle 10 federazioni principali (mancano solo Galles e Argentina). Un uno-due pugilistico destinato a mettere ko il progetto R360, in attesa di quanto dirà World Rugby. Ecco il testo del comunicato.
Il comunicato
“In quanto gruppo di federazioni rugbistiche nazionali, invitiamo alla massima cautela i giocatori e i membri degli staff tecnici che stanno valutando la possibilità di unirsi alla competizione proposta da R360. Accogliamo con favore nuovi investimenti e innovazioni nel rugby, e sosteniamo le idee che possono aiutare il gioco a evolversi e a raggiungere nuovi pubblici; tuttavia, qualsiasi nuova competizione deve rafforzare lo sport nel suo insieme, non frammentarlo o indebolirlo.Tra i nostri compiti come federazioni nazionali c’è quello di adottare una visione d’insieme nei confronti delle nuove proposte e valutarne l’impatto su diversi aspetti, incluso se esse contribuiscano all’ecosistema globale del rugby — di cui tutti siamo responsabili — oppure se rappresentino un elemento negativo per il gioco. R360 non ci ha fornito alcuna indicazione su come intenda gestire la tutela della salute dei giocatori, su come gli atleti potrebbero continuare a perseguire il sogno di rappresentare il proprio Paese, né su come la competizione possa coesistere con i calendari internazionali e nazionali, frutto di anni di negoziati sia per il rugby maschile che per quello femminile.
Il modello R360, per come è stato presentato pubblicamente, sembra piuttosto concepito per generare profitti destinati a un’élite molto ristretta, rischiando di svuotare gli investimenti che le federazioni nazionali e i campionati esistenti dedicano al rugby di base, alla formazione dei giocatori e ai percorsi di crescita. Il rugby internazionale e le nostre principali competizioni restano il motore economico e culturale che sostiene ogni livello del gioco — dalla partecipazione di base alle prestazioni d’élite. Indebolire questo ecosistema potrebbe arrecare un danno enorme alla salute del nostro sport.
Tutte queste questioni avrebbero dovuto essere discusse in modo collaborativo, ma i promotori della competizione proposta non hanno coinvolto né incontrato tutte le federazioni per spiegare e far comprendere meglio il proprio modello di business e di gestione. Ciascuna delle federazioni nazionali, pertanto, informerà i giocatori e le giocatrici che la partecipazione a R360 li renderebbe ineleggibili per la selezione nelle rispettive squadre nazionali.”