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Sotto Natale e al termine delle due giornate di Coppe Europee la stampa specializzata  britannica e quella francese attaccano nuovamente il rugby italiano mettendo in discussione la partecipazione di squadre italiane alla Champions Cup e al PRO12. Non ultima la richiesta/proposta di introdurre una sorta di retrocessione anche nel 6 Nazioni dove l’Italia dal 2000 non ha mai vinto più di 2 partite per torneo.

Insomma polemiche trite e ritrite nel corso degli anni che riaffiorano in caso di risultati poco convincenti delle italiane. Inutile nascondersi dietro un dito, Benetton ha fatto una gran magra figura contro lo Stade di Sergio Parisse incassando una valanga di punti e segnandone pochini. E’ anche vero che il Benetton di quest’anno è stato costruito male, senza una vera apertura di ruolo, e soffre della mancanza di risultati, alcuni dei quali sfuggiti per un niente segno che molto spesso i dettagli hanno fatto la differenza: convinzione nei propri mezzi, tecnica individuale, preparazione fisica, affiatamento ma anche eque opportunità arbitrali (odioso da dire e forse non rugbystico ma vero, se non vinci sei meno tutelato).

In questo caso il problema del Benetton è che verosimilmente terminerà la fase a Pool a 0 punti così come nel 2013/14, l’anno passato ha vinto solo contro gli Ospreys con un risicato 23-20. Insomma in 10 anni i nostri club non hanno mai “rischiato” di qualificarsi per i quarti.

Brutto il ruolino di marcia dal 2005/06 che recita 7 vittorie su 118 match, non sempre colpa di Treviso (unica sempre presente) dal momento che ad affiancarla vi sono state Calvisano, Viadana, Aironi e Zebre. 

Oltre a questi numeri desolanti secondo la stampa straniera, pesa ancor di più l’assenza di un nutrito pubblico allo Stadio, solo 4.600 per lo Stade e molti meno per Leicester mentre all’estero 8.500 persone sono andate a vedere Grenoble vs Irish in Challenge.

Si confutano quindi i dati sportivi e quelli del ritorno economico: pochi spettatori per risultati deficitari, solo 6 vittorie in 2 club nella passata stagione e in questa solo 2 sino ad ora. 

L’Italia produce troppi pochi buoni giocatori che possano permetterle di competere contro le Home Nations e la Francia tant’è che anche come Nazionale siamo regrediti nelle ultime stagioni e nella storia della RWC non abbiamo mai raggiunto i quarti. Nonostante alle redini del XV azzurro siano passati da ottimi coach internazionali come John KirwanPierre BerbizierNick Mallett e Jacques Brunel e secondo le ultime indiscrezioni Conor O’Shea e Ronan O’Gara siano in procinto di prendere uno dei posti di comando meno invidiati in tutta l’Europa.

Il rugby italiano sta regredendo sensibilmente e i paragoni con la storia della Francia che una volta entrata nel 5 nazioni nel 1910 ci ha messo alcuni decenni a vincere non sono calzanti dal momento che ai tempi il rugby era amatoriale mentre l’Italia sembrerebbe aver fallito nell’era del rugby professionale.

Anche in RWC altri paesi come Argentina e Giappone che hanno avuto una storia simile sono avanti e l’Italia ha faticato a battere la Romania. Che non sia ora di introdurre una retrocessione nel 6 Nazioni a favore di Georgia e Romania e che l’EPCR non dia più un posto automatico in Champions a un’italiana tanto Treviso non potrà mai vincerla?!

L’amara conclusione è che il rugby italiano non è riuscito a gestire il passaggio al professionismo e in questi anni di crisi è regredito sensibilmente? Che abbiano ragione i gufi anglofoni e francofoni? Può darsi ma il dato inerente al 6 Nazioni almeno in parte li smentirebbe. Scozia e Francia negli ultimi 5 anni avrebbero condiviso l’onore di essere retrocesse.

Cosa condividiamo? La mancanza di risultati è frustrante, il livello del campionato d’Eccellenza è sceso, il livello di attenzione da parte del pubblico e dei media è sceso. Meriteremmo di venire retrocessi ed esclusi, lasciando da parte inutili sentimentalismi e spirito patriottico forse si: i risultati parlano chiaro.

Il calcolo economico, invece, probabilmente dice il contrario dal momento che l’Italia potrebbe essere un ottimo e grande mercato per il rugby.

 

Foto Elena Barbini

 

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