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Il Rugby XV in Australia non è mai stato popolare, avendo sempre dovuto pagare dazio ad altre forme di gioco con la palla ovale decisamente più diffuse. Il XIII prima di tutto, seguito dal Rules, quello che si gioca in canottiera, su campi sterminati di forma ovale e in cui la palla si colpisce di piede o di pugno. Pare che (fonte Aru) attualmente il bacino di utenza (la base) da dove pescano le rappresentative nazionali Wallabies sia di poco superiore alle 57 mila unità, dal minirugby all’under 20. Bene, restrebbe da scorprire come facciano, pur tra alti e bassi, le rappresentative nazionali di Australia a occupare con una certa regolarità le zone alte dei vari ranking internazionali. Forse ad aiutarle c’è la legislazione sulla concessione della nazionalità che trasforma in nativi Aussie schiere di isolani del Sud Pacifico, figiani in testa. Ma non è a questo che intende riferirsi questa nota, a margine di Australia – Italia al Mondiale under 20 in Georgia che ha visto i ragazzi di Troncon (3 mete segnate) uscire sconfitti dal campo per 42-19, dopo un primo tempo chiuso 2 mete a 2 e 12-14 sul tabellone segnapunti. Questa nota è dedicata a Izaia Perese, che gioca centro, ha da poco compiuto 20 anni e che quando non gioca per la sua Nazionale veste la casacca dei Queensland Red in Super Rugby e quella del suo Stato nel campionato domestico, è originario di Brisbane e ha misure tutto sommato nella norma (1,81 m x 90 kg). Il buon Izaia di mete all’Italia ne ha segnata più d’una, ma quella che invito tutti a rivedere (http://www.worldrugby.org/video/257285) è la prima, quella che ha aperto la sfida. Descrizione: l’Australia apre da mischia chiusa all’altezza dei propri 10 metri da destra verso sinistra. Primo passaggio buono, secondo non molto buono, il terzo una badilata di palta che finisce dietro alla linea d’attacco e che proprio Perese si incarica di recuperare, con la linea arretrata azzurra che pericolosamente sale in pressione. Bene, una volta raccolto l’ovale, l’australiano con il 13 sulle spalle, semplicemente e con assoluta naturalezza, comincia a correre e ad accelerare, finendo l’allungo sotto i pali dell’Italia, circa 80 metri più avanti del punto dove aveva raccolto da terra la peggiore delle palle al largo. Chi volesse farsi un’idea della differenza che intercorre fra un giocatore ben allenato e veloce e uno ben allenato ma lento, non ha che da seguire attentamente lo svolgersi dell’azione (individuale) e di confrontare la corsa di Izaia con quella di tutti gli azzurri che hanno tentato almeno di raggiungerlo. Altro non c’è da dire, confermandosi purtroppo, il teorema secondo cui mentre noi italiani continuiamo a schierare formazioni oggettivamente lente, gli altri ne mettono in campo di mediamente più veloci, con punte di eccellenza per noi inarrivabili. Izaia Perese è uno di pochi australiani che ha scelto di giocare il “nostro” rugby, resistendo, almeno per il momento, alle sirene del XIII. L’Australia ha meno di 25 milioni di abitanti, calcio, nuoto e pallacanestro sono sport molto seguiti e praticati. Un po’ come da noi, con la differenza che noi siamo più del doppio. Ma l’equivalente nostrano di Izaia, se esiste, non è mai entrato in un campo da rugby. Ha ragione Troncon, quando a fine gara osserva che “queste partite sono le prime di un rugby professionale che sui nostri campi si vede davvero raramente (not often)”. Forse perché gente con le gambe di Izaia Perese da noi non si sogna di venire a giocare?

 

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