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Non ci sono decine di modi per analizzare e definire compiutamente la qualità di una prestazione sportiva, sia essa individuale o collettiva. Non esistono decine di scale sulla base delle quali tarare giudizi e valutazioni di merito a carico dei singoli componenti di un gruppo di lavoro. Però, all’indomani della conclusione del Tour estivo degli azzurri di Conor O’Shea, è di tutta evidenza che esistano indicatori altri e diversi, rispetto al freddo computo dei risultati conseguiti sul campo e della loro sequenza temporale. Per nostra fortuna, aggiungo.

Distinguiamo perciò tre piani di lettura ben distinti fra loro ma, al tempo stesso, intimamente connessi, nella speranza di giungere a conclusioni che abbiano, se non altro, il pregio della comprensibilità e della chiarezza. Non dell’infallibilità assoluta, da momento che essa, come si sa, non appartiene al mondo in cui viviamo.

NUMERI

Le tre sconfitte nei Test match disputati dicono di un bilancio conclusivo che vede il 100% di nostri insuccessi. Risultanza oggettivamente negativa, comunque si voglia tentare di leggerla. Raffinando appena un po’ il dato, si scopre che le sconfitte si sono sostanziate attraverso un rapporto punti subiti/punti realizzati pari a 96/59. Che di per sé dice poco di veramente significativo. Anche se 96 diviso 3 fa 32 senza resti, che come media di punti incassati in 80’, occorre riconoscere, è piuttosto altina. Dividendo 59 per 3 si ottiene, invece, quasi 20, che non è esattamente la fotografia di una squadra che non ha idea di come si debba giocare con la palla in mano, ma che al cospetto dei 32 regolarmente subiti autorizza qualche perplessità sulla consistenza complessiva del piano di gioco posto in essere. Volendo poi addentrarci nel capitolo “scarti”, troviamo la stringa 21 (Scozia), 3 (Fiji), 13 (Australia), due su 3 oltre il break per un discretamente pesante 12 e spiccioli di media. Nei 59 punti messi a referto dall’Italia spiccano però 6 mete realizzate (Campagnaro 2, Esposito, Mbandà, Benvenuti, Padovani) che, in totale corrispondono circa al 50% della potenza di fuoco espressa. Interessante (per la statistica) anche il fatto che 5 di esse portino la firma di giocatori della linea arretrata e che la sesta sia stata realizzata da un flanker. Ultimo dato: l’Italia non ha mai “vinto” il quarto conclusivo, perdendo il confronto con Scozia e Australia e pareggiando (3-3) quello con le Fiji.

REPARTI

Nessuna delle mediane schierate da Conor O’Shea ha lasciato tracce di un gioco efficace e produttivo. Gori è parso lontano dalla forma migliore, Violi ha confermato di meritare altri minuti, Tebaldi di essere all’altezza dell’attuale concorrenza di ruolo. Allan n.10 non convince, anche se è giusto annotare la sua prestazione dalla piazzola contro l’Australia. La disputa per il ruolo di regista con Canna non promette di elevare sensibilmente il grado di affidabilità della nostra cabina di regia. Il futuro, dicono, è il friulano Rizzi, reduce dallo storico 8° posto al Mondiale U20 di Tbilisi. Come dire: all’orizzonte poco o niente di (veramente) buono. 

Di quelle viste all’opera la coppia migliore di centri è risultata Boni – Campagnaro, mentre per i numeri 11 e 14, al momento, non pare esserci niente di meglio del duo Sarto – Venditti. Padovani non diventerà mai un estremo di livello internazionale, purtroppo per noi, dal momento che nonostante i sensibili miglioramenti conseguiti, continua (e non potrebbe essere diversamente) a essere carente sul piano della velocità. E quando non sei veloce… non sei veloce e basta.

In terza linea è stato confermato che Mbandà non è Favaro, che Minto è (forse) sulla strada di una completa ripresa, che Van Schalkwyk è un n.8 di sostanza ma di ridotto raggio d’azione e di limitata manualità, che Barbieri qualche (buona) mezza partita la può ancora giocare, che Steyn in Nazionale fa la figura dell’imbucato ai matrimoni e che Lazzaroni è (forse) il futuro che avanza e che in tanti aspettiamo da tempo. Niente a che vedere con il trio Parisse-Bergamasco-Zanni, accidenti! Neanche in prospettiva.

Di seconde linee non siamo mai stati particolarmente abbondanti quanto a numeri e a qualità. Da noi, si sa, oltre i 2 metri c’è solo il basket, forse la pallavolo o una porta da calcio da presidiare. Ragion per cui il dopo Geldenhuys è problematico assai. Se così non fosse non avremmo fatto debuttare il neozelandese di 31 anni Budd, peraltro di discreto livello (parametro Pro 12) e di grande disponibilità. Al suo fianco il trevigiano Fuser nell’attesa di verificare i miglioramenti del padovano Ruzza. Altro, in giro, al momento non c’è.

Dalla prima linea sono arrivate le migliori notizie del tour. In ordine gerarchico: Ferrari non farà rimpiangere Castrogiovanni (Properzi sì, ma non è una colpa, è una legge di natura!) e Lovotti, pian piano, potrebbe avvicinarsi, da sinistra, agli standard di gente come Perugini e Lo Cicero. Il dopo Ghiraldini al tallonaggio è rappresentato dall’accoppiata Gega – Bigi, attendendo Luus e forse qualche altro giovane di belle speranze. Non proprio il massimo, ammettiamolo.

CONOR O’SHEA (e staff)

Lasciamolo e lasciamoli lavorare. È opinione di chi scrive che il gruppo loro affidato valga, in termini di valore assoluto, esattamente i risultati che è finora riuscito a ottenere. Poco, non proprio niente o pochissimo, ma poco. E dal momento che il lavoro di un bravo tecnico si misura dalla differenza (tendente a zero) fra il potenziale del materiale umano a lui affidato e i risultati conseguiti, è di tutta evidenza che questa Italia è esattamente ciò che appare sul campo. Quando subisce di brutto da una Nazionale come la Scozia quinta nel ranking a inizio Tour, poi scesa di una posizione, quando si arrende a un soffio dalla sirena in casa della quarta migliore al mondo e quando (a proposito, e per la precisione: ho rivisto la partita, Tebaldi ha giocato palla che mancavano ancora 2’ all’80’ e non è stato lui a perderne il possesso) incassa il drop decisivo a tempo scaduto dopo aver rincorso e raggiunto l’avversario che occupa la piazza n.10. In una graduatoria dove noi, meglio se non ce ne dimentichiamo, siamo al gradino n. 14 (+ 1 rispetto a un mese fa).

 

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Foto Twitter @Federugby