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Gianluca Guidi da Cecina. Georges Coste, quando lo faceva alzare dalla panchina, era solito ordinargli: “Bollicine!”. Che nel linguaggio colorito e diretto del grande ct di Perpignan, equivaleva a una richiesta-invito ad alzare i ritmi della contesa, a metterci inventiva e fantasia. A non essere banali e scontati. Prevedibili. Dopo tanta Fir, due scudetti a Calvisano e un passaggio alle Zebre, concluso con una risoluzione consensuale del rapporto di collaborazione con la franchigia di Parma, ora si dedica all’attività che predilige. “Faccio il papà a tempo pieno, finalmente e con un po’ di ritardo” ammette. L’esordio di una chiacchierata che lo porterà ad affrontare e, a suo modo, a interpretare alcuni degli snodi fondamentali del rugby di oggi. Sospeso fra stili di gioco, priorità tecnico tattiche, futuro della nostra Nazionale e… “La sfilata di Carnevale in maschera cui parteciperò sabato con mia figlia Vittoria (9 anni, ndr) organizzata dal locale gruppo scout” precisa. “Non so ancora da cosa o da chi mi dovrò travestire, sarà lei a darmi indicazioni. Attendo fiducioso”.

·         Solo carri e gite di famiglia?
-          Ovviamente no. Sto dedicando il giusto tempo all’attività che considero prioritaria nella vita di uno che ha deciso di fare l’allenatore di professione. Leggo, approfondisco, mi pongo domande e cerco intorno a me le risposte. Osservo e analizzo. In una parola: studio.

·         Quali le materie?
-          Al momento sono il Sei Nazioni nelle sue varie declinazioni e il Super 18 dell'emisfero sud

·         Cominciamo dal Torneo dei Tornei. Novità?
-          Mi piace la Francia che è stata affidata a Noves. Una squadra da cui era lecito e quasi scontato aspettarsi un aumento della quota di gioco di movimento. La scuola di Tolosa è riuscita nell’operazione alquanto ardita di fondere la fisicità a volte esasperata del Top 14 con le esigenze di un rugby che andasse alla ricerca degli spazi da attaccare e che, all’occorrenza, si dimostrasse capace di crearli, quegli spazi.

·         Il tutto con una giusta miscela di massa muscolare e talento…
-          Di aggressività e di scelte tattiche illuminate. Spedding estremo, Picamoles n.8, Vahaamahina in seconda sono l’emblema di un Francia che attacca furiosamente e che quando prova a sfondare, di solito ci riesce. A un quadro già di alto livello Noves ha poi aggiunto Serin, e dietro ha trovato due ali che fanno sognare. Ha perso la prova di forza con l’Inghilterra, è vero. Ma ci ha giocato per lunghi tratti alla pari. Il segnale è questo, ed è interessante.

·         L’Irlanda?
-          Apro e chiudo una piccola parentesi circa il 10-63 di Roma. Era scritto che, dopo l’infausto debutto a Edimburgo, ci saremo trovati davanti una squadra determinata a stravincere e disposta a dare tutto. Così è stato. Stupirsene equivale a rifiutarsi di ragionare. Direi che anche questa Irlanda è un mix molto interessante, e tutto made in Pro 12: la consistenza difensiva di Munster e la vivacità del gioco negli spazi allargati tradizionale retaggio di “quelli di Leinster”. Quanto alla terza linea che non esito a definire “mondiale”, nel senso di “ai vertici delle terze linee del pianeta” la misura della sua oggettiva strapotenza sta nel fatto che uno come Josh van del Flier… fa la riserva, parte dalla panchina. Non accadrebbe in nessun altra squadra.

·         Inghilterra?
-          Senza i due Vunipola e con Itoje che è apparso discretamente affaticato e perciò al di sotto dei suoi elevatissimi standard di rendimento, si è limitata a battere Francia e Galles a Cardiff, avviandosi a quella vittoria finale che molti pronosticavano alla vigilia ma che ora sembra davvero l’esito più plausibile della competizione. So che molti la chiamano già “l’Inghilterra di Jones”. Io ci terrei a segnalare l’enorme lavoro sulla difesa  svolto dallo staff dei suoi collaboratori. Una difesa che ha commesso un solo errore, a Cardiff in occasione della meta in prima fase del Galles. Peraltro propiziata da un angolo di corsa perfetto e geniale del n.9.

·         Scozia?
-          Squadra bella e consistente. Con una linea arretrata davvero di altissimo livello, per individualità e meccanismi di utilizzo dello spazio e del pallone. Tanti gli attaccanti di razza. Il lavoro di Gregor Townsend con i Glasgow Warriors in Pro 12 si vede tutto.  

·         Italia?
-          La parola chiave è “ricambio generazionale”. Un dato oggettivo di cui non possiamo e non dobbiamo prescindere se cerchiamo di capire e se davvero ci interessa affrontare i problemi con la giusta ottica. Il traguardo è il Mondiale 2019. E per non perdere di vista la nostra vera meta è necessario non farsi accecare dalle contingenze, a cominciare dalla pesante sconfitta con l’Irlanda. Io sono con Conor O’Shea quando dice che l’Italia dispone di talenti e di giocatori adatti all’alto livello. L’under 20 che ho visto a Prato perdere di un punto con l’Irlanda è, in assoluto, la miglior Nazionale di categoria della storia della nostra federazione. Ho seguito anche le rappresentative under 17 e under 18. Stesso panorama estremamente incoraggiante. Licata, Bianchi, Trussardi, Vaccari, per non parlare di Riccioni e Rimpelli, due piloni-ragazzini che dettano legge in Eccellenza. Non era mai accaduto che avessimo una tale concentrazione di ottimi elementi a questo livello di età. E poi cito Padovani, Mbandà e Gega come esempi di cosa abbiamo prodotto in casa e di cosa potremo, se ne avremo le capacità, mettere a frutto e capitalizzare. Però occorre che tutti remino nella stessa direzione. E che nessuno buchi la chiglia…

·         A cominciare da…
-          Senza dubbio dalle franchigie. E dalla difficile arte di programmare il futuro. Anche razionalizzando operazioni come i processi di eleggibilità internazionale che altri, Francia in testa, hanno dimostrato di saper fare molto bene. Vakatawa è passato per l’accademia di Brive, altri hanno fatto o faranno percorsi simili. Favaro lascerà il posto a Glasgow a un neozelandese che fra tre anni vestirà la maglia della Scozia. Questo tipo di procedimenti sono il pane quotidiano del rugby moderno. I “project players” sono un realtà che va coltivata e condivisa. Così come la cura dei migliori talenti che il movimento italiano produce. Non ci resta che adeguarci e comportarci di conseguenza. Senza remore o senza timori di infrangere chissà quale codice d’onore! Le Zebre, nel loro piccolo, con Gideon Koelegenberg (seconda linea, ndr) stanno formando un uomo per la futura Nazionale azzurra.

·         E Guidi Gianluca, sfilate in maschera e week end sulla neva a parte, cosa farà nell’immediato futuro?
-          Allenerà. Su questo non ho dubbi. E devo dire che le attestazioni di stima e di sincera amicizia che ho avuto negli ultimi tempi, mi convincono a continuare lungo la strada che mi sono scelto.

·         Progetti già definiti?
-          Abbozzati. Ho tre offerte che si elevano sulle altre per qualità della committenza e per il livello dell’ambiente di lavoro. Ma non è semplice operare una scelta. C’è la famiglia, intesa come l’insieme delle esigenze di tutti, a cominciare dai più piccoli, da considerare, da ascoltare e con cui confrontarsi. Andare all’estero non mi spaventa, ma è ovvio che la cosa merita una riflessione seria e ponderata, che coinvolga i vari aspetti del problema.

·         Potendo scegliere adesso, in assoluta libertà?
-          Mi occuperei di formazione giovanile. In Italia.

 

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Foto Domenico Panaia