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“A questo ritmo — un paio di partite al mese, al massimo — posso andare avanti altri 2 o 3 anni (ride)”

 

Sergio Parisse, 37 anni, è il giocatore più forte e carismatico della storia del rugby italiano. Leader di presenze internazionali con l’Italrugby (142) e capitano più longevo di sempre (in carica dal 2008 quando aveva 25 anni). Un giocatore straordinario che a detta di molti esperti avrebbe potuto giocare titolare anche con gli All Blacks, nella sua carriera di club vanta un discreto numero di vittorie: 2 Titoli italiani e 1 Coppa Italia con Benetton, 2 Titoli francesi e 1 Challenge Cup con lo Stade Français. Oggi in forza ai “Galacticos” del Tolone è un punto di riferimento e chissà che non arrivi qualche altra soddisfazione…

 

“Pensavano fossi venuto qui a farmi un annetto di vacanza al mare. Invece ho sempre giocato.”

 

La sua carriera internazionale invece è costellata da insuccessi, da una sconfitta dietro l’altra, con la maglia azzurra… “Il sabato, dopo la partita, ero solo deluso. La domenica, un incubo: mi sentivo devastato. Poi arrivava il lunedì mattina. L'allenamento. E nonostante tutto, davanti ai miei compagni dovevo tirare fuori la grinta. Fare la faccia cattiva, dare l'esempio. “Proviamoci ancora, non molliamo: la prossima volta andrà bene”. Ogni lunedì mattina tornavamo a sudare. A sognare una vittoria” esordisce Sergio Parisse intervistato da La Repubblica.

 

 

Una carriera straordinaria che si sta avvicinando alla fine naturale.

“Diciamo che ci sono grandissime probabilità che io chiuda a giugno, alla fine del campionato francese. Però se qui si continua a giocare al ritmo della pandemìa – un paio di partite al mese, al massimo – posso andare avanti altri 2 o 3 anni (ride). No, la verità è che dopo tanto tempo i colpi presi si cominciano a fare sentire. Ma ho sempre avuto cura del mio corpo, e questa è una stagione in cui mi sento veramente bene. Voglio dare tutto, come sempre. Poi comincerò a fare l’allenatore, perché ho ancora bisogno del campo: senza bruciare le tappe, vediamo se qui ci sono opportunità” commenta Parisse da La Repubblica.

 

L’Italia dove lo trova un altro Parisse?

“L’Italia non ha bisogno di un altro Parisse, i tempi sono cambiati. Sono diventato capitano a 25 anni, avevo compagni con carriere e caratteri importanti (Bortolami, Troncon), questo mi ha aiutato a capire. E a resistere. Tante sconfitte, purtroppo. Sono stato un parafulmine, ci mettevo sempre la faccia: ero mentalmente forte. Ora c’è una squadra giovane, un nuovo ciclo, un gruppo che si sta formando. Devono crescere, lo devono fare senza di me. Polledri, Steyn, Negri, Violi, Garbisi, Minozzi. Il tallonatore, Bigi: il nuovo capitano. Ci ho giocato assieme, è un bravissimo ragazzo con una grande etica del lavoro. Oggi in azzurro sarei solo ingombrante. E i paragoni sono inutili”.

 

Però l’Italia perde regolarmente. Anzi, ora è pure peggio.

“Il gap c’è sempre stato. Forse 10 anni fa ce la giocavamo con la Scozia, che ora ha fatto un salto in avanti. Un tempo in azzurro c’erano parecchi giocatori di qualità ed esperienza, era più facile inserire qualche giovane. Adesso si è ripartiti da zero. Ma è difficile trovare piloni dominanti come Castro e Nieto, Perugini e Lo Cicero. Quando hanno chiuso Bortolami, Dellapé e Del Fava, non è stato semplice sostituirli. Magari fra 3-4 anni si affermeranno ragazzi come Cannone e Ruzza, però ora è tutto nuovo: e il gap naturalmente è raddoppiato. Per squadre Francia, Inghilterra, Galles, Irlanda, è più semplice: hanno storia e vivai, possono cambiare progressivamente”.

 

Intanto Parisse si gode la stagione al Tolone, il prestigioso club che lo ha ingaggiato dopo 14 anni di militanza nello Stade Français di Parigi.

“Mi hanno votato miglior giocatore della settimana per un assist fatto con un lungo calcio al pallone. Sì, sul campo ho sorpreso tutti: pensavano fossi venuto qui a farmi un annetto di vacanza al mare. Invece ho sempre giocato. E’ una squadra di campioni incredibili, faccio un po’ da papà ad alcuni giovanissimi talenti. Battaglie, amicizia: rugby. Mi sono integrato bene, sono uno dei leader. Ma senza più la responsabilità di fare il capitano. Finalmente”.

 

 

 

 

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Foto Francesca Pone 

 

 

 

 

 

 

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