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Ivan Malfatto, che all’Euganeo di Padova per Italia – Sud Africa c’era, così come alla conferenza stampa di Parisse e Conor O’Shea a fine match, non se l’è sentita di lasciar cadere nel vuoto l’affermazione del Ct irlandese in base alla quale in Italia, e solo adesso dopo venti anni di immobilismo, si starebbe cominciano a lavorare seriamente. E a fare cose cui molti anni prima si sarebbe dovuto metter mano. Concettualmente le dichiarazioni Conor O’Shea sono risultate in linea con quelle del capitano, il quale ha tenuto a precisare che “(adesso) quando si perde, vedo in campo compagni di squadra incazzati e determinati a risolvere problemi”. Sottointendendo (se la logica non è un’opinione) che negli anni passati in Nazionale sono passate intere generazioni di perdenti.

Sulla pagina ovale de Il Gazzettino di lunedì, Malfatto ha chiesto un commento all’uscita del tecnico azzurro a Giancarlo Dondi, uno che sulle cose accadute all’interno del nostro rugby negli ultimi venti anni (ma anche nei lustri precedenti) potrebbe rivendicare una libera docenza.

“Sarà la storia” è l’incipit dondiano “che dirà se l’Italia è stata davvero ferma nell’ultimo ventennio, anziché adeguarsi al rugby internazionale”. E poi prudentemente precisa: “Se si riferisce agli ultimi 10 anni, ci può stare. Ma venti proprio no!”. E a conforto della sua affermazione cita (a caso?) “le tre vittorie ottenute proprio contro l’Irlanda” prima di guadagnare il passi per il Sei Nazioni. “E anche due quarti posti nel Torneo e l’ottava piazza nel ranking mondiale” aggiunge sul filo dei ricordi. Per poi passare alla proposta/sfida: “A lui (Conor O’Shea ndr) il compito di fare meglio, vincere tre gare del Sei Nazioni o passare il turno alla Coppa del Mondo”. Perché, precisa citando Georges Coste: “C’est l’histoire qui parle”, liberamente traducibile in: fatti non pugnette! Per chiudere, con il tono da padre nobile e saggio che tutti gli riconoscono, Dondi consiglia/informa O’Shea circa i confini del suo mandato: “L’allenatore della Nazionale deve pensare al presente non al futuro. Perché è sui risultati che otterrà nel presente che verrà giudicato”.

Le dichiarazioni del presidente onorario non sono state commentate e riprese dai colleghi nella misura e con l’evidenza che, a mio modesto avviso, avrebbero meritato. Forse perché si avvicina Natale ed è bello, forse persino giusto, essere o sentirsi tutti più buoni.

 

Foto Francesca Pone