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È stato un sabato mica da ridere (eufemismo) quello del rugby azzurro, giocato sull’inusitato asse Singapore – Montevideo, consegnato agli annali e alla memoria condivisa alla voce “sconfitte sanguinose”. Gli uomini di O’Shea cancellati dal campo da una Scozia in versione “squadra in tutto e per tutto normale che gioca a rugby secondo canoni e criteri propri dell’alto livello”, quelli di Guidi messi sotto da un Uruguay affamato e proletario ma tanto, tanto cattivo. Troppo (cattivo) per le anime belle che abbiamo mandato in viaggio di istruzione fino a Montevideo.

Le pagelle individuali sono per capitano Gori e compagni, quelli di Singapore. Per gli altri, un 4 generalizzato, con un 2 e menzione speciale per Fragnito (cartellino rosso).

Padovani: un paio di pedate ben date le esibisce. Nel primo tempo, quando il vento che entrava dalla porta aperta dell’acquario era tanto e, a volte, impietoso. Nel taccuino c’è anche una progressione di una trentina di metri palla in mano. E un paio di gravi incertezze sotto pressione.. Che non abbia aggiunto nulla alla fase offensiva è nell’ordine naturale delle cose. Difficile contribuire all’attacco di una squadra che attaccare non sa. Dicono sia quello che negli ultimi mesi ha ottenuto i miglioramenti più consistenti. Quali, struttura fisica a parte? Voto: 5 

Esposito: un giorno potrà dire: Singapore? Ci sono stato, mi hanno pagato il viaggio e anche l’hotel. Sua la meta allo scadere sulla bandierina di destra. La cosa tecnicamente più rilevante è il calcio lungo linea che al 58’ libera i nostri 22 e ci manda a giocare 60 metri più avanti. Per il resto: davvero poca cosa. Quasi niente. Senza quasi. Voto: 4

Campagnaro: torna in campo mechato e con il titolo di Re d’Inghilterra appena conquistato con la maglia dell’Exeter. Gioca come giocano i centri che per vivere e pagare le bollette giocano a rugby. Meta a parte, è da applausi il placcaggio (alle braccia, da dietro) che impedisce la meta di Russell lanciato nell’intervallo a un paio di metri dalla linea bianca. Voto: 8

Boni: al 1’ Barclay passa come un Freccia Rossa fra lui e Bigi in mezzo al campo. Lui lo vede appena, il resto della partita sarà nel segno della continuità. Sarà stata la vicinanza a Campagnaro che ne ha esaltato l’inconsistenza, sarà stato che di palloni da amministrare, neanche l’ombra. Sarà che difendere non è esattamente il suo passatempo preferito. Partita incolore, per non dire impalpabile. Voto: 4, per non dire di meno.

Sarto: comincia facendo un discreto casino (compreso un calcetto a seguire che gli resta incollato alla tomaia) ma per lo meno si da da fare. E tanto. Gioca contro alcuni suoi compagni di Pro12 e ci tiene a fare bella figura. Se volere fosse potere… Palle alte: così e così, posizione: non male. Il suo pezzo forte è l’avanzamento efficace palla in mano. Che non ha mai esibito. Nel confronto con il suo collega di triangolo allargato ci fa un figurone. Ma tutto è relativo. Voto: 6

Allan: un’apertura è, per definizione e nonostante ci sia ancora in giro qualcuno convinto che le partite si vincano e si perdano sempre e comunque in 15 (più panchinari), il metronomo della squadra. Il titolare delle chiavi del camion, quello che amministra risorse e transazioni. In questa Italia l’apertura potrebbe essere chiunque. Non c’è niente da amministrare, nessun capitale da mettere a frutto, nessun risparmio da cautelare, nessuna decisione strategica da governare. Lui butta anche dentro il primo piazzato. Ma poi scompare, inghiottito dal caldo e dall’umido di uno stadio bagnato e deserto, triste. E randellato il giusto da una Scozia che mette 4 mete in 20 minuti e poi lascia fare al mestiere e alla pochezza di chi si è trovata davanti. Voto: 5 (ma sarebbe nc).

Gori: capitano, mio capitano! Da fucilazione il passaggio no look con cui spreca l’unica palla decente nata (Barbieri) da una partenza dalla base di una mischia. Della serie: 8 – 9 – merd… Il resto è in linea con la qualità dell’atto tattico sopra descritto. Che sia lui il titolare della maglia n.9 pare essere decisione ideologica (ancorché rispettabile) più che una ponderata presa d’atto delle forze attualmente a disposizione. L’impressione è che gli farebbe bene un periodo di riposo, staccare la spina. Ricaricare batterie che al momento sembrano davvero molto prossime e “carica zero”. Voto: 4

Barbieri: mestiere, chili, impatto, mani non da buttare, raggio d’azione non esageratamente ampio ma più che sufficiente. Lui il suo apporto alla causa lo fornisce sempre. Non sarà di metallo particolarmente prezioso, ma sarebbe ingiusto non tenerne conto in sede di valutazione. Fa quel che può e quel che sa fare. Che non è esattamente poco. Voto: 6
Al suo posto (53’) entra Steyn, che dà l’impressione di uno che passava di là per caso, sceso in campo dopo aver rubato una maglia dal baule incustodito del magazziniere Fir.

Mbandà: in un pack che viaggia abbondantemente sotto i parametri dell’eccellenza internazionale, ci fa un figurone. Conosce l’arte del recupero e, palla in mano, sa cosa farne. Nel taccuino ho 3 recuperi nella zona di collisione. Dal terzo nasce l’offload a Campagnaro che fila in meta. Non ha l’impatto devastante di Favaro nell’uno contro uno, però ha cominciato a capire il gioco e si muove con una discreta confidenza per il campo. Se sono rose… Voto: 8

Minto: nell’attesa (e nella speranza) che torni a essere quello che è stato è giusto riconoscergli impegno e dedizione. Si perde un poco e quasi si smarrisce nel corso di una partita passata solo ed esclusivamente a tamponare e a placcare. 

Budd: il giallo lo penalizza oltre i demeriti (mani a terra?). Disputa una partita onesta di sostanza, in rimessa laterale si segnala per le uniche conquiste decenti della giornata. Molto di meglio onestamente non abbiamo. Converrà tenerselo stretto. Voto: 6

Fuser: fisicamente migliorato. In chiusa non è un trattore (pardon: un grinder), nelle battaglie aeree… si farà,  quello che riesce a fare nella zona di collisione raramente è determinante per l’esito degli impatti. Però è alto e serio, gran lavoratore, determinato, dicono, a migliorarsi. Sperem! Voto: 5. Al suo posto (53’) Van Schalkwyk, corretta grafia del cognome a parte, poco o niente di interessante. 

Ferrari – Bigi – Lovotti: il milanese quando placca fa male, in chiusa non è un modello di riferimento per la pulizia dell’assetto ma supplisce con la grande possanza fisica. Il tallonatore ha mani veramente proibite e i lanci in rimessa laterale sono come certe ambate su Venezia o Bari: non (ri)escono mai. Lovotti ha di fronte il più forte degli Highlanders e fino a un certo momento pareggia, senza mai dare l’impressione di vincere il duello personale. A prima linea non siamo messi per niente bene. Voto: 5

 

Ceccarelli – Gega – Zani (la prima linea dell’ultimo quarto di gara): da dimenticare. Voto: 4

Canna: se la valutazione fosse il computo aritmetico dei minuti giocati e delle cose fatte bene nel corso di essi, avrebbe valutazioni più che positive. Entra quando la Scozia è più preoccupata della consistenza e della varietà del  buffet che troverà al post match function, che a quando sta accadendo in campo. Un paio di cose buone le fa, una di piede (Boni non c’arriva per un soffio e si fa male), una con un passaggio sinistra – destra che mette in mano a Esposito la palla per la meta in bandierina a tempo scaduto. Voto: 6. Nell’attesa di vederlo all’opera con Fiji.

Conor O’Shea: a fine partita: “Non si può pensare di vincere prendendo 2 gialli e 15 calci contro. A fregarci è stata la nostra indisciplina”. Benvenuto sulla terra! A rivoltare il rugby italiano come un calzino (operazione peraltro, quella di rivoltate un pedalino, fra le più immediate, scontate e di facile realizzazione) ci pensiamo da domani, ok? Voto: 6, perché chi sostenga che non sia un buon tecnico o lo ritenesse inadatto a fare il Ct di questa Italia direbbe una sciocchezza di dimensioni cosmiche (infinite). Però è un fatto che da Scozia a Scozia, siamo passati da 0-29 a 13-34. E non per colpa o colpe sue.

 

Tabellino formazioni e statistiche di Italia - Scozia 13-34

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Foto @Federugby