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Un altro anno ovale volge al termine, ricco dei numerosi eventi che hanno costellato il rugby mondiale. Dalla vittoria del Galles al Sei Nazioni, all'annata spettacolare del Benetton in Guinness Pro14, passando per il risultato eccellente delle Azzurre al Sei Nazioni Femminile, fino alla finale della Rugby World Cup di novembre con gli Springboks che sono tornati sul tetto del mondo dopo 12 anni dall'ultimo successo.

Tra gli eventi più belli e quelli meno piacevoli, facciamo un rapido sunto di quello che più ci ha colpito in quest anno rugbystico, sia in positivo che in negativo.

Cosa ci è piaciuto:

  1. Il Sudafrica: la strategia vincente di Rassie Erasmus è stata la rivoluzione dell’anno: la difesa gestita dagli uomini di peso, dai molossidi della squadra (Mbonambi, Kitshoff, du Toit, Etzebeth, de Jager), e l’attacco manipolato dalle schegge (Am, Mapimpi, Kolbe, Le Roux). Tutti gli ingredienti per un’annata eccellente del movimento sudafricano, che ha schiacciato la concorrenza degli All Blacks, forti si ma in leggero calo.
  2. Galles: il vincitore mancato, perché il cuore di questo Galles è immenso. Dal Sei Nazioni vinto ad una semifinale insperata. Un mondiale condizionato da numerosi forfait (in primis quelli di Anscombe e Faletau), poi gli infortuni in corso d’opera (Navidi, North, Liam Williams) e i rischi di concussion (Dan Biggar) avrebbero potuto rovinare la fase finale di questa squadra gloriosa.
  3. Il Giappone: tra le grandi sorprese di questo Mondiale. I nipponici hanno saputo impressionare il rugby, ottenendo il miglior risultato della storia. È vero, qualcuno continua a ripetere “ma sono pieni di tongani!”, eppure questa squadra le proprie qualità di gioco le ha dimostrate con giocatori ad occhi a mandorla (Kotaro Matsushima, Kenki Fukuoka, Yu Tamura, Keita Inagaki, Shota Horie). I Sakura hanno chiuso la stagione con quattro vittorie mondiali e la sconfitta ai quarti contro il Sudafrica, diventato poi campione del Mondo. Cosa vogliamo di più. 8° posto nel ranking mondiale. Noi da anni brancoliamo ancora in basso, e soltanto ora abbiamo visto la 12° posizione.
  4. Uruguay: i Teros sono emersi meglio di qualsiasi altra nazionale Tier 2. La vittoria con Fiji e le belle performance con Australia e Galles sono il risultato del netto miglioramento del rugby sudamericano rispetto al passato. Ben presto l’Argentina dovrà difendere la propria leadership nelle Americhe.
  5. Benetton: coach Crowley miglior allenatore del Pro14, per la prima volta una squadra italiana ai play-off. Quel match con Munster, che poteva avere un esito diverso (dure drop sbagliati all’80°), è stata la partita più coinvolgente del rugby italiano. Investimenti, crescita del vivaio e un mercato accurato hanno consentito ai Leoni di fare un balzo vincente nel rugby che conta. Le ultime performance con Northampton e Lione non sono avvenute casualmente. È giunto il momento che il modello Benetton venga esportato nelle Zebre e nei club del Top12.
  6. Villorba Femminile: la squadra veneta per la prima volta solleva il titolo della Serie A Femminile. In un contesto rugbystico in cui tutti si aspettavano l’affiorare di club più quotati, come Valsugana, Colorno o le Red Panthers, la squadra trevigiana riesce ad affermarsi nuova realtà ovale nel panorama femminile.
  7. Italia Femminile: Le ragazze hanno una marcia in più. L’anno scorso, alla fine dell’anno, inserimmo le Azzurre nella lista del “meglio del 2018”. Non possiamo che riconfermarlo quest anno. Le ragazze hanno molto da insegnare ai colleghi maschi, perché quel 2° posto al Sei Nazioni è un riscatto per il movimento italiano. Per non parlare dei talenti individuali emersi negli ultimi due anni, andati ad alimentare il rugby straniero (Valentina Ruzza allo Stade Français, Giada Franco agli Harlequins); ma i nomi delle grandi sono tanti: Aura Muzzo, Michela Sillari, Elisa Giordano, Beatrice Rigoni, Ilaria Arrighetti, Sara Barattin…
  8. Jake Polledri: si conferma la terza linea di cui l’Italia ha bisogno, nonché il miglior giocatore Azzurro uscito dall’ultimo Mondiale. Ahimè non frutto del nostro vivaio… potremmo dire, ma almeno sta con noi… e non contro di noi. Nel gruppo degli Azzurri abbiamo qualche altro giocatore con le stesse caratteristiche (vedi Steyn, Licata, Negri) ma ricordiamo che Jake è stato uno dei pochi a rompere qualche placcaggio della colossale difesa Springboks.
  9. Faf de Klerk, Matteo Minozzi, Herschel Janjties, Cheslin Kolbe, Aaron Smith, Kenki Fukuoka, Damian McKenzie e tutti i piccoletti del rugby internazionale, che stanno dimostrando al mondo come in questo sport non conta la stazza, ma tanta tecnica e cervello.

Cosa non ci è piaciuto:

  1. Italia (Nì): Qualcosa di buono l’abbiamo vista al Sei Nazioni. Sorvoliamo sui test estivi, mentre c’è poco da dire sul Mondiale. La FIR si fregerà di quella sconfitta con il Sudafrica “Campione del Mondo, e poi eravamo in 14…”
    Ma è ancora troppo poco per poter parlare di una nazionale competitiva. O’Shea qualche talento in più lo ha introdotto, qualcosa si è visto, ma c’è sempre il solito gap. Quando si giocano eventi internazionale di altissimo spessore gli avversari ci mangiano. Se Benetton batte Glasgow Warriors o Edinburgh, al Sei Nazioni è la Scozia che ci demolisce.
  2. Inghilterra: Non certo un comportamento sportivo quello degli inglesi al termine della finale Mondiale. Dopo la debalce al Sei Nazioni, la sconfitta in finale diventa difficile da digerire, ma si è parlato di una partita in cui gli Springboks hanno dominato per cui la Red Rose può aver ben pochi rammarichi. È giusto essere delusi, ma nascondere quell’argento è soltanto un segno irrispettoso nei confronti della comunità ovale, degli avversari, oltre ad una manifestazione di megalomania che negli ultimi anni non ha ottenuto i risultati sperati.
  3. La Scozia, il tifone Hagibis e la multa di World Rugby: quelle parole fuori luogo partite dalla SRU sono costate 70,000 sterline di multa. Alla fine la partita è stata giocata e la Scozia è stata eliminata dai Mondiali, ma resta l’atteggiamento inopportuno, con minacce di “azioni legali” in una situazione di catastrofe naturale.
  4. Irlanda: i Verdi d’Irlanda hanno subito il contraccolpo degli ultimi anni di successi. Un vero peccato per quella che era vista tra le principali pretendenti al titolo Mondiale. Eppure i primi problemi sono emersi in occasione dello scorso Sei Nazioni. I risultati deludenti al Mondiale (19-12 con il Giappone e la sterile vittoria per 35-0 sulla Russia) hanno significato un calo delle qualità offensive della squadra.

 

Foto twitter @irishrugby

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