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Articolo pubblicato su Allrugby numero 141

 

Una storia di dilettantismo esemplare. “Lavoro 12 ore al giorno con mezz’ora di pausa pranzo. Finisco alle otto di sera. Al momento non riesco più a stare dietro al rugby, né fisicamente né mentalmente. Perciò l’unica soluzione è quella di smettere”.

Ragionamento lineare, niente da dire. E saranno mi- gliaia ogni anno gli atleti di tanti sport che, non guadagnando un euro dalla loro passione, arrivano a dire basta. Che però succeda a una ragazza che a meno di 25 anni ha uno scudetto all’attivo e pochi mesi prima è stata titolare nell’Italia finita seconda al Sei Nazioni potrebbe sorprendere. “Eppure è tutto molto semplice - spiega Gaia Giacomoli, viadanese, fino a ieri pilone sinistro con la maglia dell’Italia (18 presenze) e del Colorno - anzi da un po’ di tempo pensavo di fermarmi, sapevo che il momento sarebbe arrivato. Potevo provare a tenere duro, pensando ai Mondiali tra due anni? No, non me la sento. So che non riuscirei a prepararmi al meglio, cosa per me fondamentale. Non ci si può presentare a corto di allenamento in- dividuale e con la squadra, e se anche mi facessero giocare ruberei il posto a qualche ragazza che se lo meriterebbe più di me”.

Laureata in fisioterapia, Gaia si sdoppia, si triplica fra lavoro a domicilio dei pazienti, in case di riposo o in centri privati. Non un’attività da scrivania, men che meno con orari comodi. Naturalmente non è l’unica rugbista italiana con problemi a conciliare lo sport e impegni su impegni. “Ma io, ripeto, ora non mi sento di potercela fare, di dare al rugby il tempo che meriterebbe. Le mie compagne hanno preso la mia decisione con una serie di “nooo! come mai? dai rimani...” e visto che ogni tanto un allenamentino a Colorno vado ancora a farlo pensano che magari sia pronta a riprendere. No, almeno per adesso no”.

Restano ricordi e soddisfazioni, per questa ragazza di statura (172 cm) e di peso (88 kg) che condivide con Lucia Gai, pilone destro azzurro, efficienza e solidità in campo, dolcezza fuori dal terreno di gioco.

“Ho cominciato a sei anni a Viadana - racconta - dopo aver visto giocare mio fratello: avevo trovato lo sport in cui potevo muovermi senza fare subito male a qualcuno. Ero quasi sempre l’unica bambina. Quando avevo 13 anni mia mamma ha scoperto che a Colorno c’era una squadra femminile e mi sono spostata. Ho provato diversi ruoli, certo non mi sarei vista come mediano, estremo o ala. Ma comunque anche per la struttura fisica era abbastanza logico che giocassi in prima linea”. In cima alle soddisfazioni lo scudetto 2018 a Colorno o la vittoria sulla Francia con piazza d’onore al Sei Nazioni? “Ah no, non scelgo tra queste due gioie. Posso dire che lo scudetto era molto desi- derato perché sapevamo di poterci arrivare mentre al secondo posto del Sei Nazioni era difficile pensare. Alla fine ci siamo trovate davanti la Francia a Padova e ci siamo dette: proviamoci. Nell’aria c’era una tensione attiva, un’ansia positiva... è stato bellissimo!”. Chissà, potrebbe anche non rimanere l’ultima partita in Nazionale di Gaia. Ma intanto è proprio lei a indicare la possibile erede per la maglia numero 1: “Per me è Silvia Turani, che ha iniziato da pochi anni ma ha fatto una crescita incredibile. È forte e molto determinata, la seguirò ancora nei suoi miglioramenti. Perché voglio andare il più possibile a veder giocare il Colorno e la Nazionale”.

 

 

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