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In attesa del match di sabato con il Petrarca il tecnico delle Fiamme Oro, il trevigiano Umberto Casellato, trova il tempo per una chiacchierata con Rugbymeet. Tanti i tempi toccati, tanti gli spunti di riflessione e tante, tantissime, le angolature da cui osservare un fenomeno, il rugby, affascinante anche per la sua esibita complessità, che spesso nasconde verità semplici che solo “quelli bravi” riescono a disvelare e a maneggiare con la dovuta cura e accortezza.

·         Cominciamo dal campionato in corso…
-          Le Fiamme hanno finito il ciclo degli scontri diretti, ospiteremo Mogliano all’ultima giornata quando, credo, i giochi saranno già fatti. Qualche occasione l’abbiamo persa, inutile negarlo. Anche se, in prospettiva play off, qualche speranza possiamo ancora coltivarla.

·         La lotta per il quarto posto in griglia è una sorta di campionato nel campionato…
-          In quattro per una poltrona. Avessimo i punti che non abbiamo fatto con San Donà… Per quel che vale, sia chiaro! Però questa annata passerà alla storia delle Fiamme anche per quelle due sfortunate esibizioni. Perso di 3 all’andata e di uno al ritorno. Due punti in classifica invece di otto…

·         Il match di San Donà ha lasciato l’amaro in bocca anche per alcune decisioni arbitrali…
-          Parlerei di valutazioni non condivisibili e, quel che è peggio, a volte non comprensibili. Ho avuto l’impressione che il direttore di gara si sia lasciato trasportare dall’inerzia della partita che, nel secondo tempo, è stata nettamente nel segno di San Donà. Ha cavalcato l’onda e, nel dubbio, ha valutato in loro favore. Niente di scandaloso, sia chiaro. Sono vecchio del mestiere, so che sono cose che accadono. Dico solo che, per un match che di fatto era uno spareggio, io un arbitro giovane non ‘avrei rischiato. Niente di più. E nessuna intenzione di alimentare polemiche.

·         Con il Petrarca di suo cugino Andrea Cavinato: partita chiusa prima di cominciare? Due fisso per i padovani?
-          Questo lascerebbe intendere la classifica. Ma per fortuna le partite si devono anche giocare in campo. Io dico che possiamo farcela a mettere in crisi l’organizzazione dei padovani creando loro problemi sul piano degli impatti fisici. Ci siamo riusciti per lunghi tratti nel match di andata. Nulla ci vieta di rifarlo. E anche il loro sistema difensivo… ho buttato già un paio di strutture che…

·         Il vecchio – per voi – problema dei calci piazzati, è stato risolto?
-          Solo in parte, purtroppo. Le medie di realizzazione sono migliorate, anche grazie a specifiche sedute di allenamento. Ma un conto è migliorare, un altro è essere efficaci e vincenti. A San Donà Ambrosini ha messo dentro il 100% dei piazzati, noi abbiamo fatto meglio che in altre occasioni. Ma non siamo certo al 100%!

·         Ma queste Fiamme cui lei ha cercato di cambiare pelle e Dna, stanno cambiando? A che punto è il processo di trasformazione?
-          A buon punto, se devo considerare alcuni indicatori del lavoro svolto. Il problema è che più profondo e radicale è cambiamento che si tenta di produrre, più lungo è il periodo in cui un tale processo arriva a completarsi. Cambiare tanto e sperare di riuscirci in due mesi non è esattamente quel che si dice una pianificazione credibile.

·         Qualcuno le ha messo fretta?
-          Il campionato non aspetta. Lo sapevo quando sono arrivato. Fa parte delle regole del gioco. Indurre un gruppo di giocatori a cambiare prospettiva di valutazione della loro performance, agendo su variabili come la mentalità non è cosa che si possa affrontare con scadenze immediate.

·         Parliamo di Sei Nazioni. Che rugby ha visto in queste prime quattro giornate?
-          Fox a parte, una furbata che mi auguro non diventi il mantra di squadre del settore giovanile o delle serie minori, ho visto quello che mi aspettavo di vedere: grande rugby. Giocato a un’intensità, indipendentemente dal risultato finale che, per noi ha le caratteristiche del miraggio o dell’approdo irraggiungibile.

·         Nel senso che…
-          Nel senso che noi a quei ritmi non siamo competitivi. Molto semplicemente.

·         Per quale motivo?
-          Azzardo un’ipotesi: perché nel periodo della prima e seconda formazione l’intensità non viene considerata parte fondamentale della fase di allenamento e, in generale, della preparazione. Se non a parole.

·         I nostri giovani si allenano a ritmi troppo bassi?
-          È l’intensità della seduta nel suo complesso a essere inadeguata. Troppe interruzioni, troppe precisazioni, troppi interventi verbali. Io dico sempre: lasciamoli sbagliare, lasciamo che commettano errori. Ma, per favore, che lo facciano a mille all’ora! Fare le cose in maniera formalmente ineccepibile non serve a niente. Non si vincono le partite camminando!

·         Ripartire dagli allenatori, quindi…
-          E da un reclutamento finalmente mirato. Basta andare nelle scuole a dispensare il verbo! Non è così che attireremo i migliori talenti. Con tutto il rispetto a quanti nelle scuole ci vanno, sia chiaro. Ma non serve! È dimostrato che non serve.

·         Cosa servirebbe, invece?
-          Andare sui campi di atletica leggera, con in borsa alcune borse di studio. A caccia di velocisti, lanciatori di disco, peso e martello. E poi nelle palestre dove si gioca a basket o a pallamano, dove i ragazzi di due metri ci sono e sono atleticamente formati. Perché l’Irlanda deve avere una seconda di 2 metri e 8, la Scozia i fratelli Gray e noi… Il nostro è un gioco che puoi imparare bene anche se non cominci a giocarlo a quattro anni e mezzo! Diamoci da fare.

·         O’Shea dice che i talenti ci sono…
-          Io giro l’Italia in lungo e in largo da anni, vado a vedere tutte le categorie. Che il movimento sia ricco di talenti mi pare una conclusione quantomeno affrettata. Il grande problema è la qualità degli insegnamenti. In under 16 si deve puntare a trasferire conoscenze capaci di generare comprensione del gioco, riconoscimento della fase tattica e adattamento. Tecnica, tattica e strategia. E non mi si venga a dire che a 15 anni è troppo presto! È il momento giusto, invece, se vogliamo che a 18 anni vadano in Pro 12.

·         O’Shea e i giovani…
-          Contrariamente a Brunel che da questo punto di vista era molto conservativo, lui le facce nuove le mette in campo. Bravo! Ha tutto il mio appoggio. Confido che gli consentano di continuare a farlo.

·         Pronostici: l’ Inghilterra a Dublino…
-          Perde. L’Irlanda ha fermato la striscia vincente della Nuova Zelanda, fermerà anche quella degli inglesi.

·         Italia a Murrayfield?
-          Vince. Le seconde scelte scozzesi non valgono i titolari. Hanno un’infermeria che, ormai, ha solo posti in piedi.

 

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Foto Elena Barbini