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Correva l’anno di grazia 2000 tondo tondo, grazie a Georges Coste e al combinato disposto della lungimiranza e della disponibilità economica di un paio di club, l’Italia del rugby si affacciava per la prima volta sul palcoscenico importante delle competizioni internazionali.Lo faceva con pieno diritto e ampio merito, dopo aver dimostrato, sul campo, di valere le consorelle più titolate del vecchio continente. Se non proprio tutte, una buona parte. Fu quell’aprile del 2000, l’ultimo senza l’euro, che in qualche misura ci illuse e non poco. Perché al Flaminio, anche senza il grande occitano in panchina, bagnammo il nostro debutto in società con un successo che alimentò ogni forma di ottimismo (Italia - Scozia 34-20), e costrinse un po’ tutti noi, che sul carro dei vincitori, a vario titolo, già eravamo seduti, a fare spazio per torme di amici dell’ultimo momento. Tutti, si disse, folgorati dai valori e dalla qualità della prestazione esibita. Durò poco, pochissimo, al timone del vascello azzurro si succedettero altri nocchieri. Alcuni di qualità indubbia, altri improvvisati. I nostri migliori talenti emigrarono e dettero ottima prova di sé in campionati probanti e usuranti assai, con ciò impoverendo, però, il parco giocatori domestico. La federazione corse ai ripari e avocò a sé il ruolo di formatore, attraverso un sistema di Accademie che in altre realtà aveva funzionato e benissimo. Poi arrivò il campionato celtico e con lui la tacita retrocessione dell’Eccellenza nazionale a campionato di prima formazione. Un po’ poco per convincere gli appassionati a prendere freddo sulle tribune e qualche illuminato imprenditore a metterci palanche vere. L’Italia al Sei Nazioni non è però un encefalogramma piatto. Tranne l’Inghilterra, almeno una volta, le altre 4 le abbiamo pur battute e sotto la presidenza Dondi qualcosa che non fosse il Cucchiaio maledetto lo abbiamo anche portato a casa.

Resta il fatto che alla vigilia della replica n.19 le probabilità di non chiudere con 5 sconfitte non sono molte. Anche se quello che va a cominciare venerdì sarà ricordato con il Sei Nazioni degli assenti, tanti e tali essendo i forfait di elementi di primo rango che, per infortuni, dovranno seguirlo in televisione. In questo l’Italia, purtroppo, si allinea alla situazione generale, dovendo fare a meno dei suoi due migliori attaccanti, gli unici, in verità, degni di questo appellativo (Sarto e Campagnaro) e affrontando il torneo con un blocco di 5 piloni che somma 30 caps in totale (20 sono di Lovotti). Piloni baby a parte, andiamo comunque in guerra con qualche giovane di belle speranze, formato in Italia da tecnici italiani. Giammarioli, Licata e Mbandà in terza linea, Ruzza in seconda, Minozzi dietro, Basterà a chiudere con qualcosa di diverso dalle 5 sconfitte di cui tutti ci accreditano? No, purtroppo, ma il ct O’Shea ha elaborato la teoria della prestazione, guarderemo quelle e cercheremo di trarne qualche risultanza positiva. Certo che debuttare con l’Inghilterra (tante assenze ma…) e chiudere contro la Scozia, non è nemmeno un calendario amico! Chi vincerà? Io dico Irlanda e Scozia in grande spolvero. Buon divertimento.

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Calendario del NatWest Sei Nazioni 2018

Foto Alfio Guarise