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Pagelle! A margine di una partita che ha detto con una chiarezza che rasenta la crudeltà che il nostro rugby, pur con tutta la buona volontà che oggi i ragazzi di O’Shea hanno profuso a piene mani (anche se quei 52 placcaggi mancati…) e con una certa quota di buona organizzazione dell’utilizzo, quando è chiamato a mettere in tavola i carichi di cui dispone, al cospetto di Nazionali forti nel vero senso della parola, non va oltre qualche figura, che di assi o di tre, neanche l’ombra. Ahimè.

Nella giornata che molti avevano dipinto come quella della punizione esemplare che Parisse e compagni avrebbero potuto infliggere a una Francia annunciata senza punti di riferimento, a digiuno di vittorie lontano da Parigi e con evidenti problemi di efficacia complessiva, sono piovuti dal cielo terso e primaverile di Roma quaranta punti – quaranta. Sulla groppa di un’Italia partita alla grande, ma ben presto riconsegnata ai limiti storici delle sue inadeguatezze di fondo. Perdere, e di così tanto, disponendo del 55% del possesso nel corso degli 80’, significa che la differenza fra la forma e la sostanza, almeno per noi, è ancora tanta. Che il solco non è stato colmato se non in minima parte e che dobbiamo farne, di strada!

I VOTI

Lovotti: il mio taccuino riporta alcune note a lui riferite. Nessuna delle quali, purtroppo, positiva o incoraggiante. In chiusa, in coppia con Cittadini, ha dato poco o niente alla causa. Troppo forte Baille per limitarne la prorompente attitudine a vincere il duello degli assetti. La prima linea azzurra del primo tempo e di buona parte del terzo quarto è apparsa davvero poca cosa. Che lui risulti, nonostante tutto, il migliore dei sinistri attualmente in circolazione è però un dato di fatto. È giovane, si farà. Speriamo. Oggi però è risultato parecchio lontano dalla sufficienza. Voto: 4

Cittadini: stesso pomeriggio del suo collega di reparto. Da cani! Non è giovane e non è ipotizzabile che, col tempo, possa acquisire l’efficacia che al momento non mostra di possedere. Forse sarebbe più sensato impiegarlo dal 50’ in poi. Voto: 4 

Van Schalkwyk: Vittorio Munari, in telecronaca, lo nomina erede universale di Geldenhuys e ne premia la dedizione e la disponibilità al lavoro. Duro e spesso oscuro. È lui i motore diesel di cui la nostra mischia non può fare a meno. Ruvido quanto occorre nello stretto, abile di gamba e anche di mano, delle partite giocate in terza conserva la capacità di capire e di prevedere il gioco. Fisicamente tiene 80’ senza calare alla distanza. Da applausi il suo duello in velocità con Picamoles su grubber maligno di McLean. Voto: 8

Parisse: puntuale in sostegno in occasione della meta di apertura, buon lavoro in rimessa laterale, un paio di palloni portati avanti sulla linea del fronte e non delegati ad altri, un sottomano non accademico ma tatticamente sensato che andrà di filato su Youtube. Questo per la colonna delle cose buone. Poi gioca di tomaia piena un calcio a cinque metri e la parabola che ne esce è imbarazzante, manca una presa su passaggio non ineccepibile al largo che ci costa un possesso e la relativa mischia ordinata contro, schierato sullo spazio si fa uccellare all’interno (20’)  dal portatore di palla francese che fila in meta. Ma comunque la si voglia vedere: serve a questa Nazionale come il pane a un affamato. Ed è per questo motivo che la sufficienza di oggi lievita di un decimo. Voto: 7

Favaro: l’impressione è che abbia già dato. Tanto, tantissimo. Che il guerriero sia stanco lo si capisce al minuto 25’, quando mette le mani addosso a Picamoles e se lo lascia scappare. Un Favaro a pieni giri gli avrebbe, semplicemente, fatto del male. Ha bisogno di staccare, di saltare un giro. Il suo è un rugby di assoluto sacrificio, costoso in termini di dispendio energetico e nervoso. Nei 51’ che trascorre sul campo non si risparmia, porta avanti anche un paio di buoni palloni che libera al suolo e nella zona di collisione è difficile che non ci sia. Ma la sua benzina, al momento, manca di qualche ottano. Urge un rifornimento. Voto: 6

Canna: finalmente una certezza! L’Italia la sua apertura ce l’ha. Si chiama Canna e vince il confronto a distanza con Allan per manifesta superiorità. Non è Ford, non è Sexton e non diventerà Wilkinson. Anche perché gioca in una squadra che non è la Nuova Zelanda e che, in questo e nel prossimo secolo, non vincerà la World Cup. Ma il piede ce l’ha (ottimi i suoi due terra-aria sparati in rapida successione sul finire del primo tempo; sa cosa significhi attaccare la linea a trovare intervallo all’esterno del primo difensore in piedi; la meta al 3’ la firma Parisse ma parole e musica sono roba sua. Come tutti i giocatori sulla strada per diventare meglio di quel che sono: ha bisogno di tempo e di minuti giocati. Tanti. Voto: 7

Campagnaro: esce al 65’ reggendosi un braccio. Ingaggia con Lamerat un duello quasi personale fatto di frontali rabbiosi e di contrapposizioni feroci. Nega al suo dirimpettaio la soddisfazione della meta con un recupero da antologia da dietro ma perde un paio di palloni (forse tre) a contatto. Si schiera spesso primo attaccante in piedi con il mandato di aprire varchi attraverso muri non dotati di porte. Sempre nel cuore dell’azione. Voto: 7

McLean: altri 80’ filati. Bravo. Il suo piede (mani + grubber al 23ì da applausi) ci serve, e anche se ha ridotto sensibilmente il livello dell’intensità generale della sua presenza in campo, è uno che sotto pressione non si smarrisce e non va in crisi. Aiuta con l’esempio quanti gli stanno attorno. Di più non può fare e non sarebbe giusto chiedergli di farlo. Voto: 6

Padovani: il placcaggio sul figiano n.14 lanciato sulla corsia rettilinea del lato sinistro dell’attacco francese al minuto 45’ vale da solo il prezzo del biglietto. Fa anche dell’altro e mediamente bene. In crescita, pur con i noti limiti legati alla punta di velocità che non ha molto elevata. Ma anche per lui vale il sintetico adagio: averne! Voto: 7

Bronzini: Il braccio di Dulin  gli nega una meta (58’) cercata e voluta da un mediano capace di leggere il variare delle situazioni e di adattarvisi attraverso scelte di gioco efficaci e vincenti. Annusa un corridoio nei pressi della zona d’impatto, raccoglie palla e si fionda nel nulla con l’unico obiettivo nel mirino: la linea bianca davanti a lui. Pare avercela fatta ma il 15 e l’8 dei Galletti lo abbrancano in fase di discesa a terra e… Poi non è impeccabile col piede (regala un Mark sbagliando a calibrare il calcio nel box) e pasticcia su una rimessa laterale vinta (male) dai suoi saltatori. Merita di scendere in campo a Murrayfield da titolare. Voto: 7

Esposito: nega a Picamoles l’offload per Trinh-Duc e la successiva meta (questione di centimetri ma il merito è tutto suo) che il Tmo non concede e, sulla sirena, capitalizza un soprannumero sulla destra dei pali francesi. Altro (di buono) non ha fatto. Ma quel poco… proprio pochissimo non è. Voto: 6 (di compensazione)

Conor O’Shea: a fine gara, al microfono del bravo Tommy Ragazzi, spiega al popolo televisivo che “se quando puoi/devi segnare, non segni…”. Jacques II de Chabannes de La Palice, per gli amici: Lapalisse (che è morto qua da noi, dalle parti di Pavia) non era irlandese, ma qualche discendente in giro per l’Europa deve averlo lasciato. I militari, una volta, lo facevano. Il nostro Ct dice cose sagge e la sua Italia interpreta al meglio delle proprie possibilità un piano di gioco che possiede i crismi del realismo e di un illuminato pragmatismo che profuma di sana concretezza e di buon senso. Purtroppo, per lui e per noi, gli interpreti non sono (ancora, volendo essere ottimisti e positivi) all’altezza del copione. Ma questa non è materia di cui sia giusto pretendere che l’irlandese si faccia carico. Voto: 7

Beatrice Benvenuti: al termine della sua spiegazione circa la natura della ruck, il buon Piervincenzi, in studio, chiede le venga tributato un applauso. E lo ottiene. Signori si nasce! Che la ruck si generi “quando due avversari vengono a contatto” senza alcun accenno alla palla che deve essere libera e a terra sotto di loro, alla signora, evidentemente, poco interessa. Si perde e si confonde nelle astrusità di quella che definisce “retroattività della ruck” (!) quando prova a illustrare i motivi di un calcio contro Gori.  Ha diretto alle Olimpiadi e, poco lontano da casa mia, ha trovato sulla sua strada un delinquente travestito da rugbista che le ha  fatto male assai. Si presenta bene e, accento a parte (inflessione chiaramente romanesca con incomprensibili e misteriose sfumature di Grande mela), abbellisce il salotto Social targato DMAX. Che sia lei e non un altro fischietto nazionale a curare “l’angolo del regolamento” è scelta della produzione e, in quanto tale, non discutibile per definizione. Ma prepararsi prima: no? Voto: 5

Antonio Raimondi: è dai tempi dei suoi primi “vanno-vanno-vanno!” che sono un suo dichiarato e convinto estimatore. Le sue prolusioni alle partite, per il ritmo con cui vengono messi in fila i concetti, la proprietà di linguaggio e l’incedere di un parlato professionale e gradevole, mi hanno indotto a collocarlo ai piani alti dell’elite dei cronisti ovali. Viene dall’ippica, sport aristocratico ed esclusivo per definizione. Mai sopra le righe, sempre sul pezzo. Ride a tutte le battute di Vittorio Munari. Ma non è il solo a farlo. Qualcuna di buona riesce anche a lui, che di primo lavoro, però, fa il giornalista. Oggi ci ha provato con un titolo di giornale che ha chiamato Edgy, anziché Eddie il ct dell’Inghilterra Jones. Ci ha riso su di gusto, certo che tutti quelli all’ascolto avrebbero colto la sferzante, anche se non troppo sottile, ironia. Tutti? Voto: 9 (edgy: tagliente)

Il titolista di Rugby Social club: quel gigantesco “Italia Indifesa” al ritorno in studio dopo il fischio finale. Boh… Voto: 4 (con immutata stima)

 

Le dichiarazioni post partita di Conor O'Shea, Sergio Parisse e Simone Favaro

Tabellino formazioni e statistiche di Italia - Francia

 

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Foto Alfio Guarise