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Di questo week end scozzese dell’anno bisesto 2016 resteranno i numeri. Freddi, immobili, inoppugnabili e, per noi, impietosi. L’oggi e il domani della nostra massima espressione rugbistica sono stati pesantemente battuti dai pari categoria del cardo. A testimonianza che, ora e in un futuro che pare sensato definire prossimo, fra noi e la Scozia ovale sussisteranno differenze di rango e di produttività tali da rendere episodici i nostri successi, e compresi nell’ordine naturale e scontato delle cose, i loro.

Gli storici del Sei Nazioni ci diranno quanto pesano, in ambito statistico-quantitativo, i 36 punti incassati all’Olimpico, lungo l’accidentato cammino dell’Italia nel torneo dei tornei. Non che il dato possieda la valenza della spiegazione di un fenomeno. Prenderne 36 in casa è un dato che allarma. Anche se gli ultimi 7 sono stati un grazioso regalo di una salita difensiva così sgangherata da apparire eccessivamente scadente anche per una squadra che grande rugby, fino a quel momento, non aveva esibito.

Ma la complessità del momento che la nostra Nazionale sta attraversando è notevole, inutile negarlo. E come tale, chi di dovere lo considererà.

Allo stesso modo preoccupa la sconfitta della nostra under 20 al Plebiscito di venerdì. Non per le dimensioni dello score e nemmeno per le modalità tecnico-tattiche che hanno decretato il ko dei ragazzi di Troncon e Moretti. Ad avere la meglio non è stata la superiore capacità scozzese di imporre ritmi e cadenze alla sfida. E neanche uno specifico e conclamato dominio degli ospiti in un particolare settore o fase di gioco. Anzi! Lo strapotere azzurro in chiusa è stato a tratti assoluto e in rimessa laterale le cose non sono andate particolarmente male. Ma abbiamo perso, e anche nettamente.

Sbaglierebbe chi volesse addossare la responsabilità di questa e delle altre sconfitte ai responsabili tecnici della squadra. L’impressione è che Troncon e Moretti abbiano tratto il massimo dal gruppo loro affidato. Che non è, spiace dirlo perché si tratta del domani della nostra rappresentativa nazionale, di qualità elevata. Nè come media del gruppo né per il profilo di qualche singolo. Il deficit che con maggiore evidenza è saltato all’occhio nella notte padovana (3.800 spetattori paganti!) è infatti riferibile al talento. Che ai nostri ragazzi fa drammaticamente difetto.

Il motivo? Semplice, elementare. In paesi come la Scozia si avvicinano al rugby i migliori dal punto di vista delle competenze fisico – atletiche. Da noi: no. E si vede. Di giovani come Miller (il n.8 della Scozia capace di due progressioni di 40 metri palla in mano, partendo da una mischia in retrocessione) in Italia ne abbiamo di sicuro, non fosse altro per il fatto che siamo (come popolazione) dieci volte loro. Il guaio è che quelli delle nostre parti a rugby non ci giocano.

In questo panorama che, se non è desolato poco ci manca, brilla il risultato bolognese dell’Italdonne, capace di mettere sotto la Scozia di genere con il punteggio di 22-7.

Qualcuno si domanderà: ma com’è che con gli uomini e i giovani becchiamo di brutto mentre le donne...? Arrischio una spiegazione, divisa in due punti:

1 – Il ct Di Giandomenico è un tipo in gamba. Molto in gamba. Competente e, soprattutto, capace di cucire addosso alla propria squadra il vestito più adatto a ogni occasione. L’anno passato mi è capitato di assistere a Italia – Galles al Plebiscito di Padova. Le nostre avevano un gioco efficace ed equilibrato, le gallesi no.

2 – Il rugby femminile è disciplina in costante ascesa per numero di praticanti e visibilità. Ma i numeri assoluti restano decisamente residuali. Anche in quelle realtà a noi superiori per penetrazione sociale e radicamento sul territorio. Ergo: l’Inghilterra uomini che ci rifila 40 punti è il frutto di una selezione su una base di un milione di praticanti. La nostra Italiauomini , che i 40 punti li subisce, distilla la propria rapprsentativa da 100 mila elementi. Scarsi. Nel femminile le differenze sono meno siderali che fra gli uomini. Anche per questo motivo le nostre ragazze, a livello internazionale, si fanno rispettare più degli uomini. E complimento per la conquistata partecipazione ai Mondiali del 2017.

 

Foto Elena Barbini

Risultati e classifiche del Sei Nazioni 2016