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Prima di tutto I numeri. Dopo 6 giornate del nuovo Pro 14 le Zebre occupano la quarta piazza della loro conference con 11 punti, frutto di due vittorie e di 3 punti di bonus. Benetton Treviso, pari merito con Edimburgo, si trova nella medesima posizione di classifica con 14 punti (2 di bonus) derivanti da tre vittorie. La differenza fra i punti segnati e quelli subiti dalle Zebre è 26, mentre Treviso è addirittura a 13. Ora, considerando che al termine della passata stagione di Pro 12 (a girone unico), le Zebre si trovavano all’ultimo posto con 19 punti (3 vinte, 19 perse) e Treviso al decimo (pari merito con Newport penultimo) con 23, ottenuti grazie a 5 vittorie sulle 22 partite disputate, dire che il Pro 14 delle due franchigie italiane è iniziato alla grande, equivale a riferire un’ovvietà. E andando a rileggere quanto fu scritto all’indomani di Benetton – Zebre in pre campionato (7-0 per gli ospiti il punteggio finale), viene il dubbio che (a scelta), gli autori delle note fossero tutto tranne che sobri al momento di elaborare i loro commenti o, ipotesi più plausibile (la birra servita a Monigo non induce a esagerare quanto a dosi…), che, una volta tanto, avessero ragione i tecnici che, al termine di quella poco commendevole esibizione parlarono apertamente di “carichi di lavoro massicci da smaltire”.

Certo è che la Benetton capace di vincere a Edimburgo nonostante quote di possesso ridottissime e di avere la meglio sugli Ospreys solo una settimana dopo, esibendo una consistenza generale da applausi, fa parte di “quegli spettacoli” cui, noi innamorati di questo gioco dalla notte dei tempi, avevamo quasi smarrito la speranza di poter assistere. E che dire delle Zebre, che in una partita punto a punto, sono capaci di chiudere un’incollatura davanti all’Ulster, dimostrando impianto collettivo e meccanismi di adattamento che pensavamo potessero abitare solo sotto altri cieli e ad altre latitudini? Niente! È la risposta che per prima mi si presenta, dovendo provare a trarre un minimo di insegnamento da quanto sta accadendo. Dopo annate magre, ma talmente magre che peggio difficilmente sarebbe stato possibile, tocca quindi al rugby italiano cominciare a togliersi (solo ed esclusivamente con le proprie forze) qualche etto di soddisfazione? Cominciamo col dire di sì, che forse porta bene. E togliamoci per un momento l’abito dell’italiano medio, quello che indossiamo ogni volta che ci avviciniamo a qualcosa che assomigli a un vertice. Sia esso sportivo, culturale, civile o economico. Sul politico non mi pronuncio. Quello che di norma ci fa dire: “non siamo noi che giochiamo bene, sono gli altri che hanno mandato in campo i ragazzini, che risparmiano quello buoni per il Sei Nazioni o i play off, che sono stanchi per il tour dei B&I Lions, che carbureranno più avanti, che con la nuova formula a due gironi vincere in ottobre non serve a un tubo, che…

Lo dico una volta per tutte, perché è da quella volta che battemmo la Francia a Treviso e i giornalisti assalirono il povero Bertrand Fourcade chiedendogli un commento su “una Francia davvero poco di qualità”, che covo la certezza che in noi, intesi come ammasso di gente che abita la penisola, non esattamente un popolo, cova il germe dell’autolesionismo. Che, di volta in volta, fiorisce e si declina anche come negazione dell’evidente. Abbiamo due squadre che nella competizione che le ha sempre viste veleggiare vicino al fondo stanno raccogliendo soddisfazioni e attestazioni di stima. Io dico: accontentiamoci di quanto arriva, che non è poco. E guardiamo al futuro con qualche grammo di quell’ottimismo che ci è sempre mancato. E che di volta in volta abbiamo travestito da stupido e infondato velleitarismo (entro cinque anni vinceremo il Sei Nazioni), pronti a crocifiggere tutto e tutti quando il gioco veniva scoperto.

Concludendo: non mi sento di affermare, che grazie allo stato di forma di Zebre e Benetton siamo in grado, oggi, di guardare ai tre test di novembre puntando all’en plein. Né che il nostro Sei Nazioni 2018 uguaglierà quello dei record (gestione Berbizier). So però che oggi, come non mi accadeva da tempo, quando penso al rugby italiano e al concetto di parente povero, devo convenire che si tratta di due figure diverse e distinte. È già qualcosa, direi!

Classifica Guinness Pro14:

Conference A

1 Glasgow Warriors 28

2 Munster 20

3 Cheetahs 16

Zebre 11

5 Cardiff Blues 10

6 Connacht 8

7 Ospreys 6

 

Conference B

1 Scarlets 25

2 Ulster 23

3 Leinster 23

4 Edinburgh 14

Benetton 14

6 Dragons 10

7 Kings 0

 

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Foto Stefano Delfrate / Alfio Guarise