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Nell’attesa di conoscere (12 gennaio) i nomi dei giocatori con i quali il ct Conor O’Shea affronterà il Sei Nazioni 2017, vale la pena abbozzare qualcosa che assomigli a una previsione, equilibrata, e per quanto possibile, ponderata delle reali potenzialità della nostra Nazionale.

Per il tecnico irlandese, l’uomo che in sette giorni ha assaporato il profumo della vittoria storica (Sud Africa) e dell’ennesima sconfitta cocente (Tonga), si tratterà di un’importante “prima volta”. Sarà un Torneo nel corso del quale, come ha recentemente affermato, “la cosa più importante non saranno i risultati” e, come ha anticipato al collega Calgagno del Corsera, “scenderà in campo un’Italia capace di lottare per 80’ e in grado di fare alla perfezione due, tre cose”. Parole di un uomo concreto e saggio. Che non si nasconde dietro ai proclami, che usa parole antiche come pazienza e che si impegna a far emergere tutto quanto di buono e di eccellente il nostro movimento possiede. Di fatto e in potenza. Per un'impresa che si annuncia tutt'altro che semplice e scontata dispone, Conor O’Shea, di un gruppo di collaboratori che mai (mai!) nella storia del rugby di casa nostra è stato di così alto e indiscusso profilo. Le mani di Brendan Venter (il medico sudafricano che fece grandi i Saracens) nell’impianto generale, oltre che nei meccanismi di salita e distribuzione degli uomini in fase difensiva, si sono viste a Firenze contro il Sud Africa e, non c’è dubbio, si continueranno a vedere nei prossimi appuntamenti internazionali, magari ulteriormente affinate. Potrà bastare, quanto sopra esposto, a regalarci un Sei Nazioni (il primo della storia con il punteggio australe) con il sorriso? Con un calendario (2 fuori) che si apre con un doppio impegno all’Olimpico (Galles – Irlanda) sulla carta proibitivo e che si completerà a Murrayfield, dopo aver incrociato la (nuova?) Francia di Guy Noves in casa e la (super) Inghilterra  di mister Eddie Jones a Twickenham, parrebbe ragionevole puntare tutto su un successo in Scozia, nella speranza di non arrivarci a ranghi ridottissimi causa usura e infortuni. Nulla di nuovo sotto il sole, per essere chiari. Uno “zero su 5” evitato a pochi metri dal traguardo, come da consolidata (ahimè)  tradizione. Con un (unico?) punto di domanda relativo al match di apertura, essendo apparsi i Dragoni di novembre, i meno convincenti del lotto continentale. 

Curiosità: ma come si assegnerà il Cucchiaio di legno nel rugby dei bonus? Spetterà alla formazione ultima classificata o a quella che ultima si classificherà avendo subito cinque sconfitte? La questione si presta a considerazioni solo apparentemente capziose. In effetti: la squadra X potrebbe perdere tutte le cinque partite e totalizzare, a fine Torneo, la bellezza di 10 punti, tutti di bonus. Due di più rispetto a Y, che di gare ne avesse vinte 2 che finirebbe con 8. Una proposta per Cucchiaio e Sbiancata: cancelliamoli. Dalla testa e dalle classifiche. E prepariamoci a vivere un Torneo all’insegna del riaffermato rango dell’emisfero Nord, in compagnia di formazioni che ci sono superiori per censo, quarti di nobiltà e radici. Ma che nella bizzarra (a volte) roulette della vita, ci potrebbe anche toccare in sorte di battere.

Diverso il discorso per il viaggio sotto l’equatore in programma a giungo, quando l’Italia se la vedrà con Fiji, Scozia e Australia. Il tour arriverà a un anno esatto dalla presa di servizio di Conor O’Shea, e alle spalle avremo i riscontri (risultati, ma non solo) del Sei Nazioni. Sommando a tutto ciò il peso di stagioni agonistiche non certo banali per carico di lavoro e usura, sembra logico puntare tutto (ma va!?) sulla vittoria contro la Scozia. Anche se, è bene ricordarlo, le Fiji le abbiamo battute solo da noi (Rwc ’87 a parte) in inverno e l’Australia, per quell’epoca, potrebbe non aver ancora risolto (tutti) i problemi in cui si dibatte. 

Tour estivo in Australia. Riassumendo: voto 4 con tre sconfitte, voto 6 con una vittoria, 9 con 2 successi, laurea in credibilità internazionale summa cum laude con un 3 su 3 che logica e buon senso (giustamente) non autorizzano a immaginare. Da sobri.

 

Foto Alessandra Lazzarotto