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Marco hai avuto la fortuna di conoscere la cultura rugbystica francese e quella inglese (Narbonne e Gloucester). Quali sono le peculiarità culturali che caratterizzano queste nazioni a livello rugbystico?

"La cultura francese ci assomiglia molto, è un rugby basato sulle intuizioni e le motivazioni. Mentre il rugby anglosassone è molto più strutturato, hanno una cultura più basata sulla sostanza, il modo in cui giocano a rugby rispecchia il loro modo di essere."

E a livello di gioco espresso nei due campionati?

"Credo che il rugby francese ci sia più vicino, è un rugby interpretato in maniera diversa da quello inglese perché è visto come un gioco di situazione,  l’organizzazione è ridotta al minimo indispensabile e tutto il resto viene lasciato alla sensibilità e all’interpretazione del giocatore.
Gli inglesi grazie alla loro cultura organizzata e ligia a sistemare ogni dettaglio  giocano un rugby molto meticoloso e molto preciso, in cui ogni giocatore ha un suo ruolo ben definito; c’è comunque un’area di interpretazione, ma questa è all’interno di un sistema di gioco molto ben organizzato, queste sono le 2 differenze fondamentali."

Nel 2006 sei stato ingaggiato dal Gloucester, l'allenatore Dean Ryan ti ha scelto come capitano dalla prima stagione, secondo te perché questa importante scelta?

"Credo innanzitutto che abbia visto in me la capacità di gestire un gruppo (ero già capitano dell’Italia da un paio d’anni), quindi probabilmente mi ha scelto anche credendo e sperando che potessi contribuire dal punto di vista motivazionale. Fin da subito probabilmente, si è reso conto che queste mie caratteristiche erano adatte al suo progetto. Però devo dire che è stata una sorpresa anche per me! Ovviamente è una cosa straordinaria e tanto singolare, per cui non posso dire che non mi abbia lasciato sorpreso. Certo, è stata una proposta che ovviamente non potevo rifiutare e ho deciso di calarmi nel ruolo nella maniera più efficace possibile; non è stato facile perché io parlavo inglese, però esprimere determinati concetti anche motivazionali oltre che tecnici in una lingua che non è la tua non è mai così semplice e scontato. Devo dire che la squadra mi ha aiutato in questo, infatti sono stati degli anni fantastici."

Come hanno reagito i tuoi compagni di squadra nel vedere un Italiano con i gradi da capitano in una delle squadre simbolo del rugby inglese?

"All’inizio anche loro sono stati un po’ sorpresi dal coraggio che l’allenatore ha avuto, è stata una scelta radicale; la cultura inglese è estremamente meritocratica per cui una volta che ho dimostrato sul campo quello che valevo come giocatore e capitano, il riconoscimento c’è  stato a 360°. La cosa più bella è stata il riconoscimento da parte dei miei compagni, ma anche il rispetto che avevano i tifosi di me: ogni volta che li incontravo per strada o allo stadio si congratulavano e anzi, mi ringraziavano per il contributo che stavo dando.
Sono stati due anni molto positivi,  abbiamo finito per due volte la stagione regolare al primo posto. Quindi sono state stagioni estremamente positive e di successo. Per cui giocare un ruolo fondamentale in un campionato così difficile e sicuramente di altissimo livello, è stato per me il momento più gratificante e stimolante della mia carriera."

Nel 2011 è arrivata la convocazione nei Barbarians, che significato ha indossare questa maglia?

"Ho avuto la prima occasione di essere chiamato dai Barbarians nel 2005 ma per impegni con la Nazionale non ho potuto rispondere alla convocazione… e un po’ mi era rimasto questo desiderio, ma poi è arrivata nel 2011 la seconda possibilità, diciamo che è stata un po’ il coronamento di un percorso che ho fatto come giocatore.
Far parte di una squadra ad inviti così tanto famosa e riconosciuta a livello internazionale è un qualcosa che ti porti dietro per sempre. Ho avuto la possibilità di giocare con giocatori  reduci dalla finale della Coppa del Mondo e conoscere allenatori quali Graham Henry e Steve Hansen, quindi personaggi importanti della storia del rugby. E’ stato diciamo a 30 anni il coronamento di un bel periodo della mia carriera e di tutto quello che avevo fatto fino a quel giorno."

E adesso parliamo un pò del Sei Nazioni dell'Italia.
Partenza col botto e due partite non convincenti, cosa dobbiamo fare per provare a risollevarci a Twickenham?

"Sono state 3 partire sicuramente diverse:
nella prima partita sicuramente tutto ci è girato nei migliori dei modi. Siamo riusciti a mettere in difficoltà la Francia e a sfruttare i loro errori;
nella seconda invece nonostante ci fosse, a mio modo di vedere, una grande determinazione, la Scozia è riuscita piano piano a venire a capo di una partita che, comunque, è stata più in equilibrio di quello che poi il punteggio effettivamente ha dimostrato. Sicuramente l’episodio dell’intercetto della meta che dovevamo segnare noi (il passaggio intercettato tra Orquera e Benvenuti),  di fatto ha portato poi 7 punti alla Scozia ed è stato lo spartiacque tra il riaprire la partita e il vedersela sfuggire di mano. Però devo dire che non ho visto questa differenza sostanziale, sicuramente la Scozia è riuscita a giocare di più;
nella terza partita giocata contro il Galles invece (vuoi per le condizioni climatiche) non siamo riusciti a pungere la loro difesa, questo ci ha messo in grossa difficoltà e ci ha tarpato le ali. Per cui questa, forse, è stata fra tutte, considerando anche le difficoltà in mischia chiusa, la partita in cui ho visto l’Italia soffrire di più in tutte le aree del gioco.
Adesso, purtroppo, arriva la partita di Twickenham, contro un’Inghilterra che sta giocando un grande rugby, sicuramente la partita più difficile delle 5 e credo ci vorrà una grande Italia per mettere in difficoltà questa Inghilterra.
Io, conoscendo gli inglesi, so che soprattutto a Twickenham non ci sottovaluteranno, vorranno marcare il territorio e dimostrare di essere una squadra in crescita decisa e soprattutto vorranno metterci alla prova dal primo all’ultimo minuto. Quindi ci vorrà una grande prestazione dell’Italia sia dal punto di vista caratteriale ma anche soprattutto dal punto di vista tecnico, sarà una bella prova perchè  poi arriverà  l’Irlanda. Irlanda che gioca un rugby diverso ma per certi aspetti simile a quello inglese, per cui potrebbe essere un po’ l’antipasto per metterci alla prova in vista della partita finale."

Infine qualcosa sul rugby italiano e sulla squadra dove sei cresciuto, il Petrarca.
L'ultimo biglietto per i playoff è conteso tra Petrarca, Rovigo e Mogliano, come andrà a finire?

"Da petrarchino spero che il Petrarca riesca ad accedere/vincere i play-off, ma sarà dura perché sia Rovigo che Mogliano esprimono un buon rugby. Credo quindi che sia una lotta fino all’ultima giornata. Non nascondo che  vorrei rivedere la mia squadra ai vertici, soprattutto in questo periodo in cui c’è stato un riassestamento dei club in Italia, penso che la grande tradizione e i grandi  valori che riesce ad esprimere un club come il Petrarca meriti di essere ai vertici."

Abbiamo assistito a un boom di affluenza in occasione del derby Rovigo-Padova, al contrario le partite delle Zebre in Rabodirect non hanno lo stesso successo, cosa si può fare per migliorare la situazione?

"Le Zebre sono partire con un handicap non indifferente sotto molti punti di vista, per un tifoso riconoscersi in qualcosa che è nato da poco non è mai così scontato e semplice. La squadra sta tentando in tutti i modi di vincere oltre agli incontri esterni soprattutto quelli casalinghi, per dare modo ai tifosi di venire allo stadio a gioire di qualcosa di positivo. Non è semplice ma posso assicurare che tutti i giocatori  sono determinati in questo. Le ultime 5 partite verranno vissute da parte nostra come 5 finali proprio per raggiungere  il risultato della vittoria, la vittoria che tanto ci manca.
Da quando sono rientrato in campo e ho potuto viverlo in maniera diretta ho notato una continua crescita. Per cui credo che la squadra sia pronta per una vittoria contro degli avversati difficili come quelli di Rabodirect. Sono convinto che con una prestazione completa si possa arrivare al risultato che ci manca.
Ritornando ai tifosi, ci sono state nelle ultime partite delle coincidenze negative. Abbiamo giocato partite in coincidenza con le partite del Parma Calcio e con delle partire con delle squadre della  Parma rugbystica. Spero nelle prossime occasioni si riveda il pubblico che si è visto ad inizio stagione, speriamo che il sole ci aiuti a riportare un po’ di gente allo stadio. La squadra giocherà per cercare la vittoria, questo darà un motivo importante ai tifosi per venire a vedere un buon rugby."

Quando le Zebre faranno un regalo ai propri tifosi con la prima vittoria?

"Io spero il prima possibile. Sia contro Dragons in casa che contro Connacht fuori casa, siamo arrivati veramente ad un soffio dalla  vittoria. Adesso ci aspettano avversari più difficili. Gli Scarlets che affronteremo nella prossima partita sono una squadra che ha giocatori di altissimo livello, ma noi ci proveremo e sono convinto che avremo le nostre possibilità.
Spero di vincere il prima possibile, è quello che tutti i giocatori e lo staff si meritano perché stiamo lavorando veramente duro. La vittoria è un riconoscimento che ci meritiamo."

Sappiamo che fai parte di G.I.R.A. , quali sono gli obbiettivi di questa associazione?

"G.I.R.A. è un’associazione che è nata da qualche mese, è gestita interamente da giocatori di rugby, sia da giocatori giovani che da giocatori più esperti quali me e Mauro Bergamasco.
G.I.R.A. è nata per il desiderio di contribuire al rinnovamento e a una maturazione del rugby in Italia. Giocatori come me, che hanno avuto l’opportunità di vivere campionati diversi (francese e inglese),  si sono resi conto di quante cose ancora si possono migliorare e di quante tutele soprattutto possono essere date agli attori principali di questo sport che sono i giocatori. Ci stiamo lavorando, anche se non sotto la luce dei riflettori ma stiamo dialogando sia con gli organi Federali che con i club per cercare di arginare i problemi che si presentano giorno dopo giorno. Il tutto  per gettare le basi di un futuro più solido di quello di adesso e magari per un futuro più rigoroso.
I miglioramenti e le rivoluzioni non succedono mai in un batter di ciglia, per cui credo ci voglia determinazione ma anche da un certo punto di vista pazienza. Però sono sicuro che già nei prossimi mesi si vedranno dei passi in avanti per il bene di tutti. G.I.R.A. è un’associazione giovane e nel suo spirito c’è la voglia di far cambiare il modo in cui si pensa il rugby in Italia. Credo che in qualcosa stiamo già riuscendo. Ma sicuramente nei mesi a venire tutti avranno l’opportunità di capire i nostri progetti e come stiamo lavorando."