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L’esperienza vissuta in Kenya è ancora negli occhi e nel cuore della comitiva azzurra della Federleague che ha partecipato alla spedizione. Non fa eccezione il capitano della Nazionale di rugby a XIII, Giacomo Franzoni, ancora sensibilmente emozionato per questi giorni trascorsi in Africa che gli hanno lasciato grandi ricordi sportivi, ma soprattutto umani. Ed è proprio da quest’ultimo aspetto che l’azzurro parte: «E’ stata una bellissima esperienza, di quelle che ti rimangono dentro – spiega Franzoni -. Siamo stati a contatto con una popolazione meravigliosa, che è capace di ridere ed essere serena nonostante le mille difficoltà che la vita quotidiana propone. Aspetti che ti fanno riflettere: noi qui abbiamo tutto e spesso siamo arrabbiati». Calore della popolazione locale a parte, tra le esperienze della comitiva azzurra c’è senz’altro da ricordare il passaggio negli orfanotrofi di Watamu. «Giocare con bambini così sfortunati, vederli sorridere e regalare loro qualche momento di gioia è stato fantastico» sottolinea Franzoni che tra l’altro ha vissuto personalmente una splendida esperienza anche dal punto di vista sportivo. «Sono stato scelto per la prima volta come capitano della Nazionale di rugby a XIII – dice il 23enne atleta di origine umbra -. Per me è stato un grande orgoglio e una forte emozione anche perché abbiamo giocato in un campo circondato da migliaia di persone festanti ed è stata stupenda l’invasione pacifica che la gente ha fatto a fine partita per venire ad abbracciarci». L’unica piccolissima macchia è arrivata con la sconfitta subita dagli africani per 34-24. «Loro hanno approfittato della migliore adattabilità ad un clima molto caldo. La loro prestazione fisica – spiega Franzoni – ha avuto la meglio sulla nostra migliore capacità tecnica. Tra l’altro il nostro gruppo ha svolto pochi allenamenti assieme, ma col tempo sono certo che cresceremo». Il capitano azzurro, che gioca col Perugia nel rugby a XV, consiglia l’esperienza del XIII a tutti. «E’ una disciplina che può migliorare il bagaglio tecnico del rugbysta a XV – dice Franzoni -. In particolare nel XIII ci sono più placcaggi, il gioco è più dinamico e questi aspetti non possono che completare le qualità di un atleta». 

 

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