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Sono stati mesi duri per i tifosi dell’Inghilterra e le cose, secondo la stampa d’Oltremanica, non miglioreranno molto a breve, ecco perché:

1. Mancanza di consistenza

Dai tempi di Sir Clive Woodward l’Inghilterra non ha avuto un singolo coach che sia durato per più del ciclo di una coppa del mondo. Questo ha portato a una mancanza di consistenza che è culminata con l’eliminazione nelle Pool alla RWC 2015 con una coppia di centri che non aveva mai giocato assieme prima.

Potrebbe essere corretto cambiare allenatore dopo un fallimento in coppa ma la storia insegna anche che dopo una brutta coppa gli allenatori in genere a quella successiva fanno molto bene, ce lo insegnano Clive Woodward nel 1999 e Graham Henry nel 2007.

2. Potere dei Club

La situazione attuale del rugby inglese è molto particolare, i club hanno un potere economico e “decisionale” in forte aumento in Inghilterra, sono abituati a prendere decisioni che soddisfino le proprie esigenze in primis, piuttosto che quelle delle varie nazionali. Se dovessimo fare un confronto con le nazionali più di successo a livello internazionale negli ultimi anni scopriremmo che la via corretta sarebbe all’inverso.

Sfortunatamente il trend non si sta invertendo, anzi i club stanno diventando sempre più influenti e forti. La situazione attuale sembra ricalcare quella del calcio inglese degli ultimi 20 anni da quando è stata formata la Premier League, i risultati della nazionale degli ultimi 20 anni sono evidenti..

3. Controllo dei giocatori

Strettamente legato al potere dei club, quelli che hanno molto spesso l’ultima parola riguardo i giocatori. Sfortunatamente il potere è sempre più dalla parte dei club che possono dettare i programmi d’allenamento dei giocatori e utilizzare la disponibilità per le finestre internazionali come merce di scambio importante per estorcere alla RFU importanti accordi che favoriscono i bisogni dei club.

In Nuova Zelanda, Australia, Irlanda e anche in Galles i club seguono i dettami delle nazionali che così possono avere il controllo sui loro giocatori internazionali chiave e possono dettare i programmi d’allenamento, programmi di conditioning e addirittura il tipo di gioco. Questo permette loro di costruire un lavoro di “team” che li guidi a un obiettivo comune, mentre in Inghilterra i giocatori si allenano per i loro club e poi devo adattarsi quando vanno in nazionale.

4. Focus sul risultato economico

La RFU può anche essere attualmente la union più ricca ma il successo finanziario non si sta trasferendo in risultati sul campo. Nonostante la forza finanziaria l’Inghilterra non è riuscita a mettere in campo una squadra che vincesse una qualsiasi competizione negli ultimi 5 anni, e non sembra che il trend possa cambiare presto visto come stanno andando le cose.

Anziché focalizzarsi sullo sviluppo dei giovani e fornire ai giocatori e agli allenatori gli strumenti per giungere al successo, la RFU al contrario sta ponendo parecchia enfasi alle partnership commerciali o al prezzo (esagerato) dei biglietti. Ovviamente la ricchezza finanziaria della union va a beneficio di tutti ma questo non deve andare a detrimento del successo del team.

5. Pianificazione d’emergenza

Diversamente da molte altre nazioni top nel mondo, l’Inghilterra non è ancora riuscita a creare strategie d’emergenza che potessero funzionare quando le cose non funzionavano come da pianificazione. Diversamente dalla Nuova Zelanda che ha cresciuto Steve Hansen sotto Graham Henry per un certo numero di anni o del Galles che sta crescendo Rob Howley sotto la impagabile esperienza di Warren Gatland, l’Inghilterra non ha nulla.

Hanno ora l’opportunità di sviluppare questo tipo di strategia sotto Eddie Jones e dovrebbero aggrapparvisi con entrambe le mani. Allo stesso modo la RFU, secondo questo tipo di approccio al lavoro, dovrebbe avere la forza e la pazienza di pianificare e non gettare nella mischia il futuro allenatore troppo presto e soprattutto non pianificare le cose nel 2019, continuando ad insistere con lo stesso team di allenatori sino al 2020 e oltre.

 

Foto Elena Barbini

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