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Abbiamo presenziato a una tappa dell’ Auckland Rugby Academy Tour 2016 in Italia, siamo stati ospiti del Monferrato Rugby ad Asti a vedere come lavora e a chiacchierare di rugby con Anthony Strachan, l’All Blacks 922, 17 partite e 11 caps con i tutti neri compresa la finale della Rugby World Cup 1995.

Ant è il direttore dell’alto livello dell’accademia che nasce circa 10 anni fa dal progetto della New Zealand Rugby Union per implementare la formazione dei giovani ed ha la sua sede nello storico Eden Park.  

Liaison Officer della serata Corrado Mattoccia che sta portando il Museo del Rugby in tour con l’Academy con ben 11 maglie degli All Blacks tra le quali quella dell’indimenticato Jonah Lomu.

 

Ant cos’hai provato al fischio finale del match all’Ellis Park nel 1995 (la finale della Rwc persa 15-12 con il Sud Africa per un drop di Joel Stransky nell’extra-time)?

“Tutti noi speravamo e volevamo vincere il torneo, eravamo fiduciosi di poterlo fare perché avevamo preparato e fatto tutto al meglio…e ad essere sincero eravamo tutti distrutti al fischio finale, sai com’è quando giochi una finale ovviamente vuoi vincerla. E’ stata una finale punto a punto, ma abbiamo concluso il torneo senza il Trofeo e alla fine eravamo veramente distrutti”.

Puoi dirmi quali sono le tue impressioni dopo i primi 10 giorni passati qui in Italia con l’Auckland Academy?

“Prima di arrivare non sapevo assolutamente cosa aspettarmi, ovviamente ho visto giocare l’Italia in tv ma non abbiamo molta copertura sul rugby italiano ad Auckland e non sapevo realmente cosa aspettarmi. Sono rimasto positivamente impressionato dai club nei quali siamo stati sino ad ora, sono ben organizzati e pieni di ottime persone a partire dagli allenatori sino ai dirigenti. I giocatori sono stati allo stesso tempo attenti e entusiasti dell’esperienza, la cosa che ci ha fatto più piacere che i ragazzi hanno mostrato voglia di imparare e sono stati “open minded”.

La cosa è stata molto positiva, se poi analizziamo più nel dettaglio le basi del gioco, c’è molto da lavorare sui fondamentali, partendo dai gruppi di età più giovani  a salire, così come facciamo a casa. Ma, in generale, sono stato sorpreso positivamente del supporto datoci dai club italiani”.

A tuo parere qual è la fase più importante nella formazione di un giocatore di rugby?

“Gli anni più importanti sono quelli della formazione, in termini di età direi dai 6 ai 14 anni, sono proprio questi gli anni più importanti per l’apprendimento, nei quali si imparano i fondamentali del gioco. Poi sino ai 16, ai 18 o addirittura ai 20 si fa un opera di “fine tuning”, cioè un’ottimizzazione di quanto precedentemente appreso e fatto proprio come bagaglio”

“Cioè continui ad utilizzare e sviluppare quello che hai appreso negli anni precedenti. Parlo di fine tuning perché le basi generiche del rugby che insegnamo sono sempre le stesse a 6, a 30 e a 35 anni. Ovviamente aggiungiamo qualche strato ulteriore man mano”.

Quali sono le differenze o, meglio, quali sono i punti di forza del programma di formazione messo in atto dalla New Zealand Rugby Union?

 “Penso che abbiamo ottenuto 3 grossi vantaggi e posso enunciarteli:

1.Il Rugby è il gioco numero 1 in Nuova Zelanda, una marea di bambini giocano a rugby sin dalla più tenera età. Ma giocano anche una marea di sport, sia “strutturati” che non “strutturati”…basket, netball. Insomma i Kiwi praticano un sacco di sport e i movimenti funzionali, gli skills di base nel trattare la palla sono molto buoni, trasferendo tutto ciò al rugby si ottiene un enorme vantaggio.

2.I programmi di sviluppo sugli skills sono molto dettagliati per tutti i coach, anche alle età inferiori, quindi quando impariamo qualcosa lo impariamo nella maniera corretta. Cioè costruiamo delle ottime abitudini sportive .

3.In Nuova Zelanda il rugby anche alle età più basse è molto competitivo, è ovviamente la competizione aiuta moltissimo a crescere. Noi, molti di noi adorano la competizione e vincere, questo aiuta tantissimo la crescita individuale”.

In Nuova Zelanda dite che ogni All Blacks è il custode della maglia che porta. C’è una maglia tra quelle che porta Corrado con il Museo del Rugby che ti piace in particolare? Qual è il loro significato per te?

“Onestamente, avendo avuto il privilegio di giocare per la Nuova Zelanda ogni maglia degli All Blacks ha un significato enorme, ma per me è praticamente quasi lo stesso: quando veniamo selezionati per giocare per il nostro paese ci viene data la responsabilità di essere delle ottime persone, di allenarsi duramente e di essere dei  modelli di comportamento, di aiutare la comunità…sono tutte cose  che “vengono” con la maglia.

Quando vesti la maglia, la cosa più importante è la responsabilità che si assume nel far rispettare l’eredità di coloro che l’hanno vestita prima di te.

La maglia di Jonah Lomu ha un significato particolare perché è appena venuto a mancare e lui è stato uno degli All Blacks più famosi di sempre”.

Pensi che sia importante salvaguardare la tradizione del rugby?

“Il rugby per me è un posto davvero speciale nel mondo, perché il rugby significa famiglia, significa comunità, significa amicizia, non importa dove si vada nel mondo o dove ci si trovi.

Ogni rugby club ha gli stessi valori, sia che si trovi in una comunità povera o in una ricca, gli stessi valori fondanti si trovano in tutti i club. Puoi, posso andare in ogni parte del mondo ed essere accolto in qualsiasi rugby club nella forma “corretta”.

Puoi esser stato un giocatore più forte, aver corso più a lungo ma i valori fondanti del  rugby sono sempre li. Per tutti noi che abbiamo giocato a rugby e/o ne siamo stati contagiati è chiamata l’anima del rugby.

Per me è sempre la stessa e sempre presente ovunque io vada”

 

Grazie mille!!!!!