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La notizia non è ancora ufficiale, lo sarà fra pochi giorni (appuntamento al CF di fine luglio), e riguarda la composizione del campionato di Eccellenza, destinato a passare dalle attuali 10 partecipanti a 12. Il tutto avverrà a partire dalla stagione 2018-2019, dopo la conclusione del campionato 2017-2018 che sarà disputato senza retrocessioni. A infoltire la truppa delle Eccellenti saranno due formazioni provenienti dalla serie A. Formalmente l’annata passerà da 18 a 22 giornate di stagione regolare, cui andranno a sommarsi (sempre che la formula della post season rimanga invariata) le due gare di semifinale e la finalissima scudetto. Quattro week end di rugby domestico in più, quattro buchi in meno nel calendario.

Che l’Eccellenza avesse bisogno di una cadenza più regolare e di una presenza più significativa nel calendario erano in molti a sostenerlo. Un campionato spezzatino, era la tesi, non crea affezione da parte del pubblico, non alimenta interesse, scompare, o quasi, dal sistema mediatico. Diventa una sorta di stanco e scontato rituale che si rivitalizza verso maggio con la disputa dei (mini) play off tricolori. Le maxi soste per eventi anche non direttamente legati al campionato (Sei Nazioni in testa) allontanano la gente dalle sorti del torneo, si dice da tempo. In termini strettamente formali l’obiezione regge. E la decisione del Consiglio Federale va, almeno così sembra, nella direzione voluta e richiesta dai club. Anche se, a dirla tutta, che i club dell’Eccellenza chiedano di poter disputare un campionato più lungo non è esattamente una verità. Almeno a scorrere le rassegne stampa degli ultimi anni.

Di voglia di un massimo campionato con più squadre e con più giornate di gara ho trovato traccia nelle dichiarazioni di Alberto Bronzini, ds del Viadana. Ma a favore di un campionato a 8 squadre si è espresso, fra gli altri, il tecnico del Calvisano Massimo Brunello. E risulta (non confermata) la dichiarazione del presidente di un club, secondo il quale “un campionato con meno giornate di gara porterebbe a un salutare contenimento delle spese”. Come dire: via il dente, via il dolore. Facciamolo, ma che duri poco e che costi pochissimo.

I campionati (di qualità e di alto profilo tecnico) senza retrocessioni sono estranei alla cultura sportiva europea. Non a quella Celtica, visto come funziona il Pro 12. L’Nba, tanto per partire dall’alto, è un campionato a franchigie, per partecipare al quale occorre, in via preliminare, soddisfare una lunga teoria di condizioni di carattere economico e finanziario che vanno dal numero garantito di abbonamenti venduti fino ai diritti televisivi, passando per l’impiantistica di proprietà. Come corollario c’è poi la modalità tutta americana di formazione delle squadre. Peggio sei andato nel campionato appena concluso, prima scegli i giocatori da prendere per il prossimo. Si chiama draft, e nel complesso funziona, con tanto di salary cap e di controlli (veri) sulla gestione delle squadre.

Ora, dal momento che il futuro della nostra Eccellenza non potrà soddisfare particolari esigenze finanziarie, viste le poche (pochissime) palanche che il rugby domestico attira e intercetta nel nostro paese, resta da capire quale potrà essere la ricaduta complessiva dell’annata senza retrocessioni sullo spessore tecnico della competizione. Gli ottimisti (ci sono anche fra noi, nonostante tutto) sostengono che sarà l’occasione per mettere in campo e alla prova i nostri migliori giovani. Quelli, tanto per capirsi, che non finiranno direttamente in Pro 12, come (sensatamente) vorrebbe Alessandro Troncon, fresco di ottavo posto al Mondiale under 20 con l’Italia, entrato nello staff tecnico delle Zebre federali. E quando le squadre saranno 12 e le retrocessioni 2, vedremo di quanto cambierà il quadro generale e di come i club di prima divisione affronteranno la questione risorse. Fra caccia a sponsor sempre meno munifici, a stampa sempre meno interessata (la Gazza assente alla finale scudetto di Calvisano vorrà pur dire qualcosa, o no?), pubblico stabilmente sotto le 500 unità paganti a partita e rapporto con l’alto livello sempre più impalpabile e sfumato. Il tutto, si badi bene, nella speranza che non si verifichi il tanto temuto taglio dei fondi federali appannaggio dei club. Perché senza il sostegno delle casse federali l’Eccellenza è un campionato che farebbe (molta) fatica a stare in piedi. Ammettiamolo.

Sempre gli ottimisti sostengono che, in 12 a competere, la corsa ai 4 posti play off sarà più avvincente e allargata. Gli altri (non saprei dire se rappresentino la maggioranza) sono invece dell’idea che andremo verso un campionato a due blocchi. Uno composto dalle 4 squadre che, fin da agosto, saranno certe di andare in semifinale, e le altre 8 che si giocheranno fra loro 6 salvezze. Sarà vero? E, soprattutto, basterà a mantenere il rango di “massima divisione nazionale”?. Ai posteri…

 

Foto Pino Fama