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Filippo Frati, nocetano DOC, mediano di mischia con 4 caps in nazionale di cui uno contro gli All Blacks, Noceto sembra essere una buona terra per i mediani di mischia: prima Filippo Frati, poi Tito Tebaldi e ora Marcello Violi promettente mediano della nazionale Under 20.
Pippo da giocatore ha iniziato ovviamente nel Rugby Noceto, ha proseguito la carriera vestendo le maglie di Rugby Parma, GRAN Parma, Rugby Colorno per concludere e tornare a giocare gli ultimi anni al suo club di appartenenza, il Noceto appunto. Finita la carriera da giocatore Pippo ha intrapreso subito quella da allenatore, prima sulla panchina del suo stadio, il Nando Capra con il Rugby Noceto, poi con i Crociati, due anni ai Cavalieri Prato e per la prossima stagione sarà l'allenatore assieme all'amico Andrea De Rossi del Rugby Rovigo.
Gli abbiamo fatto un intervista (divisa in 2 puntate) in cui ci parla di passato, presente e futuro.

 

Negli ultimi anni i problemi economici in eccellenza quanto hanno condizionato l’andamento della stagione?  Abbiamo visto prima i Crociati e poi voi Cavalieri, come avete gestito la situazione?

"Quando spendi più soldi di quelli che hai è un problema di mala gestione.

La situazione per i Crociati si protrae praticamente da quando sono nati. 
L’arrivo di Giovanelli, che sta lavorando per dare credibilità ad un progetto utopistico, ha cercato di dare una scossa alla situazione,  ma alla fine senza soldi non vai da nessuna parte, se ci sono arretrati che risalgono al 2010/11, come puoi parlare del 2014??

Per quanto riguarda i Cavalieri purtroppo dai fasti degli anni passati anche loro, anzi lui, Fabrizio Tonfoni, probabilmente ha fatto il passo più lungo della gamba. Questo è successo soprattutto quest’anno. Faccio una premessa: la passata stagione avendo già affrontato dei problemi economici a fine stagione, lo staff in riunione con il presidente Tonfoni ha cercato di affrontate il problema, noi allenatori eravamo pronti, conoscendo le problematiche economiche, a giocarci la stagione successiva con una squadra per “salvarsi” riducendo  tutti i costi e quindi mandando via tutti i giocatori più costosi e riducendoci lo stipendio.

Il presidente ha però ribadito di volere costruire una squadra competitiva, e, che non ci sarebbero stati problemi economici.

Quest’anno arrivati a dicembre  ci mancavo 3 mensilità delle 5 che fino a quel momento ci spettavano. Per cui abbiamo fatto una riunione con il presidente che millantava ritardi nei pagamenti degli sponsor. Il problema fondamentale è che tutto era gestito da una sola persona, cioè dal presidente Tonfoni stesso. Per cui dovevamo stare alle sue parole senza la possibilità di un confronto e di una riprova, quindi dopo le ennesime scuse per giustificare i mancati pagamenti (problemi tecnici, la banca chiusa, la federazione che rateizza e gli sponsor in ritardo) io e Andrea abbiamo preso la squadra  e l’abbiamo messa davanti a quella che era la peggiore delle ipotesi: che da lì alla fine del campionato non avremmo potuto più prendere neanche 1 euro.

Quindi ci siamo affidati all’Air e tramite il consiglio del Presidente Di Salvatore abbiamo deciso di ricorrere  al lodo arbitrale. Abbiamo detto ai ragazzi che chi voleva andare era libero di farlo ma chi decideva di restate doveva farlo con il sorriso sulle labbra per lavorare duramente, sapendo che l’obbiettivo era quello di vincere il campionato. Lamentarsi non avrebbe cambiato le cose.

Dopo questa situazione si è creato un gruppo straordinario e poi la stagione è finita come sappiamo."

 

Dopo l’arrivo della Celtic League è cambiato molto il massimo campionato italiano, come giudichi la situazione e cosa prevedi per i prossimi anni?

"E’ innegabile che la situazione è cambiata molto, prima della Celtic League alcune squadre erano composte da 12 stranieri sui 15 titolari. Direi che l'impatto Celtic si è fatto sentire soprattutto nelle coppe europee: mentre prima le squadre italiane le giocavano con tantissimi giocatori stranieri, oggi vengono giocate schierandone solo 4  e senza i migliori giocatori italiani.

Oggi tanti giovani italiani hanno la possibilità di giocare nel massimo campionato e alcuni di competere anche in coppa. Ci vuole pazienza e bisogna dare la possibilità a questi giovani di crescere senza fretta.

Rifaccio l’esempio di Ragusi che ha fatto una buona stagione in Eccellenza giocando i minuti che si è meritato di giocare, ma non vuol dire questo che adesso debba giocare in RaboDirectLui prima deve confermarsi a questi livelli e deve dimostrare ancora tanto. Non ci vuole fretta.

Ritengo comunque l’ingesso in Celtic sia una cosa positiva perché i risultati della nazionale sono figli dell’abitudine che ora abbiamo nel giocare ad alto livello. Ci vuole tempo per esprimere giudizi, ma direi che la strada intrapresa è quella giusta."

 

La prossima stagione sarai alla guida dei bersaglieri di Rovigo, bersaglieri che vediamo molto attivi sul mercato, che Rovigo sarà quello di Frati e De Rossi?

"Si sta delineando la squadra, di comune accordo con la dirigenza avevamo tre obiettivi per questo mercato, uno era quello di confermare tutti i giovani del vivaio di Rovigo e questo obiettivo è stato raggiunto con l’eccezione di Bacchetti che ha fatto principalmente una scelta di vita sposando il progetto delle Fiamme Oro, mentre gli altri giovani: i Lubian, Ferro, De Marchi, Maran e Quaglio sono tutti ragazzi confermatissimi e attorno ai quali stiamo costruendo la squadra.

Il secondo obiettivo era quello di costruire una squadra competitiva per tornare a lottare per lo scudetto. Penso che ci si stia muovendo molto bene, credo che sia del tutto normale puntare sui dei giocatori che conosci, di cui ti fidi e con i quali sai che potrai sviluppare un certo tipo di gioco.

Il terzo era quello di risparmiare e anche qui direi che siamo assolutamente in linea con l’obiettivo.
Abbiamo preso giocatori giovani, validi e interessanti, e che soprattutto costano meno di quelli che non abbiamo riconfermato.

Questo è stato il nostro inizio a Rovigo. 
Personalmente parlare di Rovigo è come parlare di un sogno che si avvera, Rovigo è una piazza difficile ma affascinante e avere sempre tantissima gente allo stadio che ti sostiene è uno stimolo enorme sia per noi allenatori che, soprattutto, per i giocatori. Non c’è da stupirsi se certi giocatoti scelgono Rovigo piuttosto che altre società. Rovigo significa rugby in Italia, per passione e per competenza.
Sappiamo che ci saranno momenti difficili, fa parte della sfida, ed è anche  per questi momenti, per affrontarli e per superarli, che di mestiere ho scelto di fare l’allenatore. Mi reputo una persona prima di tutto onesta, a cui piacciono le sfide, affrontarle e vincerle, una persona ambiziosa che non si accontenta mai, una persona  a cui piace mettersi in gioco, che ama il confronto, per questo penso che per uno come me sia il massimo andare ad allenare a Rovigo."

 

 

Leggi l'intervista (parte 1)

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