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L’inizio di gennaio ha confermato un fatto semplice: in Italia si gioca poco e male, con una ricerca spasmodica del risultato, non sorretta e non sostenuta da qualità tecniche sufficienti e preparazione atletica adeguata a trasformare una partita combattuta in una buona partita.

Calvisano-Rovigo, nel giorno della Befana, è stata un esempio eclatante di questi difetti. 

Rovigo era reduce dal licenziamento del coach, Calvisano schierava per la prima volta in assoluto una mediana rumena (Surugiu e Vlaicu). Le due squadre sono state protagoniste negli ultimi due campionati e hanno dato vita nei passati ventiquattro mesi a una rivalità accesa, dentro e fuori dal campo. 

La partita è stata combattuta, ma molto scadente sul piano tecnico. Rovigo non ha avuto alcun possesso e di conseguenza nessuna possibilità di giocarla, ammesso che nei piani dei rossoblù ci fosse l’ambizione a qualche forma di attacco. 

Calvisano ha dominato la touche e, per un parte del match, anche le mischie, ma non ha avuto al capacità di concretizzare tanta superiorità. I campioni d’Italia, all’atto pratico, avrebbero meritato di vincere di almeno venti/venticinque punti. L’imprecisione di Vlaicu ha impedito al punteggio di prendere il largo, la frenesia degli attacchi gialloneri ha fatto il resto. Surugiu non giocava da tre mesi e si è visto

Tre giorni prima, a Treviso, il derby di ritorno non era stato molto meglio. I veneti hanno messo in mostra un repertorio di errori e una pochezza tecnica il cui risultato è stato l’esonero di Umberto Casellato. Le Zebre si sono limitate a vincere un match che per la prima volta ha permesso alla franchigia parmigiana di battere i rivali per due volte consecutive. 

Il Treviso schierava una mediana interamente straniera (Smylie e Hayward) le Zebre (Violi infortunato) avevano Burgess a numero 9. 

In Calvisano – Rovigo tre dei quattro mediani erano di formazione estera (Surugiu, Vlaicu e Rodriguez), tutti e tre vicini, o oltre, i trent’anni. 

Cosa si può fare, in prospettiva azzurra, per ovviare a questi problemi evidenti sotto gli occhi di tutti?

Intanto servirebbe una rivoluzione ideale, filosofica, di obiettivi, per trasformare i derby in una festa di rugby e il campionato in una palestra di gioco. Forse potrebbe provarci il futuro allenatore della nazionale, chiamando a raccolta tutti i tecnici, confrontandosi regolarmente con loro, facendoli sentire parte di un unico progetto e incoraggiandoli a giocare e lanciare i giovani prima ancora che a vincere per ritagliarsi un posto al sole. Ma finché l’unico metro per misurare il successo di un progetto o di una gestione sportiva sono i risultati sul campo è difficile spingere qualcuno a privilegiare il metodo prima che la sostanza

Dal punto di vista fisico invece si potrebbero introdurre protocolli “centrali” da monitorare regolarmente con i preparatori della Nazionale. I giocatori delle franchigie che vengono convocati in Azzurro e non si presentano nelle condizioni previste fanno scattare una multa nei confronti del club che potrà rivalersi sull’atleta in modo da incoraggiarlo a non avere scadimenti di forma. 

In campionato l’allenatore della Nazionale dovrebbe lavorare di comune accordo con i tecnici di club, visionando periodicamente i giocatori e invogliandoli a rispettare certi parametri, in mancanza dei quali non sarà possibile passare alle franchigie. 

Insomma si dovrebbe studiare un sistema di coinvolgimenti e incentivi capace di tenere insieme tutto il movimento, per far sì che tutti spingano nella stessa direzione e non si limitino a coltivare un piccolo orto, con piccoli traguardi, per modeste soddisfazioni. 

 

Foto Elena Barbini

 

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